''Dite addio a cattedre e aule'', così l'istruzione viaggia sul web
Data: Lunedì, 10 ottobre 2011 ore 07:26:41 CEST Argomento: Rassegna stampa
Da oggi a Stanford
il corso online sulle Intelligenze Artificiali: 140 mila iscritti da
175 nazioni. Che non dovranno muoversi da casa per seguire le lezioni o
fare gli esami. Tutto accade in Rete. Ma c'è anche qualche problema:
come impedire che qualcuno faccia i compiti al posto di altri sballando
le valutazioni finali? Ma la rivoluzione va avanti
Sebastian Thrun, docente di Introduzione all'Intelligenza Artificiale
dell'università di Stanford
NELLA "scuola del futuro" non ci sono banchi rotti, muri sporchi ed
edifici fatiscenti. Per la verità non ci sono proprio i banchi, i muri
e gli edifici. E nemmeno le cattedre. Ci sono soltanto gli unici due
elementi assolutamente indispensabili perché si possa parlare di un
corso di studi: i docenti, ma solo quelli bravi davvero. E soprattutto
gli studenti, tantissimi
studenti.
Mai visti tanti studenti in una sola classe: quelli che stamattina
aprono l'attesissimo corso di Introduzione all'Intelligenza Artificiale
dell'università di Stanford, sono più di 140 mila e vengono da tutte le
parti del mondo. Anzi, non vengono affatto perché ciascuno di loro, da
oggi fino al 12 dicembre quando si terrà l'esame finale, per seguire le
lezioni se ne starà a casa propria, o magari in un parco con un laptop
sulle ginocchia, oppure starà facendo altro e si collegherà in rete
quando gli sarà più comodo rivedere il professore su YouTube.
Ecco, la rete Internet sì, quella deve esserci nella scuola del futuro:
e a banda larga se possibile, sennò i video vanno a singhiozzo e il
sapere va a farsi benedire.
Benvenuti alla "University of Everywhere", l'università di ogni posto:
oggi parte l'esperimento forse più avanzato che ha mai vissuto
l'istruzione dai tempi di Socrate. L'obiettivo è insegnare a distanza,
simultaneamente e gratis a tutti quelli che lo desiderano. Se funziona,
nulla sarà più come prima.
Se
funziona presto si avvererà lo scenario immaginato qualche giorno fa
dall'ex direttore del New York Times Bill Keller sul suo blog: "I corsi
saranno online e saranno votati dagli allievi come i libri su Amazon;
l'insegnamento sarà organizzato con aste modello eBay; gli studenti
invece del titolo di studio conquisteranno dei livelli di abilità come
nei videogame. E presumibilmente, la birra del venerdì sera la
prenderanno al Genius Bar della Apple".
Fermiamoci un attimo. Perché qui nessuno sta scherzando. Mentre gli
studenti scendono in piazza per il diritto allo studio, una autentica
rivoluzione didattica è in corso davvero, ed è più forte dell'ignoranza
di certi ministri o dalla miopia di tanti politici che considerano
l'istruzione un costo da tagliare e basta. Dopo aver stravolto i
pilastri dell'industria culturale - dalla musica al cinema, dai libri
ai giornali - , Internet sta ora attaccando il luogo dove batte il
cuore del sapere da più di duemila anni: la scuola.
L'obiettivo finale è creare dei campus virtuali dove il sapere è
distribuito in rete, i libri di testo si leggono gratuitamente sui
tablet e le lezioni sono ribaltate rispetto a quanto siamo abituati a
fare da due secoli: basta con discorsi fatti ex cathedra e compiti a
casa. Meglio invece guardarsi a casa il video del prof tante volte
quanto necessario a ciascuno di noi (visto che siamo tutti diversi,
come ha spiegato il guru dell'istruzione Ken Robinson), e poi in classe
si discute e si fanno gli esercizi.
La scintilla della rivoluzione si è accesa per caso. Se nel 2004 la
piccola Nadia non avesse avuto problemi in matematica, il cugino Salman
Khan non avrebbe iniziato a farle ripetizioni: solo che, visto che si
trovavano in due città diverse degli Stati Uniti, Salman le sue lezioni
le faceva via Yahoo! Messenger, un servizio di chat, mostrando le
formule delle operazioni su un taccuino virtuale, Microsoft Paint.
Dopo un po' Nadia gli disse che preferiva un video, "perché posso
rivedermelo se non ho capito qualcosa". E così il 16 novembre 2006 il
cugino aprì un profilo su YouTube dove caricare le spiegazioni. Ora
Salman non era un cugino qualsiasi: nato a New Orleans ma originario
del Bangladesh, ha nel curriculum tre lauree al MIT di Boston e un
master ad Harvard. Insomma è un mezzo genio. Anzi, leviamo il "mezzo".
E così le sue clip per Nadia in rete sono diventate un cult: grazie a
banali moduli scritti in Java, uno dei più noti linguaggi di
programmazione, alla fine di ogni video di Khan ci sono delle batterie
di domande, e solo se rispondi esattamente a tutte, sali ad un livello
superiore e hai altre domande. Funziona come un videogame,
praticamente, ma intanto Nadia imparava. E non solo lei.
In rete questi video furono subito un successo, al punto che Salman
Khan dopo tre anni decise che quella sarebbe stata la sua vita: lasciò
il posto di gestore di fondi finanziari ad alto rischio, ottenne un
piccolo finanziamento da un venture capital di Silicon Valley e da quel
giorno il suo canale lo ribattezzò "Kahn Academy". Ma la vera svolta
doveva ancora arrivare: la scorsa estate dal palco del Festival delle
Idee di Aspen, il fondatore di Microsoft Bill Gates in persona lodò il
sito rivelando che i suoi figli lo usavano abitualmente. Per farla
breve, Salman si è trovato con un milione e mezzo di dollari dalla Bill
& Melinda Gates Foundation, seguiti da altri due milioni da Google
(Google in questa storia è importante, poi vedremo perché).
Oggi la Kahn Academy è un colosso dell'istruzione primaria con 2600
video lezioni di storia, matematica, finanza e fisica; sulla homepage
del sito ha un contatore che aggiorna quante lezioni ha già impartito
(siamo vicini alla stratosferica cifra di 80 milioni). E si è data la
missione di insegnarci "quello che vogliamo, quando lo vogliamo e al
nostro ritmo di apprendimento". Piccola postilla: è tutto gratis.
Ma le sorprese non erano finite. Sei mesi fa a Long Beach si riuniscono
un centinaio di cervelloni di tutto il mondo per l'annuale conferenza
del TED. Bill Gates cura la sessione dedicata all'istruzione e sul
palco porta Salman Khan naturalmente. In sala c'è un giovane tedesco
sul quale da adesso punteremo i riflettori: si chiama Sebastian Thrun,
ha 44 anni, gli occhi blu, è professore di informatica a Stanford dove
guida il Laboratorio per l'Intelligenza Artificiale.
Thrun è al TED perché ha realizzato per Google il prototipo della auto
che si guida da sola. Quando tocca a lui parlare spiega che la vettura
ha già alle spalle 140 mila chilometri percorsi senza pilota per le
strade della California e in sala molti hanno un brivido: "Aspetto con
ansia il momento in cui le generazioni dopo di noi guarderanno indietro
e diranno quanto fosse ridicolo il fatto che gli umani guidavano le
auto". Ma poi Thrun ascolta il discorso di Salman Khan e decide di
mettersi alle spalle le auto per dimostrare quanto sia ridicolo il
fatto che l'istruzione di qualità, che è il presupposto indispensabile
per immaginare un mondo migliore, sia così costosa e riservata a così
poche persone.
Nasce così il corso di Stanford che parte oggi. Il professor Thrun non
sarà solo. Al suo fianco c'è Peter Norvig, 55 anni, capelli
bianchissimi, un set di camicie hawaiane indossate con disinvoltura,
per molto tempo responsabile dei robot della Nasa e poi capo del
settore ricerca di Google.
Ecco, Google ha un ruolo centrale perché saranno alcuni strumenti
realizzati in collaborazione con il colosso informatico di Mountain
View a rendere possibile la gestione di 140 mila studenti
contemporaneamente: le loro domande e i compiti che ogni settimana
avranno da fare per ottenere fra due mesi, se passeranno l'esame
finale, un certificato di frequenza con un punteggio di valutazione.
Non varrà come una laurea, quel pezzo di carta, ma le lezioni saranno
le stesse di chi paga 50 mila dollari l'anno. C'è naturalmente un
piccolo "problemino" che Thrun e Norvig non hanno ancora risolto:
ovvero come impedire a qualcuno di fare i compiti al posto di un altro
e quindi valutazione finali sballate. "Ma se supereremo questo
ostacolo, l'istruzione cambierà per sempre".
Vedremo. Intanto stamattina suona la prima campanella. Naturalmente è
il cinguettio di Twitter: "La prima lezione è stata caricata.
Guardatela e poi ne riparliamo". (da Repubblica.it di
Riccardo Luna )
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