“Io al terzo anno di dottorato rinuncio agli studi”
Data: Martedě, 07 febbraio 2012 ore 11:41:43 CET
Argomento: Opinioni


dottorato «Credo di essere tra le poche in Italia a firmare la rinuncia agli studi al terzo anno di un dottorato di ricerca. Ma non è questa la vita che sognavo per me. Non è questa, soprattutto, la ricerca che serve al Paese. E allora credo sia meglio voltare pagina e ripartire».
Nepotismo certo, anche alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari. Ma non è questo il punto:
«Ho vinto il dottorato senza assegno di studio. Ed è inconcepibile fare ricerca come si deve in poco tempo e senza avere un soldo in tasca». Il professore che mi segue è stato chiaro: «Fatti mantenere dai tuoi genitori. Ma io non ci sto».
Roberta Liggi vive a Cagliari, ha 28 anni e non si sente “sfigata”. E laureata in Ingegneria edile e architettonica da cinque e ha pellegrinato per l’Italia tra progetti di consulenza e master nella Milano culla del design.
“Dopo la laurea mi iscrivo in un master in architettura rurale – racconta Roberta -. Lavoravamo a progetti per il recupero della terra cruda”.
A seguire Roberta è stata chiamata dal Formez (in Basilicata), l’ente di formazione della pubblica amministrazione, per una breve consulenza (sei mesi) finalizzata al censimento dei centri storici, attraverso lo studio dei tipi abitativi: “Ho fatto un vero e proprio Basilicata Coast to Coast – dice con ironia – ed è stata un’esperienza entusiasmante. Peccato sia finita presto”.

Tra borse di studio garantite dalla regione Sardegna e piccoli rimborsi-spese nello studio di architettura dove ha lavorato per anni come abusiva a 300 euro al mese («se arrivavano i controlli dovevi scappare dalla finestra») crede nell’ottimismo della volontà: «Mi sento come una cellula staminale dell’umanità. Riesco in ogni cosa, troverò la mia strada».
Nel frattempo le è balenata la folle idea di iscriversi a Farmacia.
«Sono ancora in tempo – dice – e darò una mano a mia madre che dopo anni è riuscita a mettersi in proprio, indebitandosi con gli avvocati per vedersi rispettati i propri diritti. Ma non chiamatemi figlia di papà, sappiamo solo noi cosa significa diventare titolari di farmacia quando non sei baciato dalla fortuna di esserlo già».
Nel frattempo fa palestra nella farmacia di famiglia gestendo la contabilità, il rapporto con i fornitori, il sito e il controllo del farmaco.

Attività che non le impedisce di farsi portavoce dei giovani ingegneri alle prese con stipendi ridotti al lumicino e di essere a capo della Commissione Giovani dell’Ordine degli Ingegneri di Cagliari: “Mi batto per me e per tutti quelli come me. E per [Esplora il significato del termine: «Credo di essere tra le poche in Italia a firmare la rinuncia agli studi al terzo anno di un dottorato di ricerca. Ma non è questa la vita che sognavo per me. Non è questa, soprattutto, la ricerca che serve al Paese. E allora credo sia meglio voltare pagina e ripartire». Nepotismo certo, anche alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari. Ma non è questo il punto: «Ho vinto il dottorato senza assegno di studio. Ed è inconcepibile fare ricerca come si deve in poco tempo e senza avere un soldo in tasca». Il professore che mi segue è stato chiaro: «Fatti mantenere dai tuoi genitori. Ma io non ci sto». Roberta Liggi vive a Cagliari, ha 28 anni e non si sente “sfigata”. E laureata in Ingegneria edile e architettonica da cinque e ha pellegrinato per l’Italia tra progetti di consulenza e master nella Milano culla del design. “Dopo la laurea mi iscrivo in un master in architettura rurale – racconta Roberta -. Lavoravamo a progetti per il recupero della terra cruda”. A seguire Roberta è stata chiamata dal Formez (in Basilicata), l’ente di formazione della pubblica amministrazione, per una breve consulenza (sei mesi) finalizzata al censimento dei centri storici, attraverso lo studio dei tipi abitativi: “Ho fatto un vero e proprio Basilicata Coast to Coast – dice con ironia – ed è stata un’esperienza entusiasmante. Peccato sia finita presto”. Tra borse di studio garantite dalla regione Sardegna e piccoli rimborsi-spese nello studio di architettura dove ha lavorato per anni come abusiva a 300 euro al mese («se arrivavano i controlli dovevi scappare dalla finestra») crede nell’ottimismo della volontà: «Mi sento come una cellula staminale dell’umanità. Riesco in ogni cosa, troverò la mia strada». Nel frattempo le è balenata la folle idea di iscriversi a Farmacia. «Sono ancora in tempo – dice – e darò una mano a mia madre che dopo anni è riuscita a mettersi in proprio, indebitandosi con gli avvocati per vedersi rispettati i propri diritti. Ma non chiamatemi figlia di papà, sappiamo solo noi cosa significa diventare titolari di farmacia quando non sei baciato dalla fortuna di esserlo già». Nel frattempo fa palestra nella farmacia di famiglia gestendo la contabilità, il rapporto con i fornitori, il sito e il controllo del farmaco. Attività che non le impedisce di farsi portavoce dei giovani ingegneri alle prese con stipendi ridotti al lumicino e di essere a capo della Commissione Giovani dell’Ordine degli Ingegneri di Cagliari: “Mi batto per me e per tutti quelli come me. E per] lo sfruttamento a cui spesso ci sottopongono gli studi privati con la scusa di imparare la professione”.

Fabio Savelli
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