Due intellettuali cattolici impegnati a non tradire mai la verità. “...né proferir mai verbo, che plauda al vizio, o la virtù derida”
Data: Mercoledì, 19 ottobre 2011 ore 07:25:22 CEST Argomento: Opinioni
“ […]
e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico”. (Par .XVII ,vv.118-119)
Così la coscienza morale di Dante, che sente vivo il legame con
la posterità in funzione proprio della responsabilità della sua
missione di intellettuale impegnato in un viaggio di verità e di
giustizia , oltre che di redenzione. L’esercizio della conoscenza e
della verità è il primo dovere di un intellettuale. Il suo
compito non è semplicemente quello di esprimere opinioni in materia di
morale o di ideologia, ma è qualcosa di più, che finisce per
scontrarsi sempre , inevitabilmente, con l’arroganza del potere,
le sue bugie, le sue perversioni, le sue ipocrisie e le sue forme di
coercizione. La parola dell’intellettuale, se vuole essere credibile,
non può che essere di disgusto e di denuncia
nei confronti di ogni forma di corruzione, argine tetragono
di difesa al servizio della verità che è sempre scomoda e
“indigesta” quando svela attacca e critica le malefatte e le
ingiustizie dei potenti; il suo alto
magistero non può che essere quello di rimuovere “ogne menzogna”,
di manifestare tutta intera la verità senza infingimenti, e
lasciare “pur grattar dov’è la rogna”. Poiché” se la sua voce sarà
molesta/ nel primo gusto, vital nodrimento/ lascerà poi, quando sarà
digesta” (Par, c. XVII)-
A distanza di cinque secoli, un altro grande intellettuale laico
e cristiano , Alessandro Manzoni , si richiamerà, ancorché
giovinetto, all’alto magistero dantesco tanto , che tutta
la sua poetica, nel tempo si svolgerà fedele dentro
il solco “del santo Vero /mai non tradir: né proferir
mai verbo,/che plauda al vizio, o la virtù derida”( In morte di C.
Imbonati). E in più, a ribadire il rifiuto, l’avversione per le virtù “
passive”, e per la moralità dell’astensione, così cara ai nostri
contemporanei intellettuali, il Manzoni più maturo
aggiornando in chiave etica il suo” santo vero” , scriverà
parole che suonano oggi- dopo il monito del cardinale Bagnasco:
essere l’assenza dal sociale un peccato- profetiche
e di un’attualità bruciante: “Vi ha tali stati di società nei
quali pare che le virtù negative sieno le sole riservate all’uomo. Non
cooperare al male sembra il massimo della virtù. Ora è male che l’uomo
non agisca per il bene : la Religione mantiene sempre una specie di
virtù attive possibili in tutti i tempi, che tengono esercitato l’uomo
alle cose migliori […]”( Pensieri,VII, in Opere morali e filosofiche, a
c. di Ghisalberti).
Nuccio Palumbo
antoninopal@katamail.com
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