Accorpamenti istituti, in Campania il record di chiusure
Data: Mercoledì, 11 gennaio 2012 ore 00:05:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Anche se la parola d’ordine è razionalizzare, regna ancora un grande caos. Entro la fine del mese la Regione Campania, così come tutte le altre regioni d’Italia, dovrà sottoporre al Ministero della Ricerca e dell’Istruzione (Miur) il proprio “piano di dimensionamento”, dovrà cioè dire quante e quali saranno le sedi scolastiche costrette a chiudere per accorparsi con altre più grandi o, come dicono alcuni, semplicemente più “protette”. In ogni modo, quel che si sa con certezza è che la sforbiciata sarà di quelle che lasciano il segno. Secondo le prime stime, la scure del Miur dovrebbe abbattersi su circa 1300 scuole dell’intero territorio nazionale, tra cui sono ben 285 quelle campane. Una cifra record. Solo per indicare le più colpite (tutte rigorosamente del Mezzogiorno), seguono infatti la Sicilia con una previsione di chiusura di 262 scuole, la Puglia con 199, la Calabria con 112, il Lazio con 97, fino ad arrivare via via al record positivo dell’Umbria, dove dovranno chiudere i battenti solo 5 istituti.     
    Con un decreto dello scorso luglio, convertito poi in legge con l’approvazione della cosiddetta “Legge di stabilità”, il governo Berlusconi ha imposto a tutti gli istituti comprensivi di accorpare ovunque le “vecchie” materne, elementari e medie. I criteri dettati dal Ministero sono pesanti: per poter mantenere la personalità giuridica, ovvero per continuare a esistere, un istituto comprensivo deve poter contare su un minimo di mille alunni, ridotti a 500 per gli istituti che si trovano in aree geografiche particolari, come le piccole isole, i comuni montani e le zone caratterizzate da specificità linguistiche o etniche.
Per le istituzioni scolastiche autonome la soglia minima è invece fissata a 600 alunni, ridotti a 400 per i siti a bassa densità di popolazione. L’obiettivo del Miur è quello di fare cassa. I tagli previsti consentirebbero, infatti, di risparmiare circa 2600 stipendi tra presidi e dirigenti amministrativi, nonché i salari di oltre 2000 bidelli, per un alleggerimento complessivo di circa 172 milioni di euro. Tuttavia, nelle scorse settimane, il ministro Francesco Profumo ha addolcito la pillola del predecessore Gelmini rendendo flessibile la fatidica quota mille. Il tetto minimo potrà infatti essere spalmato sulla media regionale, con la possibilità di avere in alcune aree istituti con valori inferiori ai mille alunni e in altre zone istituti con valori superiori, purché venga salvaguardata la media regionale di riferimento.
Altra boccata d’ossigeno concessa da Profumo è quella relativa alla tempistica: invece che entro dicembre 2011, il piano dovrà essere chiuso entro gennaio 2012. Ma la sostanza non cambia: a settembre, con l’avvio del nuovo anno scolastico, la rete scolastica regionale dovrà subire un consistente dimagrimento. In attesa che le varie provincie facciano arrivare le rispettive delibere di proposta sul riassetto delle sedi scolastiche territoriali (per ora solo la Provincia di Benevento lo ha fatto), la Regione ha intanto cercato di rendere ulteriormente più abbordabili, rispetto alle “concessioni” fatte dal Ministro, i criteri per il mantenimento in vita degli istituti. Forte di una recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto alle Regioni la competenza in materia della “definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica”, la Campania ha deciso di abbassare la soglia minima di sopravvivenza dei singoli istituti comprensivi da 600 a 500, mentre nelle aree montane e nelle piccole isole la quota minima slitta da 400 a 300.
Qualcosa si è già cominciato a fare. Per esempio, rispetto al precedente anno scolastico, le scuole autonome campane sono dodici in meno, con un incremento degli istituti comprensivi a fronte di un decremento di tutte le altre scuole di ogni ordine e grado. Inoltre, nelle linee guida stilate per il dimensionamento della rete scolastica, si mette in evidenza che “a fronte di una rete scolastica certamente bisognosa di razionalizzazione, comunque in Campania la media degli alunni per ciascuna istituzione scolastica autonoma è abbastanza elevata (803 in provincia di Napoli, 713 a livello regionale) e, complessivamente, in linea con la media nazionale”.
In ogni caso, le scuole che entro settembre non dovessero rientrare nei parametri non avranno più dirigenti. Questo, infatti, lo spirito della norma: distribuire dirigenti su numeri più consistenti ed evitare la sopravvivenza di pletoriche burocrazie. Lo spirito non si discute, ma come spesso accade dalle intenzioni alle piano concreto le cose si inceppano. Oltre alle prevedibili levata di scudi dei vari istituti territoriali, la razionalizzazione voluta dal Miur ha provocato anche la reazione dei nuovi dirigenti scolastici.
Dopo un tormentato concorso, il Miur ha infatti appena sfornato 2386 nuovi presidi e ora, al netto della riforma, c’è il serio rischio che non abbiano più una collocazione. Anche in questo caso il numero più elevato è quello che interessa la nostra regione, dove sono 220 i nuovi dirigenti in cerca di collocazione.        (da http://denaro.it/ di  Cristian Fuschetto)

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