Considerazioni amarcordiane sul sessantaduesimo festival di Sanremo
Data: Marted́, 21 febbraio 2012 ore 10:00:00 CET
Argomento: Redazione


Nuccio Palumbo Ricordo: si cantava : Vecchio scarpone,  quanto tempo è passato! quanti ricordi, quante illusioni fai rivivere, tu! Eh , sì!  quanto tempo  volato via, cara  bianca colomba  nillapizziana!  E quanto diverso  il  festival e  le serate, e le canzoni  di Sanremo, allora  che portavo  i calzoni corti, e a scuola  si andava  tutti con il grembiulino nero e il fiocco rosso, e non c’erano  ancora, come ora,  le televisioni destinate ad essere, per fare audience,  infarcite  di fregnacce e di  male parole e di trovate  stravaganti !
Spettacolo  e  canzoni si lasciavano  immaginare e sentire, l’orecchio teso,  ascoltando avidamente  la piccola e preziosa radio. Sobrie  ed  educate le presentazioni del conduttore. Pochi  e scelti gli artisti, composti  ma  appassionati nelle interpretazioni. Le canzoni, semplici e struggenti, proponevano  in  rima “ trite parole”    come fiore /amore; ma era la rima - come  poi  appresi   dal poeta -  più antica, e la più  difficile del mondo. La melodia  arrivava direttamente al cuore di ognuno  semplicemente,  riscaldandone i palpiti  e i sogni. Altri tempi, cari  amici miei vicini e lontani; tempi  rimasti solo nella memoria  di chi  oggi, tra di noi, può vantare, ahimè!, un’età decisamente  sinodale.
Ora, -  io dico -  : è giusto che le cose cambino. Lo so che siamo nel post-post moderno,  che i linguaggi si evolvono,  che non si possono scrivere e cantare canzonette sempre allo stesso modo; lo so che bisogna cercare  vie nuove, sperimentare  ibridare miscidare cose diverse, che bisogna  poter  essere liberi di pensare e di scrivere sul pentagramma, ognuno ciò che gli pare e piace, e far passare come nuovo, il vecchio rimario, e  viceversa, copiando  incollando plagiando ecc. ecc. Non rimpiango certo Carla Boni e Gino Latilla, né Claudio Villa, per dire. Aspettavo, alla prima serata inaugurale del sessantaduesimo festival di Sanremo, semplicemente  lo spettacole delle nuove  canzoni.
Che ci azzeccano, allora, le prediche sconclusionate  e qualunquiste di Celentano? Era proprio opportuno e necessario  fare rovesciare sul glorioso palcoscenico canoro di Sanremo, tra  sfavillio di  luci psichedeliche e applausi scroscianti, dentro uno scenario di infuocati lampi e assordanti tuoni,  quell’orgia predicatoria di parole in libertà,  come solo “un cretino di genio” può concepire  e un “ re degli ignoranti”  sa blaterare?
Necessaria e opportuna questa predica del verbo della salvezza divina nel bel mezzo di uno show canoro, allegro e scosciante di belle donne e vallette? 
Capisco che la distinzione dei generi non si fa più, ma trasfigurare provocatoriamente  un glorioso e prestigioso palcoscenico canoro appunto, in pulpito dal quale poter  lanciare anatemi alla sanfason contro la Chiesa, la Giustizia, la libertà di stampa e di opinione, contro il Governo , la Politica ecc. ecc. e  , per giunta, con la compiacenza di falsi  contraddittori in una messa- in -scena  da avanspettacolo, mi è parsa ( e mi  pare ) proprio una scelta etico-estetica- culturale di cattivissimo gusto! Le prediche e i consigli per conquistarsi l’aldilà, spiace dirlo,  caro Adriano, non appartengono  al genere  dello spettacolo  di canzonette!

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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