Gli accorpamenti? Evitabili con l'elezione diretta del preside: più risparmi, più efficienza, più controllo democratico.
Data: Giovedì, 22 dicembre 2011 ore 08:22:51 CET
Argomento: Redazione


La Legge 15 luglio 2011, n.111, che impone gli accorpamenti fra scuole con meno di 1000 alunni per acquisire l'autonomia, sta mettendo in subbuglio sia le Regioni, che vorrebbero opporsi in base al Titolo V della Costituzione ma che non hanno armi idonei essendo i dirigenti a carico dello Stato, e sia i comuni più piccoli, e quindi con qualche centinaio di alunni per scuola, che vedono sparire l'autonomia insieme alla possibilità di avere un dialogo stretto  e forse pure costruttivo con la presidenza. Gli accorpamenti infatti, di cui alla Legge, vengono effettuati, non solo fra scuole di uno stesso comune ma anche fra scuole di comuni diversi per cui il dirigente, che occuperà la sede con più alunni, periodicamente dovrà spostarsi, almeno per conoscere i docenti e forse per cercare pure di capire la logistica, nel comune vicino, mentre i collegi dei docenti, per risparmiare tempo e spese, si svolgeranno  nella sede principale. Discorso per lo più similare con le scuole disagiate che, pur non perdendo  l'autonomia, avrebbero però non più un preside tutto per loro ma un reggente che, sempre periodicamente, dovrà spostarsi, e per gli stessi motivi del suo collega, nella sede più lontana.
Il Governo, nell'emanare la Legge, l'ha argomentata col motivo della riduzione della spesa perchè, tagliando un posto di dirigente, di segretario (Dgsa) e qualche Ata, verrebbe a risparmiare qualche milione di euro; e considerato che complessivamente si prevede l'accorpamento di circa 3000 scuole, il conto non è difficile farlo.  A nostro modesto parere questo ulteriore dispositivo di legge nasce ancora una volta dalla incapacità di chi governa la Nazione di implementare riforme coraggiose che in un sol colpo eviterebbero contenziosi, sia tra Stato e Regioni, sia fra Comuni, e sia pure  toglierebbero dalla angoscia dirigenti, insegnanti e personale, facendo pure risparmiare allo Stato soldi che non bastano mai per turare le improvvise falle che vengono con sempre più frequenza allo scoperto.
Basterebbe infatti mettere in cantiere, per essere approvata, una legge che preveda l'elezione diretta del preside da parte del collegio dei docenti e del personale, così come avviene nelle università e così come avviene negli Enti locali e pure in paesi di grande civiltà come la Germania. Qui addirittura il preside, non solo è eletto dai suoi colleghi, ma la metà esatta del suo tempo scuola la trascorre in classe come docente, facendo lezione regolarmente. Considerato fra l'altro che gli alunni tedeschi nei sondaggi Ocse-Pisa sono messi meglio dei nostri, si può ben affermare che un preside elettivo non toglie nulla ai destinatari più importanti dell'azione per cui la scuola esiste. Ma non solo. Considerato ancora che l'ultimo concorso a preside è costato allo Stato circa 40 milioni di euro, che vi hanno preso parte 42mila docenti, affidati a una organizzazione (la  FormezItalia) carente e che ha provocato e continua a provocare ricorsi al Tar e contenziosi, malanimi e bufere perfino fra colleghi, che agenzie di preparazione al concorso e avvocati hanno trovato ottima mangiatoia, e che probabilmente i futuri 2.832 vincitori non troveranno nemmeno la cattedra per via proprio degli accorpamenti, disporre un nuovo ordinamento con l'elezione diretta del preside toglierebbe almeno  di mezzo tanto sfacelo economico, amministrativo e giudiziario.
Il preside elettivo inoltre durerebbe in carica un tempo limitato, contrariamente a un vincitore di concorso che è a vita, anche se quest'ultimo si scoprisse improvvisamente  autoritario e schizofrenico e anche se è fosse stato raccomandato per vincere quel posto. Una comunità educante, come la scuola, che è composta da intellettuali con tanto di laurea, saprebbe in ogni caso, meglio e più dei sindaci nei comuni, scegliersi il proprio preside con oculatezza e intelligenza, mentre una semplice indennità di funzione, proporzionata alla grandezza della istituzione, toglierebbe di mezzo i gravami economici della dirigenze e della equipollenza dei dirigenti scolastici ai dirigenti dei ministeri e degli Enti statali. Una operazione legislativa dunque semplice e di facile attuazione, ma che brucerebbe, per la felicità dell'ex ministro Calderoli, qualche centinaio di altre leggi e normative legate sia ai concorsi e sia agli accorpamenti, alle reggenze, alle dirigenze e ai poteri di cui essi godono. Una riforma della governance  della scuola che, se non è epocale, sicuramente eviterebbe le procedure concorsuali coi suoi ritardi, le lungaggini e gli inevitabili contenziosi, e che farebbe risparmiare molti soldi e tempo, e forse ridarebbe più libertà e democrazia alle scuole autonome, e sarebbero realmente autonome, della Repubblica.

 Pasquale Almirante
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