La follia del “salario per merito” di Alfie Kohn
Data: Lunedì, 24 ottobre 2011 ore 07:17:28 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La Gilda propone in traduzione italiana un articolo dello statunitense Alfie Kohn,  già insegnante, ora noto conferenziere e scrittore, autore di una ricca bibliografia di  articoli e saggi su tematiche educative, alcuni dei quali pubblicati anche in Italia. L’  articolo, pubblicato in “EDUCATION WEEK” del 17 Settembre 2003, contiene una  critica articolata e radicale alla “retribuzione in base alla performance” per gli  insegnanti, che da decenni ormai si cerca di applicare, in forme diverse, in vari stati  e distretti degli USA, e che il Ministro Gelmini ha iniziato a sperimentare in alcune  scuole italiane nel secondo quadrimestre dello scorso anno scolastico (con il  cosiddetto progetto “Valorizza”).
Il testo originale è reperibile all’indirizzo web www.alfiekohn.org/articles.htm.  traduzione dall’ inglese di Francesco Lovascio (da Gilda)

Sono infiniti i possibili usi della breve elegante espressione latina : “Cui bono ?” che  significa : “Chi ne trae vantaggio ?” È la domanda giusta da porsi riguardo a un  sistema di test garantito per far apparire la maggior parte delle scuole pubbliche come  fallimentari. O riguardo all’assunto che le persone che hanno meno potere di voi (gli  studenti, se siete insegnanti; gli insegnanti, se siete dirigenti scolastici) non sono in  grado di prender parte alle decisioni su ciò che andranno a fare ogni giorno.
E c’è un’altra applicazione : “Cui bono” ? quando ci assicurano che il denaro è la  principale ragione per cui è così difficile trovare buoni insegnanti ? Se solo li
pagassimo di più, non avremmo nessun problema ad attrarre e a trattenere i migliori
docenti che – ebbene sì – che il denaro può comprare. Basta accettare questa
premessa, e non dovremo mai preoccuparci del modo in cui gli insegnanti sono
trattati. Infatti si potrà continuare a mancar loro di rispetto e a dequalificarli,
costringendoli ad applicare programmi predeterminati e trasformandoli in tecnici per
la preparazione dei tanto osannati test. Se appaiono infelici, dev’esser solo perché
vogliono una busta paga più pesante.
Nel 2000, Public Agenda intervistò più di 900 neo-insegnanti e quasi altrettanti
laureati che non avevano scelto una carriera nella scuola. Il rapporto ha concluso che,
mentre “gli insegnanti credevano in effetti di esser sottopagati”, salari più elevati
sarebbero probabilmente stati di limitata efficacia nell’alleviare la carenza di docenti,
perché considerazioni differenti dal denaro sono “significativamente più importanti
per la maggior parte degli insegnanti e potenziali insegnanti”. Due anni più tardi, il 44
per cento dei dirigenti scolastici dichiarò, in un altro sondaggio di Public Agenda, che  1  colleghi di talento erano stati espulsi dal settore scolastico per colpa di “un  irragionevole sistema di standards e contabilizzazione ”
Nel frattempo, una piccola ricerca californiana, pubblicata l’anno scorso in Phi Delta
Kappan , trovò che la principale ragione per cui insegnanti recentemente abilitati
stavano lasciando la professione non era il basso salario o la presenza di alunni
difficili. Piuttosto, coloro che avevano gettato la spugna citavano come ragione più
probabile ciò che si stava facendo alle loro scuole in nome del monitoraggio della
produttività. E la stessa lezione sembra potersi trarre anche da ambienti culturalmente
diversi. Mike Baker, corrispondente di BBC News, ha scoperto che una “crisi di
reclutamento” in ambito educativo esiste quasi esclusivamente in quelle nazioni
“nelle quali le misure di monitoraggio di produttività hanno minato l’autonomia dei
docenti”.
Che gli insegnanti insoddisfatti abbiano in mente molto più che il denaro non
dovrebbe sorprendere alla luce di mezzo secolo di ricerche condotte in altri tipi di
luoghi di lavoro. Quando si chiede alle persone cosa è più importante per loro, le
ragioni economiche appaiono ben distanti rispetto a fattori come un lavoro
interessante o persone piacevoli con cui lavorare. Per esempio, in un vasto sondaggio
condotto dall’ Istituto per la famiglia e il lavoro, la retribuzione salariale si è piazzata
al sedicesimo posto su di una lista di venti ragioni per scegliere un lavoro. (È
interessante notare che i manager intervistati su ciò che loro credono rivesta un ruolo
di maggiore importanza per i loro dipendenti tendono a menzionare il denaro e quindi
procedono nella loro gestione sulla base di questo errore).
Coloro che determinano le politiche sull’ educazione potrebbero essere perdonati
della loro miopia se proponessero solo di aumentare i salari degli insegnanti su tutta
la linea o, forse, di compensarli adeguatamente per maggiori responsabilità o per
formazione supplementare. Invece, al contrario, molti si stanno volgendo verso
qualche versione di “salario in base alla performance”. Qui la miopia è aggravata
dall’amnesia. Per più di un secolo piani salariali di tal genere sono stati implementati,
poi abbandonati, poi implementati in forma diversa, poi abbandonati di nuovo. L’idea
sembra non funzionare mai, ma i sostenitori della “retribuzione in base al merito” non
sembrano mai impararlo.
Ascoltiamo gli storici dell’educazione David Tyack e Larry Cuban: “La storia dei
piani salariali basati sulla performance è stata una giostra. Sostanzialmente, i distretti
che inizialmente avevano abbracciato il salario in base al merito lo hanno
abbandonato dopo un breve giro di prova”. Ma anche “ripetute esperienze” di
fallimento non hanno impedito che i pubblici funzionari “riproponessero il salario in
base al merito sempre più frequentemente”.
“Il Figlio del Merito: Parte seconda” viene ora proiettato a Cincinnati, Denver,
Minneapolis, New York , e altrove. I principali sostenitori di questo approccio -
conservatori, economisti, ed economisti conservatori – insistono che abbiamo bisogno
solo di adottare i loro ultimi schemi di incentivi e, questa volta, la qualità
dell’insegnamento migliorerà davvero. Parola !.
Wade Nelson, professore alla Winona State University, ha riportato alla luce il parere
di una commissione governativa su di un piano di “salario in base ai risultati”
dell’Inghilterra di metà XIX secolo. La sua sintesi di quella valutazione: le scuole
risultarono “ambienti di apprendimento impoveriti in cui la pressoché totale enfasi sui
risultati negli esami lasciava poche opportunità di imparare”. Il piano fu abbandonato.
In “Il Pubblico Interesse”, un giornale politico di destra, due ricercatori hanno
concluso con visibile disappunto nel 1985 che nessuna evidenza scientifica
supportava l’idea che il salario in base al merito “avesse un apprezzabile o consistente
effetto positivo sul lavoro degli insegnanti in classe.” Inoltre, essi riferirono che ben
pochi dirigenti scolastici si aspettavano un tale effetto “benché essi avessero le
migliori ragioni per avanzare tali richieste”.
Al giorno d’oggi, l’entusiasmo per il salario in base al merito supera di molto tutti i
dati a sostegno della sua efficacia – anche quando ricavati dai punteggi di test
standardizzati, e tanto meno da indicatori di apprendimento significativi. Ma d’altra
parte questo riecheggia anche i risultati ottenuti in altri luoghi di lavoro. Per quanto io
ne sappia, nessuno studio scientifico controllato ha mai dimostrato un miglioramento
a lungo termine della qualità del lavoro come risultato di un sistema di
incentivazione. In realtà, numerosi studi hanno confermato che le prestazioni relative
a compiti, in particolare a compiti complessi, sono generalmente inferiori quando alla
gente si promette una ricompensa per svolgerli, o per svolgerli bene. Come regola
generale, tanto più la ricompensa è importante o allettante, tanto più i suoi effetti sono
distruttivi.
Allora, perchè i piani di salario basato sul merito sono così tanto affidabilmente
fallimentari, se non controproducenti ?
1. Controllo. Coloro che hanno più potere di solito definiscono gli obiettivi,
stabiliscono i criteri, e in generale cercano di modificare il comportamento dei
subordinati. Se “pagare il merito” viene percepito come
manipolativo e
paternalistico, è perchè probabilmente lo è. Inoltre, il fatto che questi programmi
operano di solito al livello del personale scolastico significa, come Maurice Holt ha
sottolineato, che l'intera faccenda "convenientemente sposta le responsabilità da
politici e funzionari, che inventano e controllano il sistema, a coloro che
effettivamente eseguono il lavoro".
2. Relazioni tese. Nella sua forma più distruttiva, il salario per merito si configura
come una competizione, nella quale l’obiettivo è far meglio dei propri colleghi.
Nessuna meraviglia che una tale proposta, a Norristown, Pennsylvania, abbia
incontrato unanime opposizione da parte degli insegnanti e alla fine sia stata
abbandonata. Anche gli insegnanti che avevano buone probabilità di ricevere un
bonus si resero conto che tutti perdono, soprattutto gli studenti, quando i docenti
vengono messi uno contro l'altro in una gara a premi, per giunta artificialmente scarsi.
Ma i programmi di salario per merito non devono essere esplicitamente competitivi
per minare i rapporti fra colleghi. .Se io alla fine ottengo un bonus e tu no, le nostre
interazioni possono esserne influenzate negativamente, soprattutto se tu pensi a te
stesso come a un insegnante maledettamente bravo.
Alcuni sostengono che le ricompense monetarie siano meno dannose se sono offerte
a, e sono legate alla performance di, un’intera scuola. Ma se una scuola perde
l’assegnazione di un bonus, ciò che spesso ne deriva è una spiacevole ricerca dei
singoli a cui dare la colpa. Inoltre, è sicuro che si vedrà una collaborazione tra le
scuole meno proficua, specialmente se un programma di incentivi si basa sulla loro
posizione relativa. Perchè una scuola dovrebbe spontaneamente condividere idee con
un’ altra, quando l'obiettivo è quello di assicurarsi che gli studenti di altre scuole non
facciano bene come i tuoi? Il salario per merito sulla base di graduatorie concerne la
vittoria, non l’ eccellenza. In ogni caso, corrompere i gruppi non ha maggior senso
che corrompere i singoli individui.
3.Ragioni e motivazioni. La premessa della retribuzione di (per) merito, anzi di tutti i
premi, è che la gente potrebbe fare un lavoro migliore, ma per qualche motivo ha
deciso di aspettare fino a quando viene compensata per farlo. Questo è tanto
insultante quanto è impreciso. Far balenare una ricompensa di fronte a insegnanti o
presidi-"Ecco cosa otterrai se le cose in qualche modo migliorano"- non fa nulla per
affrontare i complessi fattori sistemici che sono in realtà responsabili delle carenze
educative. La retribuzione per merito è una conseguenza del comportamentismo, che
si concentra sui singoli organismi, non sui sistemi - e, fedele al suo nome, guarda solo
ai comportamenti, non alle ragioni e alle motivazioni e alle persone che le hanno.
Anche se non sarebbero dispiaciuti di buste paga più pesanti, gli insegnanti non sono
in genere così interessati al denaro. Essi continuano a dirci nelle indagini che il
momento magico in cui uno studente improvvisamente capisce è più importante per
loro di qualche soldo in più. E, come già detto, al giorno d’oggi stanno diventando
disillusi meno per problemi di stipendio, che per il fatto che a loro non piace essere
controllati da sistemi di monitoraggio della performance. Allo stesso modo i piani di
controllo che prevedono salari in base alla performance sono basati più su un dogma
economico neoclassico che su una comprensione di come le cose appaiono dal punto
di vista di un insegnante.
Soprattutto, il pagare in base al merito non riesce a riconoscere che ci sono diversi tipi
di motivazione. Fare qualcosa perché ti piace per se stessa è completamente diverso
da fare qualcosa per ottenere denaro o riconoscimenti. In effetti, i ricercatori hanno
ripetutamente dimostrato che l'uso di tali incentivi estrinseci spesso riduce la
motivazione intrinseca. Quanto più le persone vengono premiate, tanto più tendono a
perdere interesse per tutto ciò che avevano da fare per ottenere la ricompensa. Se i
bonus e simili cose possono "motivare" alcuni docenti, è solo in senso estrinseco, e
spesso al costo di minare la loro passione per l'insegnamento.
Per esempio, un recente studio su di un piano di salario per merito che ha riguardato
tutti i dipendenti in una scuola del Nord-Est ha rilevato che la motivazione intrinseca
è diminuita, come risultato diretto dell’adozione del piano, in particolare per alcuni
dei “dipendenti più apprezzati della scuola- quelli che erano molto motivati
intrinsecamente prima che il programma fosse attuato”. Quanto più il piano ha fatto
ciò che era destinato a fare, elevare la motivazione estrinseca delle persone
inducendole a vedere come le loro prestazioni avrebbero inciso sui loro stipendi, tanto
più è diminuito il piacere che esse traevano dal loro lavoro. Il piano è stato
abbandonato dopo un anno.
Quello studio non ha nemmeno tenuto conto di quanto risentita e demoralizzata la
gente può diventare quando non ottiene il bonus che si sta aspettando. Per tutte queste
ragioni, io dico ai 500 dirigenti della lista Fortune1 (o almeno a quelli abbastanza
stupidi da chiedermelo) che la formula migliore per compensare la gente è questa:
“Pagar bene le persone , pagarle in modo equo, e poi fare tutto il possibile per aiutarle
a dimenticarsi dei soldi”. Tutti i piani di salario legato alle prestazioni, ovviamente,
violano l’ ultima regola.
4. Problemi di misura. Nonostante ciò che è opinione diffusa tra economisti e
comportamentisti, alcune cose sono più della somma delle loro parti, e alcune cose
non possono essere ridotte a numeri. È un'illusione pensare di poter individuare e
quantificare tutte le componenti di un buon insegnamento e di un buon
apprendimento, tanto meno di poter stabilire i criteri per l’assegnazione di bonus che
non siano percepiti come arbitrari. Niente di meno che l'autorevole voce del guru
degli “statistici della qualità”, W. Edwards Deming, ci ha ricordato che "le cose più
importanti che abbiamo bisogno di gestire non possono essere misurate".
E ' possibile valutare la qualità dell'insegnamento, ma non è possibile raggiungere il
consenso su un modo valido e affidabile per definire il significato del successo
nell’insegnamento, in particolare quando ci sono in ballo dei soldi. Inoltre, la
valutazione potrebbe eclissare altri obiettivi. Dopo l’entrata in vigore di piani salariali
basati sul merito, i dirigenti spesso visitano le classi più per giudicare gli insegnanti
che per offrire loro feedback a scopo di miglioramento. .
Tutte queste preoccupazioni sussistono anche quando i tecnici si sforzano di trovare
buoni criteri per l'assegnazione del premio in denaro .Ma i problemi si moltiplicano
quando i criteri sono discutibili, come l'aumento dei punteggi dei test degli studenti.
Questi test, come io e altri abbiamo sostenuto altrove, tendono a misurare ciò che
conta di meno. Essi rispecchiano il retroterra dei bambini più che la qualità di un
determinato insegnante o scuola. Inoltre, il salario in base al merito basato su tali
punteggi non solo è ingiusto, ma dannoso, se accelera l'esodo degli insegnanti dalle
scuole difficili, dove sono maggiormente necessari.
Premiare il merito a livello di scuola, peraltro, non è meno distruttivo rispetto alla sua
versione individuale. La posta in gioco induce a imbrogliare, a barare, ad insegnare in
funzione del test, e ad altri modi di acciuffare il bonus (o schivare la penalizzazione),
senza in realtà migliorare l'apprendimento degli studenti. In effetti, alcuni insegnanti
che potrebbero resistere a queste tentazioni, preferendo fare ciò che è meglio per i
bambini più che per il proprio portafogli, si sentono maggiormente costretti a fare test
di preparazione quando gli stipendi dei loro colleghi sono influenzati dalla
valutazione complessiva circa i risultati della scuola.
Può essere la vanità o, ancora una volta, la miopia che convince i tecnici, anche dopo
l'ennesimo fallimento, che il salario per merito ha solo bisogno di esser riportato in
assistenza per un’altra messa a punto. Forse alcune delle questioni qui menzionate
possono essere affrontate, ma la maggior parte sono inerenti all'idea stessa di pagare  "Fortune 500" è una lista delle 500 più grandi aziende degli Stati Uniti..
gli educatori sulla base di quanto si sono avvicinati alla definizione di “performance
di successo” che qualcun altro ha formulato. E tempo di riconoscere non solo che tali
programmi non funzionano, ma che non possono funzionare.
Per di più, gli sforzi per risolvere un problema spesso ne innescano di nuovi. I piani di
salario per merito ultimo modello includono liste di criteri talmente lunghe e controlli
statistici così complessi che nessun, eccetto i loro progettisti, capisce come
funzionino quei maledetti affari.
Dunque, come dovremmo ricompensare gli insegnanti ? Non dovremmo. Non sono
cuccioli. Piuttosto, gli insegnanti dovrebbero essere pagati bene, liberati da
incombenze fuorvianti, trattati con rispetto, e forniti di tutto il supporto di cui hanno
bisogno per aiutare i loro studenti ad apprendere sempre meglio e con sempre
maggior entusiasmo.
* Francesco Lovascio ringrazia Gianni Calò per l’aiuto nella revisione finale della
traduzione.
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