Quel Profumo che piace a Bersani. Perché il leader del Pd elogia la squadra di viale Trastevere
Data: Sabato, 24 dicembre 2011 ore 09:23:01 CET
Argomento: Rassegna stampa


Galeotta fu la scelta per il candidato a sindaco di Torino. Era il novembre 2010 quando Pier Luigi Bersani e Francesco Profumo si incontrarono per la prima volta. Il segretario del Pd era alla ricerca di un nome di prestigio da spendere per la successione a Sergio Chiamparino, in grado di tenere insieme un fronte ampio dalla sinistra all’Udc e di evitare il rischio di uno scontro fratricida tra i dem locali sotto la copertura delle primarie.
L’allora rettore del Politecnico si era messo a disposizione, salvo poi tirarsi indietro con una lettera pubblica rivolta ai suoi concittadini, dalla quale trasparivano tutte le difficoltà emerse nei partiti sul suo nome. Nonostante l’esito infelice, che aprì comunque la strada verso Palazzo Civico a Piero Fassino, la scintilla tra Bersani e Profumo era comunque scoccata.
Sommando questo precedente con l’incarico a viale Trastevere, in un ministero che si occupa di temi molto cari al leader dem, e alla scelta di Marco Rossi Doria (il maestro di strada che è quasi un habitué degli appuntamenti dem, ultimo Finalmente Sud, dedicato ai giovani meridionali) come sottosegretario, ecco che si capisce perché Bersani davanti alle telecamere di Piazza Pulita (La7) giovedì sera abbia indicato proprio Profumo come possibile ministro tra gli attuali, da confermare in un futuro governo di centrosinistra. «Ma mi rifaccia la domanda tra un anno, perché nessuno nasce imparato e nessuno è un buon ministro senza averlo fatto», mette comunque le mani avanti il segretario del Pd.
Per il momento, a giustificare il feeling tra Profumo e i Democratici c’è soprattutto l’approccio con il quale il ministro sta cominciando ad affrontare il proprio lavoro, essendo troppo presto per parlare di provvedimenti concreti. Certo, Profumo ha già assegnato più fondi per il funzionamento ordinario delle scuole (da 130 a 200 milioni) e si è impegnato a fare altrettanto per le università, ha promesso il recupero degli scatti di anzianità ai docenti e, soprattutto, ha preannunciato un piano di assunzioni da realizzare anche attraverso un nuovo concorso, il primo dopo tredici anni. Ma ha anche confermato la piena attuazione della tanto contestata riforma Gelmini, per poi eventualmente migliorarla solo in un secondo tempo.
Come si diceva, però, a colpire favorevolmente il Nazareno in questa fase è soprattutto il metodo, più che il merito del suo lavoro. Le prime riunioni con i rettori, i sindacati degli insegnanti, i rappresentanti dei dottorandi, gli studenti (ai quali ha promesso incontri periodici, per coinvolgerli nelle future decisioni che li riguardano) segnano uno scarto notevole rispetto alla gestione verticistica della Gelmini. E la scelta di Rossi Doria simboleggia un’attenzione per la funzione sociale della scuola, anche in questo caso una differenza notevole rispetto all’approccio aziendalistico berlusconiano.
Pazienza se l’altro sottosegretario, Elena Ugolini, ha creato invece qualche malumore in ambienti di sinistra per la sua provenienza dai vertici di un istituto privato. C’è, poi, qualcosa in più rispetto allo stretto ambito di competenza del ministro, che lo avvicina al sentiment democratico.
Profumo, infatti, si sta dimostrando uno dei componenti più “politici” dell’esecutivo. E in questi giorni non ha fatto mancare proprie dichiarazioni, sostanzialmente in linea con le richieste del Pd, seppur in assoluta autonomia: dal richiamo alla «equità» necessaria per la manovra alla prudenza sulla riforma del sistema pensionistico, dalla spinta per l’asta delle frequenze tv al rinvio dell’analisi sull’articolo 18 a dopo una riflessione «sul tema lavoro nel suo complesso».

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