Modello aziendalista addio, è ora di cambiare. Da troppo tempo l’accesso all’insegnamento è precluso a chi ha tutti i titoli. Oggi servono profili pro
Data: Mercoledì, 21 dicembre 2011 ore 09:30:00 CET Argomento: Rassegna stampa
L’annuncio che presto
sarà bandito un concorso per il reclutamento degli insegnanti non può
che essere interpretato che come un segnale della gravità della crisi
nella quale si dibatte il nostro sistema scolastico. Dopo anni di
politica per il personale consistita solo in tagli, si prende atto dei
guasti che in tal modo si sono operati e si corre ai ripari. Certamente
c’è bisogno di procedere a un nuovo reclutamento, sia per ricostituire
una condizione di funzionalità educativa oggi gravemente compromessa,
sia per far fronte alla sostituzione degli insegnanti che saranno
collocati a riposo, anche se con qualche ritardo rispetto a quanto si
poteva ipotizzare prima delle modifiche recentemente proposte nella
disciplina del pensionamento. Da troppi anni l’accesso all’insegnamento
è precluso a quanti, pur avendo titolo a svolgere tale attività, si
trovano respinti ai margini del lavoro nelle scuole per effetto di una
riorganizzazione dell’attività didattica fondamentalmente rivolta a
contenere i costi del personale. In questi anni il problema degli
insegnanti è stato, per il governo, soprattutto una questione di
riduzione degli organici.
A tale riduzione ha corrisposto un’analoga riduzione del servizio
prestato, in termini sia di contenuti (è diminuito l’orario di
funzionamento delle scuole), sia dei modi in cui l’educazione è
organizzata e praticata, con gruppi di allievi sempre più numerosi e
con una progressiva attenuazione dell’attenzione posta al
soddisfacimento di specifiche esigenze (ad esempio degli allievi con
problemi di sviluppo mentale o difficoltà di socializzazione). La
gestione del personale da parte dei governi di destra si è ispirata a
un modello di educazione scolastica fondato su una nozione competitiva
del merito, la cosiddetta meritocrazia. Ma si è trattato solo di una
copertura ideologica. Gli interventi che hanno interessato gli
ordinamenti sono stati, infatti, del tutto scoordinati, volti com’erano
a conseguire un’astratta efficienza di sistema. È invece mancata una
visione di sistema specificamente interpretata in chiave educativa.
Alla gestione della scuola è stato malamente adattato un modello saturo
di suggestioni aziendaliste, orientato ai tempi brevi e insensibile
alle esigenze di un progetto di intervento, com’è necessariamente
quello educativo, orientato al tempo lungo. Gli insegnanti sono stati
spinti all’inseguimento di obiettivi da verificare rapidamente, senza
che siano stati presi in considerazione i problemi posti dalla
necessità di trasformare profili che dipendono dalla scuola quanto
dalle interazioni culturali che si stabiliscono sul piano sociale.
Sarebbe stato necessario approfondire, anche sul piano comparativo, i
mutamenti in atto nella domanda di educazione scolastica: ciò avrebbe
richiesto investimenti per la ricerca e per la formazione professionale
degli insegnanti, ma avrebbe consentito di rivolgere il sistema al
conseguimento di quella qualità educativa che oggi sembra tanto
difficile conseguire. Ci troviamo ora di fronte ad un reclutamento per
concorso che appare un tuffo nel passato, perché per troppi versi non
può che richiamare profili professionali che apparivano inadeguati già
in occasione della precedente tornata. È vero che nel frattempo molti
aspiranti all’insegnamento hanno seguito nuovi percorsi di studio, ma è
anche vero che preme ancora alle porte della scuola un gran numero
d’insegnanti la cui preparazione (spesso culturalmente di buon livello)
era avvenuta secondo le precedenti regole. Il fatto è che non si può
separare la questione degli insegnanti da quella più generale della
direzione che s’intende imprimere allo sviluppo del sistema. Oggi gli
elementi d’incertezza riguardano questioni centrali, come la durata
dell’istruzione obbligatoria o la distinzione al suo interno – ammesso
che abbia ancora un senso – tra livello primario e secondario. E
riguarda la stessa interpretazione della funzione educativa, a
cominciare dall’idea di utilità, individuale e sociale, a essa
sottostante. Si dovrebbe, quanto meno, nel procedere al reclutamento di
nuovo personale, avviare iniziative per promuovere, dopo anni
d’ignavia, l’elaborazione di una nuova cultura per l’educazione.
(da
l'Unità di Benedetto Vertecchi - Docente di Pedagogia di RomaTre)
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