Come dolce di Natale il budino del dimensionamento
Data: Sabato, 24 dicembre 2011 ore 09:51:39 CET Argomento: Redazione
Mentre ci si
prepara per la cena ed il pranzo di Natale, vien da pensare ai dolci ed
i particolare al budino, metafora opportuna e significativa per
commentare il dimensionamento scolastico.
Impiantato su una base solida legislativa qual è stato appunto
l’art. 19 del D.L. 98/2011, della legge finanziaria, in seguito
convertito nella Legge111/ 2011, determinata da principi di
efficienza e di evidente logica di risparmio nell’utilizzazione
ottimale della risorse, al fine di evitare gli sprechi inutili ed
inopportuni, il “dolce natalizio” si è ben presto ammorbidito a causa
dell’inconsistente esposto-ricorso alla Corte Costituzionale
della Regione siciliana, la quale ha intravisto nel decreto legge
un’invasione di campo delle prerogative regionali.
L’inconsistenza metaforica del ricorso si evidenzia dalla scarsa
attenzione che la Regione siciliana ha riservato alla scuola, la quale
non è ancora dotata di una specifica legge sul diritto allo studio,
tante volte presentata e mai approvata. Risulta facile reclamare
diritti senza mettere in azione i propri doveri e lo stato di
salute della scuola siciliana, la crenza edilizia, la mancanza di
adeguate norme di sicurezza e di prevenzione, sono una realtà
documentativa della scarsa attenzione verso la scuola e la formazione
dei giovani.
Anche le altre Regioni per non essere da meno hanno presentato ricorsi
al Tar e la Commissione cultura del Senato ha approvato un ordine
del giorno che rimette in discussione il disegno di legge sulla
stabilità, volto modificare quanto previsto nell’art. 19: tutti
istituti comprensivi con mille alunni.
Il caldo dell’estate ha reso più flaccida la crema e man mano si
registravano interventi di zelanti Comuni che nel desiderio di
risparmiare affitti di plessi scolastici vedevano di buon grado la
necessaria razionalizzazione della rete scolastica.
In alcune regioni dove già tutte le scuole erano organizzate come
“istituti comprensivi” non si è percepito il disagio, come invece
appare evidente in molti paesi dove le scuole sono sorte come
funghi nei prati o a seconda delle illuminate iniziative di
amministratori locali desiderosi di lasciare un segno della loro azione
politica nel territorio.
Alcune Regioni hanno proposto una formula di compensazione nei
numeri tra scuole più popolate e scuole con pochi studenti, altre hanno
predisposto una graduale riorganizzazione temporale della
rete scolastica secondo i parametri indicati entro il 2014
Un altro intervento di rinforzo è pervenuto dal Ministero nel
rideterminare i numeri minimi che vanno elevati a 600 e la
disposizione che alle scuole prive dei numeri richiesti viene assegnato
non un dirigente bensì un “reggente” per la direzione e gestione
della scuola.
Si nota come lo spreco economico dei numerosi ipotetici
reggenti rende improduttiva l’azione di numerose
scuole, mentre gli annunciati accorpamenti o fusioni, determinerebbero
un significativo risparmio ed una prospettiva di sviluppo della scuola
stessa nel territorio.
Quando si cominciava a prevedere la conclusione delle operazioni di
sondaggi e delibere provinciali e regionali ecco giungere il decreto di
allungamento dei termini di scadenza a gennaio ed i sindacati che
cavalcano l’opposizione auspicano e chiedono in rinvio di un
anno, con il rischio di poterlo ottenerlo, diluendo ancor di più
il brodino del budino già del tutto liquefatto.
Cosa rimane del buono e dolce budino del dimensiomento che
avrebbe dovuto favorire lo sviluppo di una scuola efficiente e di
qualità ?
Al di là della metafora non è prudente il rinvio di un altro anno del
dimensionamento scolastico, si allunga, infatti l’agonia delle
scuole con pochi alunni, che restano prive di risorse, di personale e
di mezzi adeguati per una didattica efficace e produttiva.
Le reggenze sono uno spreco e si rivelano improduttive ai fini
dell’organizzazione scolastica, in quanto si raddoppiano le
azioni collegiali e amministrative con notevole spreco di energie e di
tempo oltre che di ulteriori spese per i revisori dei conti.
La scuola piccola, a misura di “condominio” appartiene ad una
stagione ormai passata da tempo e la riduzione della spesa pubblica, la
centralizzazione dei servizi quasi tutti informatici, proietta
tutte le istituzioni ad una nuova gestione amministrativa e tende
ad una cospicua riduzione di personale, ancorché gravato da compiti e
funzioni aggiuntive e non sempre con i necessari supporti di competenze
tecniche operative.
Se il dente si deve togliere, meglio farlo subito ed in prospettiva di
sviluppo, anziché temporeggiare e allungare l’agonia delle piccole
scuole senza possibilità di crescita e di espansione.
Allungando i tempi per la predisposizione dei piani di
dimensionamento si prolungano i tempi delle iscrizioni e di conseguenza
si ritarda la predisposizione degli organici, delle cattedre e quindi
dei trasferimenti e delle nomine. Cui prodest?
Il nuovo impianto degli istituti comprensivi è certamente una soluzione
ottimale nell’organizzazione della scuola e dei servizi anche in linea
di continuità e, pur mantenendo i plessi diversificati per indirizzo
(elementari e medie), - senza arrecare aggravio di spese ai Comuni
- si costruisce gradualmente una positiva progettualità di
continuità didattica ed un specifica identità della nuova scuola
autonoma, che dovrebbe anche assumere un nuova intitolazione,
lasciando gli attuali nomi come nomenclatura dei plessi.
Che il nuovo anno porti nuova luce alla scuola, ancora nel tunnel
dell’incertezza e dell’imprecisione.
Giuseppe Adernò
ASASi di Catania
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