I tagli hanno distrutto le medie. Persi 100 mila docenti in 30 anni, ora ci sono i più vecchi. E' l'anello più debole, ha bisogno di risorse e docenti ad hoc
Data: Martedì, 29 novembre 2011 ore 08:07:41 CET Argomento: Rassegna stampa
É l'anello più delicato
del sistema d'istruzione e che la politica ha trattato peggio negli
ultimi decenni, la scuola media. Ed è da lì che si deve ripartire. Con
buon tempismo rispetto all'insediamento del nuovo ministro
dell'istruzione, Francesco Profumo, la Fondazione Agnelli presenta oggi
a Roma un nuovo rapporto sulla scuola 2011 tutto dedicato alla scuola
media.
Vittima dei tagli, a risorse e personale, ma anche di mancate politiche
di riordino. Il rapporto, elaborato in base ai dati Timss, evidenzia
come l'Italia sia il paese con il calo degli apprendimenti più netto
tra elementari e medie. Se in Norvegia c'è un tasso di crescita di 18
punti su 500 per la matematica, per esempio, l'Italia su ne perde 23.
EW non va meglio in scienze, dove ne perde 21. É insomma in questo
segmento che si creano quei deficit di apprendimento che poi
diventeranno decisivi alle superiori, segnando il destino di molti
ragazzi che sceglieranno prima i professionali e poi la dispersione
scolastica.
E gettando la scuola italiana in fondo alle classifiche
internazionali. Di chi è la colpa? Mentre per la primaria e la
secondaria si è intervenuti nel tempo, ragiona la Fondazione guidata da
Andrea Gavosto, combinando le esigenze di riduzione delle piante
organiche con maggiore disponibilità di professionalità a vantaggio
della didattica, alle medie sono rimasti tutti alla finestra. E così,
«poiché già nella seconda metà degli anni settanta i tassi di scolarità
della media avevano raggiunto e superato il 100% al lordo delle
ripetenze, gli andamenti demografici declinanti non hanno trovato una
compensazione nella maggiore partecipazione scolastica, com'è avvenuto
alle superiori». Dal 1985 a oggi, spiegano i ricercatori, la scuola media ha mantenuto fisso intorno
a 9 il rapporto alunni-docenti, «a testimonianza di un'elevata capacità
di adattamento tra domanda e offerta formativa, assolutamente inusuale
per il nostro settore pubblico». Ma nel frattempo la classe docente
della scuola media ha subito il processo di invecchiamento più forte.
Mentre l'andamento alle superiori la
maggioranza degli insegnanti è compresa tra i 50 e i 60 anni, alle
medie la media è tra i 58 e i 60 anni. Se a questo si aggiunge
anche l'elemento retributivo, che vede gli insegnanti italiani fra i
meno pagati al mondo, sia all'inizio della carriera sia nel suo
proseguo, fino al massimo dell'anzianità di servizio, è difficile immaginare come una classe
docente che arriva al ruolo tardi e malpagata possa anche coltivare
l'entusiasmo dello stare in classe con studenti, i preadolescenti, che
vivono tra l'altro i problemi maggiori della crescita. C'è poi un
fattore che continua a incidere sulla vita del discente, che è
l'elevatissima discontinuità didattica dovuta al cambiamento dei
docenti in cattedra da un anno scolastico all'altro.
Nelle scuole medie solo due docenti su
tre rimangono nella stessa scuola per un biennio, causa trasferimenti,
di città o di scuola. L'effetto di questa discontinuità ha un
peso maggiore soprattutto sugli studenti più deboli. A tutto questo va
aggiunto che nelle scuole medie la quota di insegnanti precari è
maggiore rispetto agli altri gradi di scuola: «Il 20% dei docenti ha un contratto a tempo
determinato, contro il 17% alle superiori e il 13% alle elementari».
Come dire, piove sempre sul bagnato.
(da ItaliaOggi di Alessandra Ricciardi e Giovanni Scancarello)
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