Flc-Cgil: manovra pesante e silenzio sulla conoscenza. Passera: mortificante e vergognoso perdere finanziamenti Ue per il Sud
Data: Venerdì, 09 dicembre 2011 ore 17:47:30 CET Argomento: Rassegna stampa
I fardelli dei sacrifici
Il 4 dicembre il governo ha licenziato la manovra finanziaria di 30
miliardi di euro (correzione lorda 20+10 per interventi a favore della
crescita) che vanno ad aggiungersi ai circa 200 miliardi delle manovre
varate dal precedente esecutivo. È una manovra fortemente iniqua e
molto debole sul versante della crescita. Infatti, le politiche della
crescita non possono agire solo sul versante del potenziamento
dell'offerta da parte delle imprese. Se si riducono salari e pensioni
si deprime la domanda interna e si rischia di perdere altra
occupazione. Non si intravede alcun segnale d'effettivo cambiamento in
direzione di una maggiore giustizia sociale, anzi si prosegue con le
politiche neoliberiste che hanno causato la crisi globale.
Si apre una fase di sacrifici
durissimi, pesanti fardelli che ricadranno sulle spalle dei lavoratori
dipendenti, dei pensionati, delle famiglie e dei giovani. (da
Flc-Cgil)
Aumentare, immediatamente e senza alcuna gradualità, l'età
pensionabile per tutti senza fare distinzioni tra i tipi di lavoro,
bloccare la rivalutazione delle pensioni al di sopra dei 935 euro
mensili (un fatto che chiede giustizia) significa ancora una volta
mettere sotto pressione quelle fasce sociali che finora sono state le
più penalizzate dalla furia ideologica e classista del precedente
governo. Peraltro ritardare il pensionamento in una situazione in cui
cresce la disoccupazione significa rendere ancora più difficile per le
nuove generazioni entrare nel mercato del lavoro. Innalzare, infine, le
tasse riducendo il reddito disponibile delle persone attraverso
l'aumento dell'Iva (un costo per i consumatori) e del prezzo della
benzina finisce per pesare sulle fasce sociali più esposte
all'impoverimento derivante dalla crisi.
Tutto ciò cade in un contesto di
elevato stress fiscale (51%) che nel nostro Paese è già al di sopra
della media OCSE (33,7%), con il prelievo per oltre l'80% concentrato
su lavoratori dipendenti e pensionati, categorie che assolvono
puntualmente quest'obbligo.
La stessa mano pesante invece non è stata usata per colpire gli evasori fiscali (i capitali scudati
pagano solo l'1,5% in più) o per ridurre i costi della politica,
misura chiesta a gran voce da parte di tutti i cittadini. Ad esempio si
cancellano le giunte provinciali, ma restano in piedi i Consigli
provinciali la cui utilità per i cittadini è vicino allo zero. Si
poteva fare molto di più imponendo ai parlamentari di rinunciare, come
hanno fatto i ministri, al cumulo di più trattamenti economici a carico
dello Stato.
Molto poco si è fatto per tassare i grandi patrimoni, ai quali si
poteva e si doveva chiedere di contribuire in maniera proporzionale e
ragionevole al pareggio di bilancio. Si
possono tagliare 18 miliardi per l'acquisto dei cacciabombardiere F35 e
mettere all'asta le frequenze televisive. Si potevano cancellare opere
infrastrutturali inutili e mettere a punto un piano per la messa in
sicurezza delle scuole, per costruire nuovi edifici e per interventi di
risanamento ambientale.
Tutto questo sarebbe stato ragionevole e soprattutto equo. Ci
aspettavamo di fare ulteriori sacrifici vista la serietà del momento,
ma avevamo sperato in una maggiore eguaglianza, in misure capaci di
aprire un circolo virtuoso fatto di rigore, crescita e sviluppo.
Al mondo del lavoro si potevano dare
alcuni segnali positivi, anche a costo zero, cancellando le misure
ideologiche introdotte dal precedente esecutivo. Vedi ad esempio l'art.
8 della finanziaria di agosto sulla contrattazione aziendale e le norme
Brunetta che, lungi dal migliorare la qualità dei servizi pubblici,
hanno reso tutto più farraginoso sul piano burocratico, facendo
aumentare i costi e le inefficienze della pubblica amministrazione e la
conflittualità nei posti di lavoro.
L'assurdo
silenzio sulla formazione
La più grande delusione arriva dal silenzio riservato ai nostri
settori. Al sistema formativo del
Paese non è stata dedicata nessuna attenzione. Tutti ormai sono
concordi nel ritenere che investire in formazione e ricerca serve per
favorire la crescita e lo sviluppo. In particolare l'istruzione è un
settore strategico che fa da cerniera tra i diritti delle persone e lo
sviluppo economico e democratico del Paese. Sarebbero stati sufficienti
piccoli segnali per dare senso e consistenza alle parole del Presidente
Monti sull'importanza che lo studio ha per dare una prospettiva, un
orizzonte politico nuovo alle future generazioni e all'affermazione del
presidente di Banca Italia che investire in capitale umano produce più
ricchezza per gli individui e per la collettività. Invece dobbiamo
constatare con amarezza che i nostri settori con questa manovra, se non
sarà modificata, si troveranno ancora più in difficoltà rispetto al
passato.
Ad esempio l'aumento generalizzato dei
costi di beni e servizi e dell'IVA dal 10 al 12% (regime agevolato) e
dal 21% al 23% non sono certo notizie esaltanti per le casse esangui di
scuola, università, enti di ricerca. L'aumento dell'IVA determinerà in
molti istituti la riduzione degli approvvigionamenti per le
esercitazioni di laboratorio. Ne sono un esempio gli Istituti
Alberghieri che giornalmente devono acquistare i prodotti alimentari.
Dati preoccupanti che si inseriscono in un contesto fortemente
compromesso dalle politiche neo liberiste degli ultimi anni che hanno
abbassato dello 0,50% la media della spesa per l'istruzione e la
ricerca in rapporto al Pil che è tra i più bassi nei paesi OCSE (4,5%
contro una media del 6,1%). Pertanto non è condivisibile l'idea di chi
pensa che per ridare centralità ai settori della conoscenza non siano
necessari investimenti, anzi si può ancora tagliare.
Le conseguenze di queste politiche sull'istruzione sono disastrose
specie se si considera che con la crisi sono in aumento le famiglie a
rischio povertà che, secondo il Rapporto Svimet 2011, in alcune zone
del sud del Paese sfiorano il 40 % della popolazione.
Il peggioramento delle condizioni economiche e sociali fa diminuire la
percentuale degli studenti che passa dal primo al secondo ciclo di
istruzione (nel 2003 era del 63% mentre nel 2009 è sceso al 54%) e
degli accessi all'università, perché le famiglie meno abbienti non sono
più in grado di sostenere i costi dell'istruzione e l'aumento delle
rette universitarie.
Inoltre, l'irrigidimento del sistema pensionistico avrà un effetto di
riverbero sul turn over sbarrando la strada al rinnovamento nei nostri
settori che invece avrebbero bisogno di risorse giovani per favorire il
diritto allo studio e di cambiamenti e innovazioni in campo didattico,
organizzativo e di ricerca.
L'effetto combinato tra aumento
dell'età pensionabile, limitazione del turn over, legge Brunetta e
riduzione delle risorse rende impossibile le stabilizzazioni dei
precari e il reclutamento nei comparti di università, ricerca e Afam.
Impedire ad
esempio di andare in pensione ai nati del 1952, bloccati da anni già
dalle precedenti riforme, pur avendo anzianità molto alte dai 36 anni
fino ad arrivare in molti casi a 40, non solo nega a questi lavoratori
di percepire il meritato trattamento pensionistico che a volte, per la
differenza di nascita di pochi giorni (ad esempio i nati nel gennaio),
determina iniquità rispetto a chi è uscito dal 1° settembre 2011 con
minori anzianità, ma ha effetti negativi sulla programmazione delle
immissioni in ruolo per il 2012 e 2013 (20.000 docenti e 7.000 ATA per
anno) legate al turn over.
Il settore della scuola aveva già
pagato la crisi con oltre 130.000 tagli di posti di lavoro, blocco
degli stipendi con il congelamento degli scatti e del contratto,
riduzione dei finanziamenti per il funzionamento delle scuole. Esse
aumenteranno, loro malgrado, il contributo a carico delle famiglie se
vorranno mantenere l'attuale livello qualitativo, altrimenti gli
studenti non avranno la preparazione necessaria per l'inserimento
nell'ambito lavorativo.
L'innalzamento dell'anzianità ai fini
pensionistici, da 41 anni a 43, con l'aggiunta di decurtazioni se si va
in pensione prima dell'età prevista, rende in molti casi inefficace il
servizio militare e il riscatto della laurea che molti lavoratori di
scuola, università e ricerca hanno pagato facendo sacrifici:
l'annunciato provvedimento del precedente esecutivo, rientrato nel giro
di poche ore grazie alle numerose proteste, rientra in modo mascherato
nell'attuale manovra.
Per il personale femminile di fatto
vengono annullati i benefici di riconoscimenti importanti come i
periodi di maternità fuori dal rapporto di lavoro o i riscatti pagati
profumatamente dei periodi di astensione facoltativa per la cura dei
figli. A nulla valgono le lacrime del Ministro Fornero: chi risarcirà
queste donne che dovranno continuare a lavorare ancora per tanti anni
garantendo l'assistenza agli anziani bisognosi di cure, ai quali si
nega anche la perequazione della pensione perché superano di pochi
centesimi i 935 euro lordi di pensione al mese? Già le percentuali di
perequazione erano una miseria per il 2011, lo 0,70% al mese, e non
coprivano certo l'aumento del costo della vita (inflazione al 3,8%).
Se a questo aggiungiamo l'introduzione dell'I.M.U. (vecchia ICI)
sull'abitazione principale, di per sé forse abbastanza sopportabile, e
la rivalutazione del 60% delle rendite catastali, magari su immobili
gravati da pesanti mutui ipotecari, la tassazione sui redditi delle
persone diventa un vero salasso.
La necessità dello sciopero e l'opposizione della FLC
Comprendiamo che la situazione è difficile ma pretendiamo criteri di
equità, gradualità, giustizia sociale: questi provvedimenti non
rispettano niente di tutto questo. Si annulla perfino il riconoscimento
delle infermità dipendenti da causa di servizio, dell'equo indennizzo
(per la verità una miseria a fronte di pratiche lunghe e complicate) e
delle pensioni privilegiate per tutti i pubblici dipendenti escluso
militari e forze di polizia. Ma con l'allungamento dell'età e
dell'anzianità pensionabile, aumenteranno invece le infermità
dipendenti da causa di servizio oppure gli incidenti in itinere o altri
infortuni che nei nostri settori non sempre l'INAIL riconosce. In
questi casi la procedura della causa di servizio garantiva un minimo di
risarcimento e di riconoscimento; da ora in poi mancherà anche questa
tutela.
La FLC CGIL naturalmente si opporrà con tutte le sue forze per ottenere
significativi cambiamenti della manovra durante l'iter parlamentare. La
mobilitazione e gli scioperi (12 dicembre nei settori privati, 19
dicembre nei settori pubblici) indetti da Cgil, Cisl e Uil è la
risposta immediata per dare voce al mondo del lavoro, ai pensionati e
ai giovani, i più tartassati dalla durezza di questi provvedimenti.
Chiediamo modifiche radicali: rigore e crescita sì, ingiustizie no.
SUD: PASSERA, MORTIFICANTE E VERGOGNOSO PERDERE FINANZIAMENTI UE
(AGI) - Roma, 9
dic. - "Entro l'anno rischiamo di perdere una quantita' di miliardi
pazzesca: e' mortificante e vergognoso".
E'
quanto ha affermato il ministro dello sviluppo economico Corrado
Passera in merito al rischio che vadano persi i finanziamenti
comunitari per le regioni meridionali. Nonostante l'impegno del governo
"sara' difficile - ha avvisato Passera - savlare tutte queste risorse".
"Il governo - ha ricordato - ha gia' messo in campo risorse di
cofinanziamento per "raccattare tutto cio' che e' recuperabile e
destinarlo a tre settori: ferrovie, digital divide e scuola". (AGI)
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