Concorso presidi, il Miur alla prova dei nuovi (probabili) errori
Data: Giovedì, 20 ottobre 2011 ore 19:53:04 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Un percorso a ostacoli. Sono iniziate le pubblicazioni degli ammessi alle prossime prove del concorso a 2.836 posti di dirigente delle scuole statali, dopo un avvio costellato di errori, ostilità e difficoltà. 32mila partecipanti (dei 42mila iscritti ad agosto) in 113 sedi hanno scartabellato un librone di 5.760 quesiti suddivisi in 8 diverse aree, per rispondere in 100 minuti a 100 test sorteggiati (1 al minuto), dopo che 975 (il 20 per cento del totale) erano stati eliminati dal possibile sorteggio 10 giorni prima, perché tutti errati, incomprensibili o scorretti.
L’organizzazione della giornata (almeno questa!) pare sia stata impeccabile, salvo che nessuno aveva pensato di stampare, dopo il sorteggio, i quesiti prescelti in ordine numerico. In questo modo si sarebbe evitato ai candidati quello che Tuttoscuola ha chiamato “un frenetico saltabeccare” da una pagina all’altra dell’intero librone per consultare il testo completo di ognuno dei 100 quiz ai quali rispondere. 
       Ma il percorso ad ostacoli è poco più che all’inizio: ora il bando prevede due prove scritte, una prova orale, una valutazione dei titoli presentati, fino alla graduatoria finale per permettere la stipula del contratto, alla quale seguirà anche un periodo di formazione e tirocinio all’inizio dei 6 anni per i quali ci sarà l’obbligo di permanere nella Regione dove si risulta vincitori. Anche le ostilità continueranno (a leggere le iniziative di ricorsi che fior di associazioni e gruppi stanno promuovendo).
C’è quindi da augurarsi che la prosecuzione del percorso amministrativo eviti con maggiore attenzione errori, passi infelici e problemi tecnico-giuridici, per non cadere in rischi di blocco o annullamento. Purtroppo esperienze precedenti come l’ultimo concorso in Sicilia costituiscono chiari ammonimenti.
Errori come la gestione degli esperti che hanno preparato i test, gestione nella quale non si possono distinguere le responsabilità del Ministro (titolare ultimo dell’Ufficio) da quelle dei funzionari (che hanno fatto le scelte principali). Passi infausti come la messa alla gogna indistinta di tutti gli 80 esperti estensori, senza saper distinguere tra chi ha fatto con perizia il proprio dovere e chi no. Resta anche la forte perplessità sul tipo di test commissionati, quasi tutti assolutamente ben lontani (nel contenuto o nella stesura) dalle ordinarie problematiche che un preside affronta nella professione. Non si trattava di aspettare qualche giorno (come parlamentari, associazioni e siti internet diffusi hanno chiesto) per perfezionare meglio la prova. Il difetto, direbbero dalle mie parti, “stava nel manico”. Ma di questo, un’altra volta
L’urgenza. Nel proseguire, ora, innanzitutto occorre essere consapevoli dell’obiettivo, che Disal persegue da un anno e mezzo con varie iniziative e che, ora, pare che anche il Ministro abbia compreso. Si tratta di una assoluta necessità: i presidi vincitori debbono essere assolutamente nominati entro luglio 2012, se non vogliamo un’emergenza nazionale, con metà delle scuole statali senza presidi a settembre 2012 e con i presidi rimasti in servizio costretti a sostituire tutte quelle sedi scoperte. Un’emergenza nazionale, appunto, per la scuola, ma anche un colpo micidiale alla dignità ed al valore della professione direttiva, che invece doveva essere guardata dagli ultimi ministri (lo dicono tutte le ricerche internazionali) come risorsa importante e partner decisivo del Ministero dell’Istruzione per i processi di riforma e innovazione.
Purtroppo questa scelta di campo non è avvenuta (ed io credo anche in parte per colpa anche della categoria cui appartengo): i presidi in questi anni (cito solo due episodi) sono stati prima accusati dal ministro Fioroni di essere responsabili dell’aumento della spesa per le supplenze e quindi dei debiti del Ministero, poi strattonati dal ministro Gelmini con l’accusa di pretendere dai genitori soldi per le scuole quando invece queste ne avrebbero d’avanzo da parte del palazzo.
Nuovi ostacoli e lungaggini, a questo punto, comprometterebbero la possibilità di concludere il concorso in tempo utile per nominare i vincitori prima dell’inizio dell’anno scolastico 2012-2013. Si comprenda bene: non intendo in alcun modo sposare la procedura concorsuale prescelta per l’assunzione dei presidi. Si tratta invece di decidere quale sia l’obiettivo prioritario da perseguire nella situazione attuale. Situazione intrecciata di progressive mortificazioni della professione direttiva: l’aumento esponenziale delle procedure burocratiche; la sottrazione di figure e strumenti a sostegno delle responsabilità professionali; l’attribuzioni di funzione di decentramento che appartengono tipicamente a figure amministrative; la corrispettiva lenta sottrazione di compiti nell’area didattica e formativa. Fino al dilagare della figura delle reggenza (purtroppo non adeguatamente contrastata, quando addirittura ricercata, dagli stessi dirigenti scolastici). Figura che sta rendendo impossibile la vita quotidiana di tutti quei presidi che vorrebbero far bene il loro dovere.

Gli ostacoli ed i rimedi possibili. La prosecuzione della selezione dei futuri presidi dovrà affrontare come primo ostacolo i ricorsi già in atto. Ne abbiamo avuto un esempio con la scelta del Tar del Lazio di ammettere alla prova del 12 oltre 400 docenti senza i requisiti dei 5 anni di ruolo. Molti sono interessati a queste iniziative. Occorre quindi che l’Ufficio legale del Ministero e le Avvocature vigilino attentamente per non far cozzare la nave concorsuale in queste scogliere. Altri seri e più gravi ostacoli potrebbero arrivare se il Ministero non deciderà di governare tutta la procedura delle prove scritte, della prova orale e della valutazione dei titoli, fino alla formazione delle graduatorie, con la stessa grinta tirata fuori nel governare la giornata della prova del 12 ottobre
Disal (e non solo) propose con chiarezza un anno e mezzo fa modalità tese ad evitare rischi di blocco e annullamenti, come appunto successo nel caso della già citata Sicilia. Allora le proposte in buona parte furono ascoltate, per poi essere state abbandonate nella stesura finale del bando.
In sostanza ora occorre stabilire la stessa data in tutte le regioni per le prove scritte. Occorre poi dare precise indicazioni per i testi delle prove che le commissioni regionali dovranno predisporre, onde evitare la grande disparità di difficoltà delle prove avvenute sei anni fa. Altrettanto chiare indicazioni si dovranno dare sui tempi di lavoro delle commissioni, rivedendo anche l’attuale norma amministrativa sui compensi (non è possibile che queste prestazioni rasentino in alcuni casi il “volontariato”).
Inoltre sarà indispensabile una direttiva rigida sui criteri di valutazione almeno degli scritti, altrimenti i ricorsi saranno molto pericolosi. Ci sono state commissioni, sei anni fa, dove si era dimenticato di valutare anche la correttezza grammaticale e linguistica. E’ troppo chiedere questo ad uno Stato che deve selezionare la dirigenza delle Istituzioni Scolastiche Autonome ?

In futuro, un nuovo direttore di istituto. Poi però si dovrà mettere mano a rivedere tutta la figura direttiva delle scuole statali (e quindi anche la futura modalità di selezione e assunzione). Sono in troppi a volere la scuola solo come una grande casermone burocratico, centralizzato, estraneo ai bisogni reali dei giovani e delle comunità alle quali appartengono. E quindi a volere un dirigente burocrate (o manager come dicono i più moderni) ben lontano anche dal possesso di competenze didattiche ed educative altrettanto, se non più, importanti di quelle di gestione, tecniche e amministrative. Una figura strettamente legata al pieno sviluppo dell’autonomia, oggi mortificata da una forte ripresa di centralismo e di abbandono amministrativo al quale le stesse reggenze hanno dato un forte aiuto, rendendo chi dirige sempre più lontano dai problemi reali della comunità scolastica e sempre più costretto a carte, procedure e adempimenti.
La stessa manovra finanziaria è andata e va in questa infelice direzione: aumento notevole del numero minimo di alunni per scuole autonome; eliminazione della figura direttiva nelle scuole di montagna e piccole isole; forte riduzione della possibilità di avere collaboratori a tempo pieno o mezzo tempo; generalizzazione di strutture come i comprensivi a prescindere dalle situazioni reali dei territori; tagli alle figure dei direttori amministrativi; riduzione del personale amministrativo delle segreterie.
Occorre invece un’inversione di tendenza: verso una scuola che vive come comunità educativa, che si organizza attraverso la propria autonomia, sulla quale investire come una famiglia investe sul futuro dei propri figli.     (di Roberto Pellegatta da Il Sussidiario)


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