Occupazione femminile. Fate lavorare le donne e salverete l’Italia
Data: Domenica, 01 gennaio 2012 ore 12:21:44 CET
Argomento: Rassegna stampa


Siamo nel pieno della crisi e siamo solo agli inizi dell’applicazione di una super-manovra economica e finanziaria. Gli effetti arriveranno e in quanto tempo? Nel frattempo quanto si svuoteranno le nostre tasche e in che stato si ridurranno le famiglie già in difficoltà? Qualcuno crede che la manovra funzionerà, molti vanno avanti tra mille dubbi e timori, tanti altri stanno già dicendo “no” con convinzione.
Nel mare di queste incertezze ci sono numeri che parlano di una certezza: il lavoro delle donne aumenterebbe il Pil in modo considerevole, oltre a rendere la nostra una società migliore. Non è una bella notizia? Chi è sorpreso? Eppure non pare venga presa molto in considerazione dagli addetti ai lavori e nemmeno da chi cerca dipendenti, visto che le donne continuano ad essere assunte per ultime e male.    
          NUMERI DI CUI TENER CONTO. Se il tasso di occupazione femminile salisse dall’attuale 46% al  60%, secondo stime della Banca d’Italia il pil aumenterebbe del 7%. Nelle classifiche mondiali l’Italia è al 74° posto su 134 per quanto riguarda il divario di genere uomo donna e questo ci fa perdere ben il 7% del pil. Cosa ne pensate? diteci la vostra… Nel frattempo riteniamo utile e interessante riportare il parere di Paola Profeta.
RISPONDE Paola Profeta, professore associato di scienza delle finanze alla Bocconi:
Il dato riportato fa riferimento al Global gender gap index del World economic forum, che misura ogni anno le differenze tra uomini e donne in vari paesi secondo quattro dimensioni: mercato del lavoro (occupazione, remunerazione, carriera), istruzione, salute, politica.
L’Italia si colloca al 74° posto per l’indicatore globale su 134 paesi – prima di noi, per fare un esempio, ci sono Burundi, Sri Lanka, Costa Rica, Mozambico, Nicaragua, Mongolia, Kazakhstan e Cina. Detto questo, il dato è poi ancora più allarmante se consideriamo che l’Italia scende al 90° posto per la prima dimensione, quella cioè del mercato del lavoro e delle opportunità economiche. L’indicatore più eclatante di questo è il tasso di occupazione femminile, fermo al 46,1%.
Eppure se guardiamo alla dimensione “istruzione” il divario di genere in Italia è colmato o addirittura ribaltato. Tra le donne italiane, per esempio, ci sono più laureate che tra gli uomini. Le conseguenze di questa situazione sono gravissime: la scarsa occupazione femminile rappresenta un freno alla crescita del nostro paese; viceversa, un aumento dell’occupazione femminile potrebbe comportare un aumento del pil e della crescita economica dell’Italia. Il lavoro femminile infatti rappresenta un fattore produttivo, sia perché quando più persone lavorano aumenta il pil, sia perché si tratta di una risorsa produttiva almeno tanto quanto quella maschile (come gli indicatori di istruzione suggeriscono).
Non si tratta solo di aumentare il livello del pil: più donne al lavoro significa sviluppare il settore dei servizi, aumentare i consumi, creare nuova occupazione, e innescare un circolo virtuoso di maggiori opportunità e crescita, soprattutto se la maggior occupazione si accompagna ad una maggiore spesa pubblica per le famiglie.
Ci sono molte stime sui potenziali guadagni derivanti dalla maggiore occupazione femminile. Quella cui Lei fa riferimento è una stima della Banca d’Italia secondo la quale se il tasso di occupazione femminile italiano si allineasse all’obiettivo del 60% stabilito dall’Agenda di Lisbona (per il 2010, cioè mai raggiunto finora!) il nostro pil aumenterebbe del 7%.
In tempi di crisi come questo dovrebbe essere una priorità per tutti.
       (da http://www.romagnagazzette.com)

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