Il ministro Profumo alla sua prima uscita
Data: Giovedì, 08 dicembre 2011 ore 11:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Nella sua
prima apparizione pubblica (convegno ANP a Fiuggi, dei giorni scorsi),
il neo Ministro Profumo ha presentato alcuni orientamenti sulle
questioni di politica scolastica che risulteranno probabilmente
centrali nella sua azione ministeriale. E questo, ovviamente, se il
governo riuscirà a superare i giudizi - finora in gran parte
problematici - del Parlamento e dei sindacati e ad arrivare a fine
legislatura (Come probabilmente, sarebbe auspicabile, se si guarda allo
sfascio degli ultimi tre anni del governo Berlusconi e ai problemi
economico-finanziari che il Paese, con l’Europa, si troverà ad
affrontare).
Prima di considerare alcuni aspetti del discorso che più anticipano le
linee programmatiche del Ministro, vale la pena rimarcare due passaggi
che attengono, sì, a questioni di cornice, ma il cui richiamo
probabilmente esprime una preoccupazione significativa e speriamo
preluda ad un impegno nel
merito.
Mi sto riferendo a quella parte dell’intervento dove viene sottolineata
la “relazione diretta tra i risultati del rapporto OCSE - PISA
sugli apprendimenti e il livello del PIL, quale emerge da
numerose indagini internazionali”, e tra “qualità
degli apprendimenti, (…) mobilità sociale e ricchezza individuale”. E
dove si coglie visibilmente il riferimento al dato molto pesante del
rapporto PIL / investimenti nel settore scuola nel nostro paese - che è
tra i più bassi nei paesi OCSE (4,8% contro una media del 6,1%) - e al
fenomeno di “immobilità sociale” che ci caratterizza. ormai da diversi
lustri, e che è anche il portato di un sistema di istruzione e
formazione a vari livelli bloccato e inefficace.
Ma le considerazioni che forse prefigurano successive linee
programmatiche mi sembrano essere le seguenti:
Una prima, che coglie una esigenza abbastanza diffusa nelle
scuole, suona testualemnete così: “In questa fase, non abbiamo
bisogno di scrivere sulla carta nuove riforme, né dobbiamo
intraprendere opere di ingegneria istituzionale”; c’è bisogno piuttosto
di “obiettivi chiari, risorse certe, monitoraggio continuo”, che
facciano leva anche sulle “responsabilità” delle scuole autonome.
Parole assolutamente condivisibili, anche se va osservato in
proposito che occorre di certo evitare di “scrivere sulla
carta” nuove riforme (anche perché non ci sarebbe tempo), ma che
sarebbe comunque più che auspicabile che venissero messe in agenda
misure di accompagnamento e di sostegno sugli aspetti innovativi e
migliorativi dei nuovi ordinamenti, soprattutto del secondo ciclo. Non
possono bastare, al riguardo, le Linee guida o le Indicazioni
nazionali. Bisognerà pur mettere le scuole nelle condizioni di tradurle
positivamente nella pratica didattica, attraverso strumenti appropriati
(formazione, socializzazione delle pratiche più significative, supporti
metodologici, ambienti adeguati, riconoscimenti). Purtroppo è cultura
diffusa di questo nostro strano paese che le innovazioni basti
inserirle in provvedimenti legislativi; la costruzione delle condizioni
di fattibilità e la rimozione di quanto è di impedimento a soluzioni
operative più condivise, sono invece generalmente viste come optional.
Speriamo di registrare in proposito una inversione di tendenza.
La seconda considerazione riguarda l’autonomia. A proposito della quale
viene rimarcato, nell’intervento, l’orientamento a superare
“logiche e pratiche dirigistiche da parte del MIUR”. E’ un
buon segnale. Vedremo. Troppe cose storte si sono verificate al
riguardo dai tempi della Moratti fino alla gestione Gelmini, certamente
la più disastrosa.
Una terza considerazione riguarda la governance interna alle scuole;
governance che – dice il ministro – “non identifichi come unici
soggetti i dirigenti scolastici e il collegio dei docenti, ma che
consenta di individuare e promuovere altre articolazioni
dell’organizzazione del lavoro”.
E’ questo un tema che riveste particolare importanza in questo periodo
in cui le delicate questioni del dimensionameto (su parametri molto più
elevati rispetto al passato) pongono problemi nuovi, e non più
rinviabili, di riorganizzazione delle nuove istituzioni autonome e di
governace complessiva delle scuole. Non so se il ministro pensa a forme
di “middle management”, da garantire attraverso riconoscimenti e
investiture formali per figure e organi professionali chiamati a
compiti di responsabilità; figure e organi che consentano al DS
di focalizzare la sua leadership sulla qualità e lo sviluppo della
scuola come servizio e sulla unitarietà di gestione. Comunque, c’è,
nelle nostre scuole, la necessità di ripensare e rivitalizzare le
figure dei collaboratori del DS e le funzioni strumentali,
anche per dare gambe ai dipartimenti che i nuovi ordinamenti
enfatizzano, senza però esplicitarne forme e strumenti.
Da sottolineare anche il richiamo, all’interno del discorso
dell’autonomia scolastica, ai processi di verifica dei livelli di
apprendimento, all’“autovalutazione delle scuole, ma anche alla
valutazione esterna”. Ad essi, sembra di capire, si assegna il compito
di consentire al ministero e alle scuole “di riflettere sulla
reale efficacia del lavoro scolastico”. Sostanzialmente pare di
cogliere un approccio soft alla questione e comunque lontano da
quello, conflittuale e polemico, che si coglieva nelle posizioni della
Gelmini e di Brunetta.
C’è ovviamente dell’altro, anche se l’intervento, almeno dalla lettura,
è, nell’insieme, piuttosto sobrio e contenuto.
C’è un accenno alle modalità di finanziamento delle scuole - che
“assicurino sin dall’inizio dell’anno risorse certe, tendenzialmente
senza vincoli di destinazione” - e alle forme di reclutamento. A
quest’ultimo proposito, l’assicurazione, certamente non nuova, è che le
soluzioni al riguardo “garantiscano procedure snelle, trasparenti e
definite, per permettere una immissione periodica certa, e dare
opportunità concrete ai docenti che escono dai nuovi percorsi di
formazione universitaria, senza creare nuovo precariato”.
Ai precari di oggi non ci sono accenni. Una omissione, non
l’unica ovviamente, che sarebbe grave se non la si rapportasse al fatto
che il nuovo ministro è in carica da meno di 20 giorni e che altre, in
questo momento, sono le priorità collegiali del nuovo governo.
Così il Mnistro alla sua prima uscita.
E Il mondo della scuola della scuola? Liberato di una presenza
inadeguata e rovinosa a capo del Ministero, è nella necessità - e forse
anche nella condizione - di recuperare un suo ruolo positivo e
propositivo: dar voce nuova al bisogno di una diversa e più profonda
consapevolezza del disagio di docenti e studenti, sviluppare
consapevolezza dei livelli di incultura diffusa tra i nostri giovani:
soprattutto sul frontre delle competenze chiave di cittadinanza che
tardano a trovare spazio nelle nostre aule. Consapevolezza – son
sufficientemente diffusa - che la democrazia degli incolti e degli
incompetenti porta un paese verso un sicuro declino, nel quale
soprattutto i deboli sono destinati a soccombere.
Su questi temi - e altri - sono già usciti due primi tempestivi
documenti, diversi tra di loro – ma non poteva essere altrimenti - di
indicazioni e proposte, precedenti a questo primo discorso del
Ministro: quello dell’ANDIS che propone all’attenzione del nuovo
ministro sette idee / proposte per ridare slancio alla scuola pubblica
e quello della FLC-cgil che, con toni tranquilli e propositivi,
dice la sua sulle priorità di questa fase per il mondo della scuola.
C’è da augurarsi che anche altre voci, altrettanto realistiche, chiare
ed aperte, si aggiungano a queste. C’è urgente bisogno di un
nuovo protagonismo del pianeta scuola.
(da ScuolaOggi di Antonio Valentino)
redazione@aetnanet.org
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