Gelmini lascerebbe il dicastero, chiudendo un'epoca poco felice per l'istruzione in attesa di un nuovo possibile riscatto della scuola.
Data: Venerdì, 11 novembre 2011 ore 19:03:44 CET
Argomento: Redazione


Non crediamo sarà una brutta notizia per gli organizzatori del premio “Gelmini sarta subito”, che si è svolto a Catania per ben due edizioni e che non avrà dunque più luogo, quella relativa all'abbandono delle stanze di Viale Trastevere, dove ha sede il ministero della istruzione, da parte della sua più alta carica, cioè la ministra Maria Stella Gelmini.  
Ci arriva infatti comunicazione che la nostra tanto contestata ministra si stia preparando le robe per abbandonare il luogo dove ha svolto la funzione sia di ministro e sia di mamma, allorchè decise di non mettersi in aspettativa per maternità (contrariamente alle insegnanti privilegiate) subito dopo avere dato alla luce la sua Emma, nome fra l'altro che le scelse Berlusconi in omaggio al presidente di Confindustria, Marcegaglia. E i pacchetti con le sue cose le starebbe preparando nella consapevolezza che il nuovo governo, dopo le promesse dimissioni dell'odierno presidente del  consiglio, sicuramente non intende sfruttare le sue ormai consolidate competenze ministeriali.
E andandosene Gelmini sembra pure che che un intero periodo storico parta con lei, un'epoca della quale  la Nostra è stata la personificazione più significativa e l'immagine stessa di quello che si può chiamare: ottimismo berlusconiano che pretendeva volti nuovi e nuovi personaggi pur anche se privi di esperienza e capacità; un ottimismo che sembrava più arroganza che novità e che aveva dunque pure il sapore salato della beffa. Quel posto infatti era stato da sempre assegnato a personalità di altro profilo culturale o politico o comunque di lungo corso formativo, Moratti e Fioroni compresi, mentre con lei ci siamo resi subito conto che ai nuovi governanti  della Nazione nulla o poco interessava della istruzione, nella sicurezza che la gente avrebbe accettato tutto ciò che il grande capo stabiliva. E subito dopo l'insediamento e la sua nomina a ministro partì immediata, come a sottolineare la presenza fuori campo di una voce superiore, la finanziaria di 8 miliardi di euro in meno alla scuola, seguita subito dalla campagna contro i docenti (fannulloni, pigri, raccomandati, comunisti, sessantottini, mangiapaneatradimento) e da un riordino della scuola che Gelmini per prima chiamò “riforma epocale”, mentre di epocale aveva solo tagli e segate, come dice il nostro Polibio. Sembrava evidente che la nostra ministra non aveva idea della delicata situazione della istruzione e della estrema precarietà di un sistema oggettivamente obsoleto ma che lei non sarebbe mai stata in grado di gestire e aggiornare come i tempi pretendevano e auspicano ancora. Un dicastero in mano più a Tremonti che a lei e un dicastero segnato pure da mille ricorsi ai giudici  e da mille strafalcioni addebitate con disinvoltura ai funzionari, mentre gli esperti di cui si è circondata di esperto avevano ben poco se non la tessera allo stesso partito.
Come racconteranno gli storici questa sua avventura ministeriale non sappiamo e pure quell'altra segnata dalla sua collega, Mara Carfagna, tolta dai calendari osè e offerta al governo del paese nel pieno sberleffo delle competenze, della esperienza e del merito.
Non diciamo che ci pare di uscire da un labirinto oscuro, anche perchè non sappiamo chi verrà al suo posto, ma sicuramente ci attendiamo un nuovo ministro che almeno sappia di scuola, che abbia in qualche modo vissuto le contraddizioni del nostro sistema di istruzione e pure le sue altezze e che soprattutto sappia dare certezze ai docenti e agli alunni; che sappia tracciare una nuova strada che, seppure complicata e aspra, almeno abbia tappe sicure nella prospettiva del riscatto del nostro sistema formativo; una lunga marcia perfino nel deserto ma con un obiettivo indicato e tracciato dalla presenza di pozzi intermedi sicuri e con acqua ristoratrice.

 Pasquale Almirante
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