Le direttive Europee e le sentenze della Corte di Giustizia Europea sono cogenti anche per lo Stato Italiano
Data: Giovedì, 08 dicembre 2011 ore 15:01:08 CET
Argomento: Opinioni


Nel commentare nel precedente articolo l’ordinanza del Consiglio di Stato  n. 5358 del 07-12-2011 che  rigetta l’appello dell’amministrazione del MIUR avverso l’Ordinanza del Tar Lazio che aveva accolto la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati concernenti le esclusioni dal concorso a dirigenti scolastici, i magistrati hanno fatto esplicito riferimento alla normativa Europea e in particolare alla sentenza dell’8.9.2011 (Sez. II Corte di Giustizia CE) nella parte in cui nell’interpretare apposita clausola (n.4) contenuta in accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ha ritenuto che i periodi di servizio prestati da un dipendente pubblico temporaneo (cioè in posizione non di ruolo) devono essere presi in considerazione in favore dello stesso dipendente divenuto nel frattempo dipendente di ruolo ai fini dell’accesso a promozioni.
Per il Consiglio di Stato l’appello non appare presentare profili di fumus boni iuris siffattamente evidenti da indurre all’accoglimento della domanda cautelare, ferma la necessità dell’approfondimento nel merito della ragionevolezza di quanto prescritto dall’art. 1, comma 618, della legge n. 296 del 2006 in relazione alla fattispecie disciplinata.
E’ esclusa in tal modo anche dalla giurisprudenza Italiana  una differenziazione con i servizi di ruolo a vantaggio dei dipendenti che hanno espletato dei servizi non di ruolo; tutte le norme in contrasto seppur non esplicitamente abrogate cessano di avere effetti giuridici.
Se tale evidenza giuridica non verrà assimilata dalla burocrazia ministeriale italiana ciò sarà ancora la causa di ulteriori sconfitte davanti ai giudici e ai tribunali.
Richiamiamo i motivi addotti dalla Corte (Seconda Sezione) Europea a suffragio:
1)      Il principio di non discriminazione in base all’età sancito all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e concretizzato dalla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e, più in particolare, gli artt. 2 e 6, n. 1, di detta direttiva devono essere interpretati nel senso che ostano a una misura prevista da un contratto collettivo, come quella oggetto delle cause principali, a termini della quale, nell’ambito di ciascun grado, il livello di retribuzione di base di un agente contrattuale del settore pubblico è determinato, al momento dell’assunzione di tale agente, in funzione della sua età. Al riguardo, il fatto che il diritto dell’Unione osti a tale misura e che quest’ultima sia compresa in un contratto collettivo non pregiudica il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi riconosciuto all’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
2)      Gli artt. 2 e 6, n. 1, della direttiva 2000/78 nonché l’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura prevista da un contratto collettivo, come quella oggetto della causa principale C‑297/10, che sostituisce un regime di retribuzione che comporta una discriminazione in base all’età con un regime di retribuzione fondato su criteri oggettivi, mantenendo al contempo, per un periodo transitorio e limitato nel tempo, taluni effetti discriminatori del primo dei due regimi allo scopo di garantire agli agenti in servizio il passaggio a quello nuovo senza che debbano subire una riduzione del reddito.
 In allegato il testo della sentenza che potrà essere invocata in qualsiasi giudizio equipollente
Salvatore Indelicato


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