In una società dominata dall’immagine è utile chiedersi: ci serve Dante?
Data: Martedì, 11 ottobre 2011 ore 07:41:10 CEST
Argomento: Redazione


Nel sentire collettivo contemporaneo, parecchi dei vizi capitali non sono più considerati  come frutto della subordinazione dell’istinto alla ragione, quanto, piuttosto , forme di malessere esistenziale. Non così , per il “laico”  Dante-(la definizione è di M. Barbi)-, che considera, invece,  il peccato  come  la conseguenza,  soprattutto, di un uso scorretto della ragione.
 L’uomo, che da ogni altro essere vivente si distingue proprio in quanto fornito d’intelletto e volontà, non può farsi schiavo delle passioni, degli istinti al punto tale da perdere la propria identità; egli ha il dovere della vigilanza, perché: “…non ciascun segno/ è buono, ancor che buona sia la cera”( Purg. XVIII,vv 38-39).Può essere ancora utile il messaggio di Dante?
Io credo di sì :  esso può stare ancora tra noi a ricordarci validi insegnamenti : 1)- controllare l’etica dei sentimenti; 2)- vigilare e non fidarsi dei “ciechi che si fanno duci”(Purg. XVIII,v.18); 3)- sospettare delle mode che esaltano il linguaggio del desiderio, della sessualità di tipo narcisistico e dell’avventura fine a se stessa; 4)- diffidare di una comunicazione di massa che tende all’omologazione dell’intimo e che alimenta ogni giorno nell’immaginario collettivo il culto della “bella persona”,  del corpo come strumento di piacere, del “Tabernacolo” dove si adorano gli idoli “falsi e bugiardi” destinati a spegnersi lasciando il gusto amaro della sconfitta e dell’inganno.   Oggi,  in una società globalizzata dominata dalla cultura dell’immagine e della esibizione ad ogni costo, dello shock, dell’esibizione, dell’eccesso, che si affida tutta alla”performatività” nel presente, all’effetto immediato, ad “un riciclaggio senza fine che tende ad allontanare gli individui e i gruppi sociali da ogni coscienza del loro essere nel mondo.” (G.Ferroni),  a me, il messaggio di Dante sembra di grandissima attualità, come può essere quello di chi  ci  ammonisce a non abdicare alla ragione, ad usare le “agute luci de lo intelletto”,  se non si vuole scambiare  la  realtà con la sua immaginazione, la  vita vera con la finzione! Ma per questo, occorre  una guida la cui ragione sia “ assai chiara”( Inf.,XI,v.67) e la cui volontà forte e decisa sia mossa dall’amore di fare il bene: “Benigna volontade in che si liqua/ sempre l’amor che drittamente spira,” ( Par. XV,vv.1-2).

Nuccio Palumbo
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