La scuola “civic center”: I desideri del Ministro Profumo.
Data: Lunedì, 09 gennaio 2012 ore 01:00:00 CET
Argomento: Redazione


Vorrei che scuola diventasse ciò che in alcuni Paesi si definisce “civic center”, il centro civico della città. Perché  non far sì che gli istituti scolastici si trasformino in centri di aggregazione del quartiere? Biblioteche aperte tutto il giorno,palestre utilizzate anche dai cittadini , luoghi per le feste dei bambini. In questo modo anche gli aspetti economici potrebbero essere affrontati diversamente , perché il Comune, i privati, potrebbero investire nella scuola stessa.
Questa dichiarazione del Ministro Francesco Profumo risponde ad una specifica idea di scuola da  molti di noi condivisa ed attualizzata.
Da tempo abbiamo considerato la scuola come una “piccola città” e quindi  abbiamo attivato il Consiglio Comunale dei Ragazzi, che consente di vivere l’esperienza dell’educazione civica, e di  apprendere la cultura della democrazia partecipativa attraverso un “imparare facendo”.
Abbiamo aperto la scuola al territorio, alle iniziative del quartiere e della Municipalità,  utilizzando al meglio e a tempo pieno le strutture esistenti: le palestre in collaborazione con  le società sportive ; l’auditorium e la sala mensa per convegni e congressi, per concerti e rappresentazioni teatrali.
Come ha ben detto il Ministro,  tale operazione ha comportato dei benefici economici e delle visibili migliorie alle strutture  in termini di attrezzature, di pulizia e di decoro.
Come lo stesso Ministro ha potuto constatare nelle nostre scuole ci sono tante belle risorse ed energie vitali non sempre adeguatamente valorizzate e riconosciute e molte delle cose indicate e proposte già le facciamo: mettiamo a disposizione la scuola per le feste di compleanno nella sala mensa che diventa anche discoteca in occasione del carnevale e delle feste di fine anno.
Cosa dovremmo fare di più e meglio?
Condividiamo  la proposta della formazione dei docenti, i quali attraverso un diligente aggiornamento professionale entrano nel circuito linguistico del vocabolario tecnologico degli studenti di oggi, nativo-digitali.
Sarebbe  auspicabile che  questo desiderio di innovazione fosse diffuso tra tutti  i docenti e non  restasse appannaggio solo di alcuni, i quali  a volte,vengono criticati per il desiderio di fare e  di crescere nella professione docente e nel difficile compito della valutazione e della qualità del servizio scolastico.
L’atteso ed auspicato svecchiamento  del personale docente ancora è lontano  dalla concreta realizzazione  e nel giro di boa si rischia di far  perdere il vitalizzante entusiasmo di alcuni.
Purtroppo sono numerosi i docenti che si sentono costretti a restare in servizio e  vivono lo stare a scuola con disagio e  visibile malessere. Tutto ciò si ripercuote negativamente sugli studenti i quali hanno il diritto di incontrare docenti vivaci e dinamici, che  non facciano sentire il peso dell’inevitabile scarto generazionale.
 La  proposta ministeriale dell’ampliamento dell’obbligo scolastico a 17 anni, indicata  come “salto di qualità”, ancorché positivo e condiviso, pone  comunque diverse questioni da prendere in esame.
Al termine ”obbligo” occorrerebbe sostituire il concetto di “diritto all’istruzione e alla formazione”,  considerandolo  una  fruttuosa opportunità di ampliamento del periodo di formazione anche al fine di conseguire una qualifica professionale.
Quale tipo di scuola potrà accogliere tale istanza e rispondere a tale principio costituzionale e sociale al fine di consentire a molti più ragazzi il permanere nella struttura formativa?
L’impianto didattico ed organizzativo degli istituti tecnici e professionali, che risultano i più funzionali allo scopo,  risente ancora molto del modello liceale  di Giovanni Gentile ed i contenuti, le materie, le ore, sono già così cariche che non consentono quella tanto auspicata flessibilità organizzativa al fine di favorire un tipo di scuola speciale,  adatta alle esigenze della specifica utenza. La vigente  riduzione delle ore di lezioni  ha comportato una diminuzione delle attività di laboratorio ed ha mortificato la specificità di alcuni indirizzi specifici.
Per questi ragazzi “speciali” si auspicherebbe una “scuola speciale” nella quale i contenuti didattici venissero proposti in forma meno invasiva della lezione teorica tradizionale, con libri di testo facilitati e ore di lezioni più leggere nell’alternanza scuola-laboratorio.
Occorre una scuola adatta alle loro esigenze di studenti che privilegiano l’occupazione lavorativa nell’immediato e in stretta relazione alle esigenze delle famiglie e del territorio. Una scuola che meglio risponda al settore occupazionale e alle esigenze di recuperare mestieri e professionalità in via di estinzione.
E’ richiesta inoltre la presenza di docenti disposti e motivati nel saper gestire la relazione con questi ragazzi, molti dei quali risentono di un percorso formativo incostante e non sempre adeguato.
Questa è la scuola “civic center”, capace di offrire servizi anche di immediata spendibilità lavorativa , di essere utile alla Città e  presente nel territorio , quale luogo privilegiato di educazione, di istruzione, di formazione integrale dei cittadini di oggi e di domani.
Grazie Signor Ministro, ci aiuti a mettere in atto i suoi ed i nostri desideri.

Giuseppe Adernò
Presidente ASASI  di Catania






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