La fatica e l’orgoglio. Voci dal cuore della scuola italiana. E se l’uscita dalla crisi fosse proprio dietro la lavagna?
Data: Domenica, 18 dicembre 2011 ore 13:17:10 CET Argomento: Rassegna stampa
Quale
futuro è possibile per la scuola italiana? Dopo la pubblicazione nello
«Speciale giovani» del 4 dicembre dell’intervento «Ma la gioia di
vivere dipende solo da noi» del professore-scrittore Alessandro
D’Avenia la casella postale della Stampa si è riempita di lettere.
Lettere piene di speranza e amarezza, disillusione e coraggio. Lettere
che testimoniano, quanto la scuola, con i suoi problemi e le sue
opportunità, sia uno dei punti di partenza per uscire dalla crisi. O
almeno per provarci. In questa pagina abbiamo deciso di pubblicare
queste lettere per continuare il dibattito. Le prime due, che trovate
qui di seguito, dimostrano la passione di due insegnanti che non hanno
mai smesso di interrogarsi e stupirsi del loro lavoro: «Carissimo
Direttore, la ringrazio della sua sollecitazione a prendere sul serio
la questione educativa...La sua ormai quotidiana sollecitazione mi sta
spingendo a domandarmi che cosa sia prioritario, oggi, per aprire lo
spazio ormai troppo limitato in cui i giovani soffocano. Costruire reti
educative? Certo! Ma c’è qualcosa che viene prima, me l’hanno fatto
capire i miei studenti con i quali sto facendo un laboratorio di
filosofia su Galileo e la rivoluzione scientifica.
Pensavo che loro volessero approfondire la questione
dell’Inquisizione, il valore della scienza, il rapporto tra scienza e
tecnica, invece con mia grande sorpresa loro sono stati colpiti da
un’immagine dell’attore Marco Paolini (che ha realizzato uno spettacolo
intitolato “Itis Galileo”, ndr), quella sul “minuto rivoluzionario” e
vogliono capire che cosa significhi questo nella loro vita. Eccolo ciò
che viene prima delle strategie di noi adulti, il cuore di ogni ragazzo
e ragazza che rivendica il diritto ad esserci con tutta la sua domanda
di novità. Questo laboratorio, che non so dove andrà a finire, ha
innanzitutto educato me, mi ha portato a guardare in faccia l’urgenza
di novità che pulsa nel cuore di ogni studente. Com’è bello insegnare
imparando! Un modo nuovo di esserci per me». Firmato Gianni Mereghetti,
insegnante.
La seconda, invece, è di Annabella Balbiano, ex insegnante volontaria
di un doposcuola: «Gentile Direttore, gli interventi di Alessandro
D’Avenia, del prof. S.B. e di tanti lettori, dilatano il cuore e fanno
sperare in un futuro migliore per la Scuola, i ragazzi, l’Italia. I
fatti, però, sono quelli che sono: fra i diplomati della Media il 30%
non sa praticamente leggere e scrivere. Perché? Sto semplificando, ma
credo che si debba parlare dei programmi della Media inferiore. Sono
troppo vasti e difficili. Così chi proviene da un ambiente famigliare
favorevole alla cultura riesce a seguire e arriva preparato alle
superiori. Chi non è aiutato dai genitori e nemmeno stimolato a
studiare, non sta al passo, a novembre della prima Media è già
perduto». Firmato .
Quello che voglio dire è che voi professori che ci mettete il cuore in
quello che fate diventate pezzi importanti nella semplice vita di
sedicenni un po’ confusi. Sembrate forti, sembrate avere mille
risposte, poi magari non le avete per voi stessi, ma a chi siede
davanti a voi le date. A distanza di due anni ricordo ancora le formule
di matematica, ma soprattutto ricordo con affetto le parole di quel
professore, parole che copiavo nei miei diari segreti, parole fatte di
fiducia, di curiosità, di interesse, di consigli. Magari un giorno
dimenticherò anche come si risolve un’equazione di secondo grado, ma
quello che quell’insegnante mi ha insegnato, a prescindere dalla
matematica, io non lo dimenticherò mai. Sarà sempre un pezzetto di me,
qualunque cosa farò da grande. Perché io non l’ho ancora capito quello
che voglio fare da grande, ma mi sto enormemente impegnando per
capirlo, anzi forse l’ho capito. Devo solo rimboccarmi le maniche.
[Frufru]
«Sono una docente precaria Sperimento il fallimento» Sono una docente
di lettere (precaria!) di un istituto professionale e vivo ogni giorno
questa realtà. Un esempio per tutti: la mia terza quest’anno è partita
con 30 alunni e da pochi giorni ha raggiunto quota 36 iscritti, tutti
reduci da ripetuti insuccessi scolastici e giunti qui all’ultima
spiaggia, sistemati in un’aula che contravviene ad ogni parametro di
edilizia scolastica; parafrasando il titolo del suo romanzo io direi
che queste sono «cose che nessuno vuol sapere». Siamo impegnati per ore
ed ore in collegi docenti che somigliano sempre di più a consigli di
amministrazione aziendali, e mai una parola o una risorsa vengono spese
per quello che a mio avviso è il cuore della questione. Ogni giorno
sperimento un forte senso di fallimento per un tempo che avverto
sprecato e sterile, che non semina e non raccoglie nulla e soprattutto
un dispiacere profondo per quelli che comunque restano i miei ragazzi.
Ciò che in molte giornate mi salva è lo sguardo intenso e sincero di
qualche ragazzo che sembra aver colto non tanto il significato della
mia lezione (quando riesco a farla), ma il desiderio che ho di riuscire
in qualche modo a raggiungerli.
[Matilde]
Il mondo dell’educazione è una «cosa del cuore» Sono formatrice di un
Ente di formazione di Torino e insegno inglese. Mi permetto, in punta
di piedi e senza volermi arrogare il diritto di fare un’analisi
sociale, di esprimere un pensiero che ormai da parecchi anni vivo
fortemente e cioè che il mondo dell’educazione è «cosa del cuore». Don
Bosco l’aveva già intuito nell’Ottocento e nonostante siano passati
parecchi anni è così sorprendentemente attuale questo pensiero. Lavoro
con allievi che spesso hanno perso la consapevolezza di ciò che sono in
grado di fare, sapere e soprattutto hanno smesso di sognare. Sono
cinicamente realistici e non si fidano più del mondo degli adulti che
tanto li giudica e studia ma poco li accompagna ed abbraccia! Lavorare
con le persone e soprattutto con le persone in crescita è sempre una
sfida e i segni che rimangono in loro saranno visibili, forse, in
futuro, nei loro gesti e scelte. Non possiamo esimerci dal creare una
relazione con gli adolescenti ancor prima di qualunque altra cosa.
Costruire un dialogo in cui ci si parla e ci si ascolta, in cui ci si
rispetta e si dà fiducia prima ancora di chiederla. Questo è ciò che
sento tutte le mattine quando varco la porta dell’aula e, con più o
meno fatica, provo a metterlo in pratica! Davanti a me ho persone! È
questo che mi motiva e mi sprona!
[Simona Del Mastro]
«Certi insegnanti purtroppo sono più superficiali degli alunni» Ho 2
figli una di 20 e uno di 16. Ho sempre parlato bene dei Prof! Però ne
ho veramente viste troppe. Devo però ammettere che a volte i Prof non
hanno i mezzi per educare, a volte dimenticano l’amore per l’educazione
da qualche parte... Capisco anche che ci siano ragazzi difficili da
educare, genitori che non ascoltano, ragazzi che si perdono per
strada... La mia esperienza di madre, mi ha portato a vedere tanta
maleducazione nei ragazzi. Però ho visto anche che tanti ragazzi non
vengono ascoltati. Ho visto prof superficiali
(da
La Stampa)
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