Arnaldo da Brescia, l’eresia e la profezia
Data: Domenica, 13 novembre 2011 ore 05:00:00 CET
Argomento: Redazione


L’altra sera, con la mia amica, stanchi di girovagare per le vie del centro storico della città, ci siamo seduti ai piedi dell’imponente monumento dedicato ad Arnaldo da Brescia, nell’omonima piazza. Tutte le statue, spesso, richiamano qualcosa della vita del personaggio che rappresentano, raccontano la storia e il destino dell’uomo che fu. Anche questa statua, a guardarla bene, la sua postura, la compostezza ieratica, la maestosa bellezza, richiama, al contempo, qualcosa di oscuro e misterioso. Una figura monacale, alta, imponente, con le braccia protese al futuro e lo sguardo triste e severo, che mette, anche al più distratto osservatore, uno stato d’inquietudine e di timore reverenziale. Qualcosa di magico e di indecifrabile pervade la sagoma bronzea, tanto che anch’io ne sono rimasto turbato da cotanto altezzoso e carismatico mistero. Chi rappresenta il monumento?
Avvicinandomi alla base della statua, ho notato la scritta: “ad Arnaldo – al precursore al martire del libero italico pensiero – Brescia sua decretava tosto rivendicata in libertà – MDCCCLX”.
Ma chi era Arnaldo da Brescia? In quale epoca era vissuto e cosa aveva fatto nella vita?
Arnaldo da Brescia è vissuto nel Medioevo, in uno dei periodi più tristi e cupi della storia dell’Europa, in un clima di inquietudine e di oscuramento, in tempi bui dominati da forze ostili e irrazionali. Arnaldo da Brescia, considerato dall’età moderna un umanista illuminato, un alfiere dell’anticlericalismo e martire della libertà, con la sua fiera e decisa contestazione alle gerarchie ecclesiastiche, da lui ritenute concubinarie e simoniache, fu il monaco che fece vacillare le fondamenta teologiche della cristianità; l’uomo che, con un’oratoria appassionata ed un animo coraggioso e limpido, provò a curare le ferite sociali, prodotte da una chiesa corrotta e lacerata da profonde divisioni interne.
Arnaldo nacque a Brescia, verso il 1100, dopo aver frequentato le scuole conventuali della città si recò, ancora giovanissimo, intorno al 1122, a Parigi, alla scuola di Abelardo. Tornato a Brescia, venne ordinato sacerdote e, in seguito, canonico regolare. Arnaldo, con la sua grande eloquenza, avviò una poderosa battaglia contro il clero simoniaco, la ricchezza della chiesa e il potere temporale dei papi, scatenando le ire del pontefice e della gerarchia ecclesiastica locale. Le continue prese di posizione del monaco bresciano favorirono la nascita di un vasto movimento popolare e la formazione, attorno al 1135, di due opposte fazioni: gli “arnaldisti” o “poveri lombardi” e i “vescovili” o “milites catholici”. Al concilio ecumenico, convocato a Roma, nel 1139, da papa Innocenzo II, il vescovo di Brescia accusò Arnaldo, riferendone le pericolose dottrine che professava e che divulgava influenzando vaste aree del territorio lombardo. Il papa, allora, ordinò “di far tacere quell’uomo”, autorizzando il presule bresciano ad imporgli il silenzio. Arnaldo fu costretto a fuggire in Francia, a Parigi, per unirsi ad Aberaldo. Successivamente, tornato in Italia, partecipò alla cacciata del pontefice da Roma ed alla costituzione del libero Comune, sostenendone il processo di autonomia comunale. Il papa Adriano IV, dopo essere stato esiliato, approfittando del momento di debolezza del Comune, propose un accordo con l’imperatore Barbarossa, che tra le clausole prevedeva la consegna di Arnaldo nelle sue mani. Si profilava la fine di Arnaldo. Il monaco, infatti, venne catturato dall’esercito imperiale e consegnato al prefetto di Roma il quale, dopo un processo sommario, nel 1155, lo fece impiccare e ardere sul rogo e le sue ceneri disperse nel Tevere, affinché i suoi resti non diventassero oggetto di venerazione.
Arnaldo, predicando la povertà evangelica del clero e il ritorno della chiesa agli originari principi del vangelo, osteggiò il potere temporale della chiesa e inferse un colpo letale ad una concezione decadente e stantia di professare la fede. Il “suo messaggio chiedeva un ritorno al vangelo, ma non conteneva deviazioni ereticali rispetto all’ortodossia cattolica”, afferma lo storico Franco Molinari. La radicalità delle sue idee erano diventate inaccettabili e pericolose per la chiesa di Roma e come tali dovevano essere estirpate e cancellate definitivamente dalla storia. Ma le idee non muoiono mai. La sua figura, possente e limpida, è stata rivalutata, solo nel ‘700, dagli illuministi, dai Giansenisti lombardi e dalla cultura laica dell’800 che la indicò martire del libero pensiero ed eroe anticlericale. Ma anche per molti studiosi e scrittori cattolici contemporanei, Arnaldo, rappresenta l’antesignano del cattolicesimo militante e moderno, contro i vizi e gli orrori del fondamentalismo religioso. Anche se, ufficialmente, la gerarchia cattolica non lo ha ancora riabilitato.
Ma nonostante aver “decifrato” il volto e la storia di quella statua svettante nel cielo scuro della città, Arnaldo da Brescia mi suscita, ancora, tanto sgomento e tristezza; un fremito di gelo e di paura mi percorre la schiena. Una parola, più di tutte, mi martella la mente e non mi dà pace. Una parola triste che in quei tempi bui veniva trascinata, duramente, da bocca in bocca, e che faceva paura. Una parola che tracimava nel cuore stanco dell’Europa medievale e che ha segnato lo stile di un’epoca. Una parola che suscitava un sentimento di terrore e di sgomento negli occhi di tutti. Una parola, oscura ed esecrabile, che gettava sospetto e terrore. Una parola indefinibile che marchiava a fuoco il destino degli uomini di quel tempo. Eresia! E che cos’è l’eresia se non una nuova e dinamica visione del mondo, libera da orpelli e da infingimenti. Un’idea avversa che nasce in silenzio e che esplode e vive per il futuro. Eresia che diventa profezia. Forse anch’io, in quel tempo, difficile e ostile, avrei fatto la stessa fine del povero monaco bresciano, bruciato sul rogo per aver osato gridare la verità.
Ma la storia dà torto e dà ragione. E la vittoria può venire anche dopo otto secoli. La rivincita postuma di Arnaldo di Brescia e della sua battaglia. La statua bronzea di Arnaldo da Brescia, nell’omonima piazza della sua città, opera di Odoardo Tabacchi, fu inaugurata il 14 aprile 1882, nel periodo più duro dello scontro tra il nuovo Stato italiano e la chiesa di Roma. Venne considerata come una rivalsa dell’anticlericalismo, del positivismo, “delle magnifiche sorti e progressive”, il trionfo dello Stato laico e della nascente nazione italiana. Tra le numerose autorità presenti spiccava il ministro e futuro presidente del Consiglio, Giuseppe Zanardelli, bresciano. Come Arnaldo.

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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