Da noi formazione troppo finalizzata all'impresa e non alla scienza
Data: Giovedì, 16 febbraio 2012 ore 08:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


formazione «Noi stiamo perdendo degli scienziati. Il nostro sistema scolastico si sta riformando nell'ottica di preparare i ragazzi ad entrare nell'impresa. La scuola viene finalizzata all'impresa e alla produzione».
È un grido di allarme, quello lanciato da Giorgio Israel, matematico, a lungo collaboratore del ministero della Pubblica istruzione, dove ha presieduto una Commissione per riscrivere le indicazioni nazionali per l'intero ciclo scolastico. Tanto per intenderci, i programmi nazionali. E mentre negli Usa il presidente Barack Obama fa sapere di avere pronti 80 milioni di dollari per formare e assumere 100mila nuovi insegnanti di matematica, in Italia la commissione presieduta da Israel è riuscita solamente a riscrivere i programmi del ciclo secondario. Nulla da fare per il ciclo primario. «C'erano evidentemente delle resistenze», chiosa Israel.

Eppure, è proprio lì che Obama andrà ad investire. Seguendo le indicazioni di Priya Natarajan, indiano trapiantato in America, docente di Astrofisica all'università di Yale, con la vocazione di «rifondare» la pedagogia scolastica negli Stati Uniti. «Volete che vostro figlio sia uno scienziato? Cominciate a prepararlo dalle elementari», scrive sul Washington Post. E poi: «La prossima rivoluzione scientifica partirà dai licei».

Giorgio Israel non potrebbe essere più d'accordo. E non è nemmeno sorpreso dal fatto che a lanciare l'idea sia stato uno scienziato indiano. «Ormai gli indiani - afferma - sono molto più avanti di noi da questo punto di vista. E infatti gran parte dei matematici di punta sono indiani, che studiano la matematica sin da piccoli con programmi intensivi come si faceva in Occidente 30 anni fa. Noi non lo facciamo più. Non dico che non si faccia matematica in Italia nelle scuole primarie, si fa a un livello molto basso». E il motivo è in una pedagogia «influenzata dal pedagogista belga Piaget, che sosteneva che i bambini non sono in grado di accostarsi alla matematica e ai suoi concetti astratti prima dei 7-8 anni. È completamente falso, eppure queste teorie (confutate) hanno influenzato molto. In Italia addirittura è stata introdotta l'idea che prima della terza elementare non si può andare oltre il numero 20. Anche quello è falso: un bambino di 3-4 anni può imparare a contare qualsiasi numero». Perché - afferma Israel - è «giusto non studiare la matematica in modo astratto, si deve fare in modo giocoso. Ma servirebbe revisione completa delle indicazioni nazionali».

E qui la comparazione con l'India è impietosa. «In Italia - afferma Israel - la conoscenza delle tavole pitagoriche (le tabelline) è richiesta non prima della terza elementare. In India, invece, è uno dei requisiti di ingresso alle scuole elementari. Abbiamo tre anni di ritardo». Obama mette in campo 80 milioni di fondi statali, più 22 milioni di euro di fondi privati. Come si potrebbe fare in Italia, dove la parola d'ordine è tagliare, perché non ci sono i soldi… «Non è neanche vero - afferma Israel - che non ci sono i soldi. Piuttosto, si tagliano i fondi, e poi si spendono i soldi in altro modo. Per esempio, con l'acquisto delle lavagne multimediali, che in realtà aumentano solo il nozionismo. Ora si parla dei tablet in ogni scuola, ma non si parla dell'istruzione. Probabilmente ci vorrebbe una scala di priorità. L'istruzione è una assoluta priorità per un Paese che voglia rimanere avanzato».

E ritorna l'esempio dell'India, perché ci sono «moltissimi casi di ragazzi che arrivano alle medie senza conoscere le tabelline (e a quel punto non le apprenderanno mai più). Tutto si gioca nelle primarie e nella scuola materna. Attraverso il gioco si possono fare tantissime cose: sono state fatte esperienze molto efficaci di introduzioni di idee matematiche alle scuole dell'infanzia. Noi stiamo perdendo gli scienziati, noi siamo nell'ottica di preparare dei ragazzi per entrare nell'impresa, la scuola deve essere finalizzata all'impresa e alla produzione. La scienza è anche un fatto concettuale, culturale, non dobbiamo formare soltanto dei tecnici. La nostra classe imprenditoriale però non lo capisce».

Andrea Gagliarducci
La Sicilia





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