Dimensionamento delle scuole e mobilità del personale? E perché no!
Data: Lunedì, 14 novembre 2011 ore 07:13:30 CET
Argomento: Opinioni


  Lettere in redazione
Anche se l’argomento di attualità è ovviamente la caduta del governo (finalmente) insieme alla nomina del nuovo premier (incrociamo le dita), voglio uscire dal coro, principalmente perché non credo di avere la competenza per impelagarmi nell’argomento; secondariamente, perché desidero esprimere la mia opinione su un articolo postato mercoledì 9 u.s. denominato “la scuola in sella alla crisi che galoppa mentre le proteste invadono le piazze”.
Ovviamente concordo pienamente sui tagli indiscriminati, lineari e cervellotici fatti dal governo alla scuola e non solo. Pensiamo alla sanità, alla sicurezza, al welfare, alla giustizia ecc. Fortunatamente Berlusconi, Gelmini, Brunetta, Tremonti e gli altri membri del bocciato governo stanno facendo le valigie e si accingono a ritornare ai loro precedenti impegni, magari imboccando il recentissimo tunnel che, bypassando le Alpi e la pianura Padana, unisce direttamente e velocemente il centro Italia con la Confederazione elvetica.
 Scandaloso è stato che mentre da un lato si tagliava a piene mani, dall’altro si foraggiavano abbondantemente i diplomifici (pardon, le scuole paritarie), in sostanza l’araba fenice risorge dalle ceneri della scuola pubblica.
 D’accordissimo con le manifestazioni di piazza che hanno contribuito a dare la tanto agognata spallata al governo (del fare?).
Dissento invece dal punto inerente al dimensionamento delle scuole e alla mobilità del personale. Nel primo caso, a mio avviso, accorpando scuole con pochi alunni si risparmia sulle spese di gestione delle stesse: bollette della luce, riscaldamento, manutenzione ordinaria e straordinaria e, non ultimo, anzi forse primo per la cospicuità degli importi, l’affitto dei tanti, forse troppi, locali, proprietà di privati, riduzione delle spese per il trasporto degli alunni e i viveri per le mense scolastiche che salassano comuni e provincie. L’importo così risparmiato dovrebbe essere impiegato, ovviamente e obbligatoriamente, nella scuola, Riducendo il numero degli alunni nelle classi si potrebbero reperire i fondi per realizzare laboratori, palestre, acquistare materiale didattico ecc., insomma investire l’eccedenza a beneficio degli utenti della scuola, innescando un circolo virtuoso: diminuendo gli alunni nelle classi, si aumentano le stesse, con tutti i benefici del caso.
 L’altro punto sul quale divergo è la mobilità del personale scolastico. La mobilità è un diritto sacrosanto e inalienabile degli impiegati: perché il collaboratore non deve e non può ambire, a mio avviso legittimamente, a migliorare il proprio status diventando assistente? Dobbiamo necessariamente appiattirla questa società: il medico avrà per forza figli medici, il notaio... notai, il farmacista... farmacisti, ecc.; mi pare una perfetta retromarcia fino ai tempi della medioevale servitù della gleba: "sei nato contadino e tale morirai", con i tempi attuali, il figlio dell'operaio o dell'impiegato di basso livello farà il disoccupato o al meglio l'emigrante? Ai collaboratori che hanno superato gli esami è stata assegnata un’esigua percentuale tra i posti disponibili, quindi non è vero che l’evoluzione dei collaboratori ad assistenti impedisca la creazione di nuovi posti di lavoro. Tra l’altro, se un collaboratore diviene assistente, automaticamente si è reso libero un posto di collaboratore, e, secondo me, un periodo di sana gavetta non ha mai ucciso nessuno, anzi serve, perché chi è sazio possa capire chi digiuna.
            E ora, tutti per strada a festeggiare la fine del secondo ventennio di dittatura, sperando di sfatare il detto che “non c’è due senza tre“.


Umberto Tazzer
umbertazzer@hotmail.it






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