Tirocini a rischio. Il dossier Tfa sul tavolo di Profumo
Data: Lunedì, 12 dicembre 2011 ore 08:11:28 CET
Argomento: Rassegna stampa


Tfa, tutto da rifare. Il debutto dei tirocini formativi attivi, tassello indispensabile per il percorso di abilitazione dei futuri docenti - previsto per l'anno accademico 2011-2012 (ormai in corso da mesi) - è ancora avvolto nella nebbia: non si sa quando partiranno, come sarà la prova di selezione, quanti i posti disponibili e come si divideranno fra gli atenei.
Un primo freno al decollo sta nel contenuto della prova - dettagliato da un decreto ministeriale firmato in extremis l'11 novembre scorso da Mariastella Gelmini - rimesso in discussione formalmente, per "motivi tecnici" (mancano ancora le firme dei ministri del Tesoro e della Funzione pubblica). In realtà, perché il nuovo ministro Francesco Profumo ha voluto vederci chiaro per evitare di dare il via libera ad atti che - a concorsi fermi dagli anni 90 - potrebbero aprire le porte a nuovo precariato nella scuola. Nelle graduatorie a esaurimento sono infatti "parcheggiati" oltre 200mila precari "storici". E altri 20mila abilitati sono fuori e premono per entrarci.                           
Al "nuovo" tavolo si siederanno stavolta pure i sindacati, che in una lettera unitaria hanno già fatto pervenire al ministro alcune "correzioni", a partire dalla definizione (chiara) dei costi a carico dei partecipanti e sulla (concreta) spendibilità delle abilitazioni acquisite tramite i Tfa.
La Gelmini aveva infatti predisposto il via libera a circa 23mila posti (comprese le lauree magistrali di primo grado), che in buona sostanza accontentavano le richieste degli atenei, disponibili ad attivarne oltre 26mila, ma ben oltre il fabbisogno stimato dai tecnici di via Trastevere in poco meno di 13mila. Una disponibilità particolarmente "gonfiata" per i Tfa abilitanti all'insegnamento nelle scuole secondarie di II grado: rispetto a un fabbisogno di 5.659 posti ne sarebbero stati autorizzati circa il triplo. Ora il dossier è sul tavolo di Francesco Profumo, chiamato a risolvere il rebus che vede contrapposti i giovani laureati che aspettano da quasi quattro anni (dopo la chiusura delle Ssis nel 2008) di trovare una strada per l'abilitazione e i tanti precari in attesa dell'immissione in ruolo.
Una situazione, nei fatti, resa ancora più complicata dalle manovre di quest'estate e dal decreto "salva-Italia" che, per un verso hanno bloccato gli organici, permettendo nuove assunzioni solo in base al turnover, e dall'altro hanno allungato l'età pensionabile, assorbendo le finestre mobili e cancellando l'uscita anticipata con 40 anni di contributi, oltre a creare un meccanismo per disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia. Un mix di misure che potrebbe sfasare il calendario delle uscite e quindi ridurre il numero di posti per le immissioni in ruolo. Di qui la soluzione avanzata da Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, di «consentire l'attivazione dei Tfa congiuntamente a un nuovo quadro per il reclutamento dei docenti», che dovrà mantenere il "doppio canale" (50% dalle graduatorie, 50% attraverso i bandi di concorsi a partire da dove le graduatorie sono esaurite): «Si potrebbe pensare a concorsi regionali a cui si può accedere da tutt'Italia e mantenendo poi l'impegno a restare nella regione prescelta per più anni. Si eviterebbe così l'assunzione diretta da parte delle scuole che, anche costituzionalmente, non ha alcuna ragion d'essere».
Le università intanto aspettano il via libera del ministero e si stanno attrezzando per predisporre le prove di ammissione, che dovrebbero consistere in un test unico a livello nazionale (fissato dal Miur), in una prova scritta e in un colloquio orale (vedi scheda a lato). «L'iter procede con estrema lentezza - lamenta Giuliana Albini, preside della facoltà di lettere all'Università Statale di Milano - e la preoccupazione di poter partire entro l'anno accademico è forte: i tirocini devono svolgersi in buona parte nelle scuole, con cui non possiamo concludere gli accordi prima di avere certezze sui numeri». Stesso timore da parte di Elisabetta Nigris del dipartimento di Scienze umane per la formazione dell'Università Bicocca: «Anche la correzione dei test richiede un tempo minimo e poi è necessario individuare scuole, insegnanti tutor e fissare sistemi di monitoraggio». All'impianto mancano ancora diversi tasselli e difficilmente si riuscirà a partire entro la fine di gennaio, come ipotizzato un mese fa dal Miur. «Da parte nostra - conclude Albini - c'è la massima disponibilità per accelerare i tempi. Attenzione, però, che la fretta non porti a commettere errori nella regolamentazione di quello che dovrà essere il sistema di abiltazione dei docenti per i prossimi decenni».        (da Il Sole 24 Ore di Francesca Barbieri)

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