12 dicembre 1969. Piazza Fontana: 42 anni e nessun colpevole
Data: Lunedì, 12 dicembre 2011 ore 15:00:48 CET Argomento: Eventi
Dodici
dicembre 1969, ore 16 e 37, quarantadue anni fa. Un ordigno contenente
sette chili di tritolo esplode alle nella sede della Banca Nazionale
dell’Agricoltura, in piazza Fontana, a Milano. Il bilancio delle
vittime è di 16 morti e 87 feriti. Una seconda bomba viene poi
rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale
Italiana, in piazza della
Scala.
Una terza bomba esplose a Roma alle 16 e 55 dello stesso giorno
nel passaggio sotterraneo tra via Veneto e via di San Basilio della
Banca Nazionale del Lavoro, ferendo tredici persone. Altre due bombe
esplodono a Roma tra le 17 e 20 e le 17 e 30 facendo quattro feriti.
Cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, in un
lasso di tempo di soli 53 minuti. La strategia della tensione inizia
quel giorno, con quella carneficina, una strage ancora oggi impunita.
La lunghissima vicenda giudiziaria sulla strage di Piazza Fontana,
infatti, non poterà ad alcuna conclusione. Nei giorni successivi
all'attentato, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici,
militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di
destra. Il primo ad essere convocato è però il ferroviere anarchico
Giuseppe Pinelli. Dopo tre giorni di interrogatorio condotti dal
commissario Luigi Calabresi non gli viene contestata nessuna
imputazione, ma Pinelli muore precipitando dalla finestra della
Questura. La versione ufficiale parla di suicidio, eppure i quattro
poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella
stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere,
saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo.
Il giorno dopo, viene arrestato anche Pietro Valpreda appartenente al
gruppo 22 Marzo. Viene accusato di essere l’esecutore materiale della
strage. La conferma delle accuse è data da un tassista che racconta di
averlo portato sul luogo della strage e da Mario Merlino anch’egli
militante nel gruppo, che però si scoprirà poi essere un neofascista
infiltrato dai servizi segreti.
I primi neofascisti ad essere individuati come coinvolti nell’attentato
sono Franco Freda e Giovanni Ventura. Adesso la pista che si segue è
quella nera, e l’indagine coinvolge nuovi personaggi come Guido
Giannettini appartenente al Sid esperto e studioso di tecniche
militari.
Nel 1972 inizia a Roma il primo processo, che vede come principali
imputati Valpreda e Merlino. Il processo verrà poi trasferito a Milano
per incompetenza territoriale ed infine a Catanzaro per motivi di
ordine pubblico. Dalle indagini emerge sempre più chiaramente un
collegamento fra Servizi segreti e movimenti di estrema destra, ma il
29 dicembre 1972 Pietro Valpreda torna libero, grazie a una legge che
prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i
reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura. Il processo riprende
a Catanzaro ma dopo trenta giorni ci sarà una nuova interruzione per il
coinvolgimento di due nuovi imputati: Freda e Ventura.
Al terzo processo sono imputati sia gli anarchici che i neofascisti.
Anche questo procedimento viene interrotto, dopo un anno, per
l’incriminazione di Giannettini. A Catanzaro, il 13 dicembre 1984
inizia il quinto processo che vede come imputati sempre Valpreda,
Merlino, Freda e Ventura. Tutti assolti. La sentenza è confermata dalla
Cassazione.
Nel 1987, al sesto processo gli imputati sono i neofascisti Fachini e
Delle Chiaie, ma entrambi vengono assolti per non aver commesso il
fatto. Eppure non finisce qui. Perché nel 1990 le indagini vengono
riaperte dal Pm Salvini e subiscono una svolta decisiva. Delfo Zorzi,
capo operativo della cellula veneta di ordine Nuovo, per sua stessa
ammissione, è l'esecutore materiale della strage. Zorzi dopo
l’attentato ripara in Giappone dove tuttora vive protetto dal governo
nipponico che ha sempre rifiutato di concedere l’estradizione.
E' poi del luglio del 1991 la sentenza di assoluzione per Fachini e
Delle Chiaie, che viene confermata dalla Corte d’assise d’appello di
Catanzaro. L'11 aprile 1995, il giudice istruttore rinvia a giudizio
Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Paolo Signorelli, Sergio Calore, Carlo
Digilio e Ettore Malcangi e trasmette a Roma gli atti riguardanti Licio
Gelli per il reato di cospirazione politica per il quale, comunque, non
si potrà procedere perché il gran maestro della Loggia P2 non ha avuto
l'estradizione dalla Svizzera per questo reato. Il 17 maggio 1995 viene
arrestato anche l'ex agente della Cia Sergio Minetto.
Il 21 maggio 1998, la Procura di Milano chiude l'inchiesta sulla strage
e deposita la richiesta di rinvio a giudizio per otto persone. Il 16
febbraio 2000 comincia in seconda sezione della Corte d'Assise di
Milano il nuovo processo alla fine del quale la Corte condanna
all'ergastolo Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni.
Nell'ottobre 2003, a Milano comincia il processo presso la Corte
d'assise d'appello. Al termine della requisitoria, il sostituto
procuratore generale Laura Bertolè Viale chiede la conferma della
sentenza di primo grado. Il 12 marzo 2004, arriva però l'assoluzione
per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, i tre imputati
principali della strage, per non aver commesso il fatto. Il 21 aprile
2005 c'è un uovo processo. La causa approda in Cassazione la vicenda
giudiziaria che chiude definitivamente la vicenda giudiziaria
confermando le assoluzioni di Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e
Giancarlo Rognoni.
Oggi, in occasione del 42esimo anniversario, il presidente
dell’associazione delle vittime della strage di piazza Fontana ha
consegnato al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, i documenti
digitalizzati del processo. “In questo modo abbiamo salvato gli atti
dal degrado e al tempo stesso li abbiamo resi disponibili a tutti, dai
ricercatori agli studenti” spiegano dall’associazione-portale “La rete
degli archivi per non dimenticare”, che mette a disposizione
informazioni, documenti, materiali relativi alla memoria della mafia e
degli anni del terrorismo italiano. La digitalizzazione è stata
realizzata grazie al lavoro, regolarmente retribuito, della cooperativa
Labor, composta dai detenuti del carcere di Cremona, che hanno seguito
una speciale formazione proprio per la dematerializzazione dei
documenti.
Tutti gli atti del processo sono disponibil all'indirizzo:
http://www.memoria.san.beniculturali.it/web/memoria/home
(da http://www.rassegna.it)
redazione@aetnanet.org
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