Le chiacchiere infinite in classe…Come fare zapping con la tv
Data: Sabato, 04 febbraio 2012 ore 09:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Spesso i ragazzi sono incapaci di distinguere pensieri e parole.
Nei film francesi, in classe si sta zitti. Dai Quattrocento colpi di François Truffaut a La schivata di Abdellatif Kechiche a La classe di Laurent Cantet, le epoche, i quartieri e la severità cambiano, ma i bambini e i ragazzi stanno in silenzio, e prima di parlare alzano la mano. È il mito della scuola repubblicana, a sua volta vanto dello Stato centralista.
Nelle classi francesi, in realtà, si chiacchiera moltissimo, probabilmente quanto in qualsiasi altro Paese europeo, ma una professoressa di filosofia in un liceo vicino a Bordeaux ha deciso di non accettare più la situazione con rassegnazione e di porre il problema. «Quando i miei allievi si annoiano, chiacchierano. – dice Florence Ehnuel, 45 anni – Quando sono interessati e coinvolti, chiacchierano. Il risultato è che chiacchierano sempre, in ogni momento, e non sono più in grado di distinguere tra pensare e parlare».
Alle chiacchiere scolastiche, Florence Ehnuel, ha dedicato un libro, “Le bavardage - Parlons-en enfin”, ossia, “Il chiacchierìo, parliamone finalmente”, edito da Fayard; un lavoro interessante perché descrive gli adolescenti, non come una impenetrabile specie distinta dagli altri umani ma, al contrario, come la più perfetta e conseguente espressione della società attuale. Il filone è in parte quello inaugurato ormai tre anni e mezzo fa da Nicholas Carr con la celebre copertina dell'Atlantic e la domanda “Google ci rende stupidi?”, ovvero un'indagine sui cambiamenti cognitivi prodotti dalle nuove (ormai non così tanto) tecnologie. In quest'ottica, le chiacchiere scolastiche non sono più – o non solamente – l'arma spuntata dei ragazzini brillanti per corteggiare compagne attratte da compagni più grandi, ma la tentazione pervasiva dello zapping anche all'interno delle mura scolastiche.
«Anche trenta o quarant'anni fa in classe c'erano dei chiacchieroni, naturalmente, ma erano in minoranza e facilmente identificabili. Ci potevano essere poi dei momenti di caos vero e proprio, ma il loro carattere esplosivo dimostrava proprio che si trattava di un'eccezione e che la disciplina era la regola. Oggi accade il contrario: nessuna rissa, ma un'indisciplina di bassa intensità, costante e banalizzata. Secondo me è la società ad essere cambiata». Viviamo nell'era dell'appagamento istantaneo delle curiosità e della voglia di esprimere la propria opinione, meglio se breve e fulminea, necessariamente frutto di scarsa riflessione. Accade nei talk-show televisivi, dove ci si interrompe continuamente a vicenda e il tentativo di sviluppare un'argomentazione leggermente più articolata è visto come la peste, su Twitter regno del commento rapido (140 battute) e immediato, su Facebook con i suoi tasti «mi piace» o «non mi piace». Florence Ehnuel è per fortuna lontana dall'atteggiamento «signora mia dove andremo a finire», ma mostra di essersi a lungo interrogata sulla perenne carenza di concentrazione profonda dei ragazzi (l'ipotesi più facile, «sono un'insegnante noiosa», è stata scartata dopo il confronto con decine di colleghi, tutti nelle stesse condizioni). «Lo psichiatra Philippe Lacadée – dice l'autrice – si è dedicato al problema distinguendo tra "soddisfazione immediata" e "desiderio". La prima rappresenta un piacere facile e vano, che non colma davvero il nostro bisogno, ma riesce a mascherarlo. Chiacchierando, non rinunciando mai alla battuta o al parere immediato del compagno, l'allievo spegne in lui il desiderio di sapere e di volgere davvero l'attenzione verso qualcosa di nuovo».
In classe, ma anche sul tram o in treno, non c'è mai il tempo di sviluppare il «desiderio» di conoscenza: chiacchierando, mandando sms o tweet o facendo continue microricerche su Google sugli argomenti più disparati, ci si riempie di parole capaci di nascondere un vuoto che giustificherebbe l'ascolto e la partecipazione alla lezione, o la lettura di un libro. «Il chiacchierìo, anche quello interessato e non aggressivo, dà una sensazione di pienezza, – scrive la Ehnuel –  è una specie di indigestione che occupa la mente e rende anoressici rispetto al sapere». 
Chiacchiere scolastiche, sms, tweet: stessa battaglia? «Una volta un mio allievo appena rimproverato mi ha detto "d'accordo, professoressa, non posso parlare con il vicino, ma possiamo almeno mandarci degli sms senza disturbare nessuno?"».

Stefano Montefiori (Corriere della Sera)





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