Le «perle» della Gelmini e i primi passi di Profumo
Data: Martedì, 24 gennaio 2012 ore 19:19:13 CET Argomento: Rassegna stampa
Se una Cinquecento con
lo specchietto di una Ferrari non diventa un bolide.
I primi passi del nuovo ministro e dei suoi più stretti collaboratori
sembrano presentare, come è normale, luci ed ombre ma anche qualche
inattesa contraddizione. Ne è esempio illuminante la proposta, fatta e
poi ritirata dal sottosegretario Rossi Doria, di ridurre il percorso
scolastico di un anno facendo diplomare gli studenti italiani a 17
anziché a 18 anni.
L’esordio di Profumo era stato che, visti la natura del Governo ed i
suoi orizzonti temporali, non ci sarebbero state ulteriori “riforme” ma
la razionalizzazione dell’esistente. Come si concilii questo con l’idea
di ridurre di un anno il percorso delle superiori senza metter mano a
tutto quello che “riempie” il percorso stesso è un
mistero.
E’ evidente, infatti, che il tema di
mettere gli studenti italiani, nell’era della globalizzazione, in
condizione di competere con i colleghi europei è un tema serio ma che
non si può pensare di affrontare prendendo scorciatoie affrettate.
Andrebbero avviate riflessioni ed analisi magari sul core curriculum,
andrebbero fatte le verifiche, saltate a pie’ pari dall’ «Attila»
Gelmini, sulle sperimentazioni fatte nel passato e, in particolare, su
quelle sperimentazioni Brocca citate proprio da Profumo in uno dei suoi
primi interventi.
Sulle «Brocca», negli anni scorsi e persino qualche giorno fa, abbiamo
letto le amenità dell’ex ministro Meloni («le sperimentazioni residuo
del sessantottismo») e del noto esperto Marco Bruschi, già consigliere
della giovane scrittrice di favole, che le hanno liquidate nonostante
siano state eradicate completamente dal riordino gelminiano senza
alcuna verifica.
Per capirci con un esempio, con le Brocca la Gelmini si è comportata
come una casa farmaceutica che, dopo aver speso per anni miliardi,
abbandonasse la ricerca di un nuovo farmaco senza leggere nemmeno una
riga dei rapporti relativi agli effetti e alle reazioni, positivi o
negativi che fossero, dei pazienti sottoposti alla sperimentazione.
Insomma, a volerne vedere, per benevolenza, solo un aspetto, un
comportamento economicamente irrazionale.
Perché si butta via, eventualmente, quello che non serve, mica quello
su cui hai investito ma che non sai manco cosa ha prodotto per più di
15 anni. Su questo, tempo fa e quando non ne aveva ancora la
responsabilità, sembrava concordare anche l’altra sottosegretaria
Ugolini.
Siamo ancora in tempo, anche riguardando gli esiti delle passate
sperimentazioni, per evitare sciocchezze nel futuro delle scuole
superori italiane. Le “perle” disseminate dalla giovane scrittrice di
favole nel suo riordino di Licei, Tecnici e Professionali sono
tantissime. Si va dallo studio del Latino limitato nei Licei alle prime
tre declinazioni (non è una battuta, è scritto nero su bianco) agli
ex-geometri che dovranno ignorare, non studiando più il Diritto, cosa
sia un Piano regolatore o una licenza edilizia per non parlare, nel
momento tragico della Costa Concordia arenata al Giglio, dei percorsi
degli Istituti Nautici. O, per essere meno legati alle vicende tragiche
di questi giorni, alle ore professionalizzanti tolte agli Alberghieri e
di cui ha avuto contezza anche Profumo nella sua recente visita alle
scuole napoletane. La fretta, insomma , come nel caso del ministro
precedente, può essere controproducente. Ridurre di un anno senza
intervenire sull’intero percorso e sui curricula è come pensare che,
aggiungendo lo specchietto di una Ferrari, una Cinquecento diventa un
bolide.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Visti i precedenti uno si immagina di non ritrovarsi nella situazione
di proposte estemporanee, non discusse e poco valutate. Quindi mi sono
sorpreso parecchio a sentir parlare ieri di abolizione del valore
legale del titolo di studio come di una ipotesi a cui lavora il
ministro.
E ma allora ci risiamo…
E’ pensabile di eliminare il valore legale del titolo di studio ex
abrupto ed in un Paese caratterizzato, per scuola ed Università, da
differenze e sperequazioni tali da rendere brutale l’applicazione di un
provvedimento del genere?
Eppure in questi giorni il ministro gira molto, visita scuole ed
Università soprattutto meridionali, non può non aver chiaro che
“fabbricare” buoni studenti non è come produrre nuove automobili.
Insomma di Marchionne ce ne abbiamo uno, non ci piace e, in ogni caso,
ci basta…..
E se per caso pensassimo che “liberalizzando” la scuola e l’università
se ne migliorino miracolosamente gli esiti forse è il caso di tener
presente che la scuola non è un tassì……
Perché (almeno a Napoli succede) spesso i tassisti i percorsi troppo
corti o scomodi li rifiutano e prediligono i clienti che vanno a
Posillipo e non quelli che vogliono andare magari a Secondigliano e non
c’è bisogno, stavolta, di “tradurre” per i non napoletani.
(da l'Unità di Franco Labella)
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