Il ragazzo difficile e il compagno di banco. Un racconto di Natale
Data: Sabato, 24 dicembre 2011 ore 07:00:00 CET Argomento: Redazione
Nell’augurare,
a tutti i miei colleghi e lettori di Aetnanet.org, un felice Natale,
voglio raccontare una piccola storia, una vicenda di vita vissuta che
capita, ancora, di sentire nelle nostre classi. Un fatto che può
succedere in tutte le scuole d’Italia, fino a quando ci saranno dei
ragazzi e degli insegnanti che con il loro lavoro quotidiano, umile e
silenzioso, sanno ancora comunicare che il bene si educa con il bene e
che facendo del bene si riceve del bene!
Una storia vera di vita quotidiana, quasi, una moderna favola per il
suo spessore umano e pedagogico, che merita, credo, di essere letta e
meditata. È accaduto in un paese della bassa bresciana, irto di nebbia
e di campanili, un paese come tanti, laggiù, che per più di un motivo
sorvolo il nome.
Viveva, tutte le mattine, tra i banchi di prima media, composta da
ventitré studenti ed un insegnante, un ragazzo difficile come ce ne
sono tanti nel mondo d’oggi. Uno di quei ragazzi, che vive ospite da
una famiglia che non è la sua, allontanato dalla sua famiglia naturale
per vicende a lui non imputabili e per noi irrilevanti.
Sono dieci anni che il ragazzo vive in quel paese, lontano da casa e
ciò ha comportato l’emergere in lui di notevoli disagi emotivi,
aggravati purtroppo dalla sua ancora giovane età. Proprio questi disagi
condizionano costantemente e con forza il suo comportamento: si
rapporta malamente con i propri coetanei, nonché con gli adulti e,
perfino, con gli insegnanti, i suoi modi sono a tal punto al di sopra
delle righe da essere considerato da molti un elemento da isolare,
perché «potenzialmente pericoloso o sicuramente da non prendere come
esempio».
Tuttavia, gli insegnanti del ragazzo non si danno per vinti, poiché
intuiscono che il suo comportamento non sia altro che il risultato di
quel disagio: nonostante l’invito dei genitori degli altri studenti a
risolvere la questione con l’allontanamento del ragazzo - genitori
comprensibilmente in pensiero per i propri figli - gli insegnanti si
convincono della necessità di percorrere una via diversa. Così
coinvolgono un compagno di classe del ragazzo chiedendogli se sia
disposto a diventare vicino di banco di quest’ultimo. Il compagno di
classe, sveglio, intelligente, molto vivace ma dotato di una certa
serenità interiore, acconsente di buon grado, dimostrando notevole
comprensione e responsabilità. Da qui inizia la vera storia.
La vicinanza del compagno, col tempo, stabilizza il comportamento del
ragazzo, che sembra aver trovato qualcuno col quale essere se stesso,
qualcuno che lo sappia mettere a proprio agio, poiché rispettoso della
sua personalità, qualcuno che, insomma, possa essere un amico. Un
giorno accade qualcosa di davvero stupefacente, qualcosa in grado di
ripagare, più di quanto già stesse accadendo, più di ogni altra cosa,
l’acume e la lungimiranza degli insegnanti di quella prima media della
Bassa. La classe del ragazzo e del suo compagno di banco partecipa alle
selezioni per la gara di corsa campestre e proprio il ragazzo risulta
essere uno degli studenti che supera la prova. Molti studenti ricevono
una medaglia. Anche il nostro ragazzo riceve la sua. Ma non se la mette
al collo. Sul nastro tricolore scrive, «...così avrai un ricordo di me
per quando andrò via» e la porge al compagno di classe, suo vicino di
banco, suo amico, suo compagno di vita…
Se succedono di queste storie, laggiù, nella bassa bresciana, come ne
accadono, sicuramente, in molte altre zone d’Italia, possiamo ancora
sperare che il mondo abbandoni la via polverosa del degrado e della
rassegnazione e riprenda la strada maestra della fiducia e della
rinascita.
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato_at_istruzione.it
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