Tra i banchi della Sicilia «vincente»
Data: Martedì, 21 febbraio 2012 ore 12:30:45 CET
Argomento: Rassegna stampa


studenti ITIS Archimede Trovare l'eccellenza nelle scuole siciliane. Prima ancora di cercarla - ve lo confessiamo - ci siamo posti anche un legittimo dubbio: a cosa serve? All'epoca in cui fa più notizia parlare di bamboccioni o meglio ancora di sfigati, nei giorni in cui s'insegue la farfallina nascosta fra le nudità di Belen, nel frangente in cui gli indicatori economici ci inchiodano in recessione con tassi di disoccupazione giovanile impressionanti. Ebbene sì, a maggior ragione in queste condizioni è importante sapere (e scoprire) che in Sicilia ci sono realtà positive. Due scuole - il liceo "Eschilo" di Gela e l'Itis "Archimede" di Catania - riconosciute dal ministero dell'Istruzione e inserite nel "Programma nazionale di promozione delle eccellenze". In tutto 61 istituti di istruzione secondaria superiore (statai e paritari) che rappresentano la "meglio gioventù" sui banchi italiani. Per meriti acquisiti sul campo, con i voti agli esami di Stato e con l'organizzazione di manifestazioni particolarmente imporanti a livello nazionale.

I motivi della scelta
Ed è ancor più incoraggiante scoprire che le ragioni della scelta sono quanto di più opposto si possa immaginare: i baby-scienziati dell'"Archimede" di Catania per i risultati raggiunti nel campo della robotica: per le applicazioni sperimentali, ma soprattutto per l'organizzazione di gare nazionali come la "Robocup Junior"; i liceali di Gela invece sono sotto i riflettori per la promozione dell'"agòn" eschileo, una competizione nazionale di traduzioni dell'autore greco.
Eppure stavolta abbiamo l'impressione che si sia premiata la "parte" (ovvero i singoli progetti-pilota a livello nazionale) per dare un riconoscimento al "tutto" (e cioè l'intera attività didattica e formativa degli istituti stessi). E questo sospetto ha trovato una conferma nella "visita parallela" che abbiamo riservato a entrambe le scuole eccellenti.

«Giocare» per crescere
Nel salotto liberty di Catania pulsa un cuore hi-tech. Un formicaio di processori dall'anima umana, che l'anno scorso è stata la capitale nazionale della Robocup, competizione scolastica per la costruzione di umanoidi che danzano, giocano a calcio e si esibiscono con il massimo della sensibilità. Ma qui non è soltanto una questione di medaglie e di vittorie, è più un modo per costruirsi un futuro mentre si gioca a costruire robot. Con una tale bravura che adesso l'istituto tecnico "Archimede" è addirituttura riuscito a fare breccia nei freddi giudizi della Germania. Dopo il Mondiale di robotica dell'anno scorso a Istambul, la scuola è stata infatti selezionata per l'"Xplore New Automation Awards", un premio messo in palio dal governo Merkel (lo stesso che ridicolizza quasi ogni cosa che arrivi dall'Italia, Monti escluso...). Il progetto degli studenti catanesi è un robot capace di "parlare" con l'uomo, con tanto di sincronismo del movimento delle braccia e diversificazione dell'espressione facciale. In palio ci sono 10mila euro, che farebbero comodo a una scuola che punta sull'innovazione. E anche andando oltre la "bacheca" dei successi, si scopre una realtà che fa onore alla scuola siciliana. Incontriamo due dei docenti-allenatori di questa squadra delle meraviglie, Domenico Ardito (Elettronica) e Pietro Arcidiacono (Sistemi). Entrambi ci sembrano lontani anni luce dallo stereotipo del prof-grigio dipendente statale che esiste soltanto per il "27" di ogni mese. «Cerchiamo di farli crescere questi ragazzi - dice Ardito - ci sforziamo di comunicare con i codici per loro più facili: ci scambiamo i file sui social network, mettiamo i nostri video su youtube. Naturalmente rispettando la diversità dei ruoli». Aggiunge Arcidiacono: «Qui dentro c'è voglia di trasmettere qualcosa, ma anche voglia di imparare. Lo scambio è continuo». E i risultati si scorgono negli occhi pieni di speranza dei ragazzi. Federico De Domenico, Andrea Ziino e Davide Passarello si muovono fra i robot umanoidi come se stessero giocando alla Playstation. «Ma siamo consapevoli che da questa passione può anche dipendere il nostro futuro. La scuola ci invoglia e ci dà gli strumenti, poi tocca a noi saperli utilizzare al meglio dall'Università fino al mondo del lavoro». E che siano in buone mani lo conferma anche il gran lavoro del dirigente scolastico, Romana Romano, che concepisce la scuola come «un'istituzione aperta alla società e all'economia», mettendo sul piatto una serie di iniziative di formazione (stage al Cnr di Roma, corsi con il Laboratorio nazionale del Sud), ma anche un'attenzione particolare a ciò che succede all'ombra dell'Etna Valley.

La classicità del futuro
E c'è invece chi - dall'altra parte della Sicilia - riuscito a resuscitare una lingua (in apparenza) morta, trasformandola in qualcosa di dinamico. Non pensate infatti che i liceali dell'"Eschilo" di Gela siano tutti con gli occhiali spessi e le gobbe chine sul "Rocci". Hanno fatto loro il "brand" territoriale del tragediografo e l'hanno messo a frutto. Grazie agli "agòn", gare nazionali di traduzioni che portano centinaia di studenti da tutta Italia in questa città bella e dannata.
Già, perché la prima sfida di questi giovani è ribaltare l'etichetta negativa che si porta dietro Gela: ospitano i loro coetanei in famiglia, fanno "marketing turistico", regalano una bella immagine della Sicilia. «Adesso - annuncia il preside Corrado Ferro - il prossimo obiettivo è una sorta di Fondazione fra noi e le scuole legate a Sofocle ed Euripide». Ma non è una storia che si racconta sulle pagine delle tragedie greche. Questa realtà è un laboratorio traboccante di idee, di energie positive. Alcune - come il teatro ad altissimo livello - legate a quel filone. Ma c'è anche il tg su internet, il giornalino online, il cinema, gli incontri con poeti e scrittori. E poi ancora la danza sportiva, le esperienze in Usa, Inghilterra e Turchia. Una serie di sollecitazioni che non creano "mostri" ma ragazzi in gamba, pieni d'interesse. Come Maria Chiara Pellitteri (nella foto sopra). Che ha la media dell'otto, e nel frattempo vive il suo tempo al massimo: «Sono impegnata nei laboratori di cinematografia e di giornalismo, ma la mia autentica passione è il teatro. Spero di continuare, magari di fare l'Accademia per trasformare questo sogno nella mia vita futura». E abbiamo il vago sospetto che ci riuscirà. Forte di un'eccellenza che si respira nei corridoi, si annusa nei laboratori, si evidenzia nei progetti. Ma che in fondo è dentro oguno di loro.

Mario Barresi
La Sicilia





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