A ottobre concorso dei prof. Aperto a 20.000 nuove leve. Profumo: La scuola vuole docenti con età più vicina ai ragazzi
Data: Domenica, 15 gennaio 2012 ore 12:27:32 CET Argomento: Rassegna stampa
E’ un ingegnere. Prima
progettista all’Ansaldo di Genova, poi ordinario di Macchine e
azionamenti elettrici al Politecnico di Torino, poi rettore della
stessa università. Professore negli Stati Uniti e in Giappone.
Presidente del Consiglio nazionale delle ricerche e ora ministro
dell’Istruzione, università e ricerca.
Costanza, Giulio e Federica i suoi tre figli. Cinquantotto anni,
savonese, una moglie insegnante. E’ tra i più giovani del governo Monti.
Ora siede qui al ministero di viale Trastevere, ma lei che studente è
stato?
«Mi sono laureato in ingegneria in meno di cinque anni. Direi uno
studente normale. Amavo stare sui libri, non mi è pesato».
A proposito, lei ha detto che vuole contribuire a costruire un paese
normale. Che vuol dire?
«L’ho detto, per esempio, a proposito
dei concorsi che devono tornare nel mondo della scuola. Come si sa, è
dal 1999 che non ne viene bandito uno. Bisogna ritrovare i meccanismi
di regolarità anche per il reclutamento dei docenti».
Che significa?
«Fare concorsi almeno ogni due anni. Permettendo l’accesso sia ai
precari, oltre 200mila in graduatoria, sia ai giovani, ventimila, che
si sono preparati per fare gli insegnanti».
Quindi il prossimo concorso quando sarà?
«Nell’autunno di quest’anno. Potranno accedere anche le nuove leve,
altri ventimila, che quest’anno seguiranno i tirocini formativi attivi».
I precari non saranno d’accordo, aspettano da tanto tempo...
«Dobbiamo dare la possibilità di accesso sia a chi è più grande sia ai
giovani. Questi ultimi non possono sempre essere lasciati indietro. La
scuola chiede anche docenti con età più vicina a quella dei ragazzi».
Già, lei ha notato che i prof sono troppo grandi. Vero?
«L’età media è alta, è assolutamente necessario immettere forze nuove.
La scuola ha bisogno di un organico vicino alla cultura dei più
giovani».
Ogni anno vanno in pensione almeno venticinquemila professori, dopo il
decreto sul fine carriera i numeri saranno gli stessi?
«Stiamo facendo una ricognizione, potrebbero essere anche un po’ di
più».
Lei, negli ultimi giorni, è andato a sedersi nei banchi di scuola tra i
ragazzi. Che effetto le ha fatto questa nostra scuola?
«Sono tornato di nuovo tra i banchi di formica verde. Davanti a me la
lavagna e l’insegnante che, in piedi, spiega. Mi sono reso conto che,
da questo punto di vista, non è cambiato nulla dagli anni Sessanta. Non
è possibile! Basta con le lezioni frontali».
Le lezioni frontali?
«Andrebbe cambiata la disposizione nelle classi, è d’altri tempi il
prof in fondo alla stanza davanti alla lavagna. Suggerisco anche di
evitare di far stare gli stessi ragazzi per anni insieme. Meglio
mescolare i gruppi, cambiare, spostarsi, affrontare nuove situazioni».
Ma che effetto le ha fatto questa scuola italiana?
«Un bell’effetto, ci sono grandi competenze e, nella maggior parte dei
casi, si lavora sodo. Forse c’è bisogno di impegnarsi più sull’analisi
critica che sulle nozioni. Quanti sanno che solo il 20% del sapere dei
ragazzi arriva dai banchi di scuola?».
Monti ha parlato del miglioramento del capitale umano. E ha fatto
pensare anche alla scuola. Siamo davvero così inferiori rispetto agli
altri paesi nella formazione?
«Assolutamente no. Ce lo dimostrano i ragazzi che sono accolti con
entusiasmo all’estero».
Già all’estero, pensa che nel campo della ricerca potremo continuare ad
essere minimamente competitivi visti i nostri problemi economici?
«La realtà è che la capacità dell’Italia ad acquisire risorse è assai
scarsa. L’obiettivo è quello di aumentare la competitività dei
ricercatori e delle imprese italiane nell’accesso alle varie tipologie
di fondi messi a disposizione della commissione europea. Sul fronte
delle politiche di coesione, le percentuali di utilizzo dei fondi
strutturali ci vedono al penultimo posto».
Vuol dire che questa università non è in grado di cooperare con gli
altri e quindi ricevere fondi oltre quelli del nostro paese?
«Si devono creare gruppi di progetto con gli altri paesi. Non più aiuti
per singoli programmi».
Pensa alla riforma della riforma per l’università?
«Vanno fatti i decreti attuativi di quella varata mesi fa. Nessuna
riforma organica, ne abbiamo avute troppe. E’ il tempo della
semplificazione»
La prossima settimana lei sarà a Napoli con il ministro della Coesione
Territoriale Barca e il commissario per le Politiche regionali della Ue
Hahn. Visiterà scuole per poi far arrivare fondi ad hoc per il
Sud?«Stavano per scadere i bandi per alcuni fondi Ue, circa un miliardo
di euro. Sono stati rivisti i piani per la riqualificazione scolastica
di alcune aree, Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, e ora è possibile
utilizzare i sostegni. Per l’avviamento al lavoro, le nuove tecnologie,
i periodi di studio all’estero».
Si riparte dal Sud?
«Si riparte da tutti e, in particolare, da chi ha bisogno».
(da Il Messaggero)
redazione@aetnanet.org
|
|