Dalle SSIS al TFA: i modi per allontanare il concorso
Data: Lunedì, 10 ottobre 2011 ore 06:46:34 CEST Argomento: Rassegna stampa
Già se ne vociferava
alle ultime convocazioni, ma pochi erano gli iniziati in grado di
sciogliere la sigla sibillina. Tfa sta per Tirocinio Formativo Attivo,
l’ultima diavoleria che il Ministero ha inventato in materia di
abilitazione all’insegnamento. Dopo aver chiuso nel 2010 la tanto
vituperata SSIS, in molti chiedevano un percorso alternativo di
abilitazione, anche, perché, non si capisce come mai noi siamo l’unico
paese d’Europa che non prevede percorsi di didattica all’interno dei
tradizionali corsi di studio universitari, tranne che nel caso di
Scienze della Formazione. Sarebbe apparso più semplice prevedere
materie didattiche all’interno dei percorsi universitari, ma questo
avrebbe tagliato fuori i vecchi laureati, costretti a rifare l’intero
iter. A questo punto, quei buontemponi del Ministero, veloci come
neutrini, hanno rispolverato una specie di SSIS compattata. Ritenendo
inutile rifare le materie già studiate durante l’università ( ma come
mai in 10 anni di SSIS non se ne erano accorti?), hanno puntato tutto
sul tirocinio, l’unico vero strumento utile per imparare ad insegnare e
sulla didattica. Il ministero ha così anche allontanato lo spettro di
un concorso a cattedra, chiesto a più riprese da varie parti politiche,
che avrebbe dato posti ai “meritevoli”, lì dove fossero stati
necessari.
Il problema, a questo punto, è la solita guerra tra poveri, che
si è innescata subito dopo. Il TFA non darebbe solo un titolo di
studio, l’abilitazione, appunto, ma anche la possibilità di entrare in
una graduatoria, sì ma quale? Qui si sfiora il ridicolo. Ricordiamo ai
lettori che attualmente esistono già due graduatorie: Le Graduatorie di
Merito, uscite dal concorso del 2000 e mai scadute ( vedi in tal senso
l’ottimo articolo della collega Sara Galantucci su orizzonte scuola
dell’8 Settembre 2011) e le Graduatorie ad Esaurimento, dove sono
confluiti tutti gli abilitati SSIS di questi anni. Dove andranno i
futuri abilitati? Il Ministero per dirimere la questione (ahimè) ha
emanato una nota (Nota prot. n. AOODPPR/ Reg:Uff./n. 2008 del 10 agosto
2011) che contiene la stima del fabbisogno dei prossimi anni di
docenti, ripartito per regioni e classi di concorso.
Il panorama è davvero desolante. Le classi umanistiche non avranno
bisogno, per decenni, di nuovi abilitati (bastano le graduatorie
chilometriche di cui sopra), mentre le materie scientifico –
tecnologiche rimarranno sguarnite. Quindi sembrerebbe che per queste
ultime, tra breve, non esisteranno più le due Graduatorie
summenzionate. Le università dovranno far pervenire al Ministero una
documentazione dove sia specificata l’offerta formativa proposta per
l’attivazione del Tfa, ma solo in quelle classi di concorso dove ce ne
sia effettivo bisogno. Subito scoppia la guerra di cifre. Vi sono
sindacati che chiedono l’aumento delle classi di concorso da attivare e
delle università interessate ( forse su pressione di queste ultime che,
dopo la vendemmia della SSIS, sono all’asciutto da troppo tempo?). C’è
da giurarci che il Ministero aumenterà tali cifre, ricadendo nel
baratro di liste interminabili.
Ora io mi chiedo, ma non potremmo usare un sistema di reclutamento più
coerente? Proviamo ad immaginare, ad esempio, come potrebbe essere: chi
vuole insegnare segue un percorso di studi ad hoc ( con materie che
abilitino davvero all’insegnamento, come didattica, pedagogia ecc.), la
sua laurea è già abilitante, in modo che se vuole andare ad insegnare
all’estero, oppure aprire una scuola privata può benissimo farlo.
Successivamente, lo Stato dà a questi abilitati la possibilità di
partecipare a dei corsi – concorsi, dove i più meritevoli, dopo essere
stati selezionati, svolgono un tirocinio (ricevendo un rimborso spese)
e ricoprono, dopo un periodo di formazione, un posto reale, che rimane
questo per sempre (cioè il tanto sospirato “tempo indeterminato”).
Ovviamente tale posto lo vinci dove lo Stato ne ha bisogno e se ti va
bene ci vai, altrimenti nulla. In Francia ed in Romania il sistema è
pressoché questo. Perché noi non siamo in grado di fare altrettanto? Io
credo perché l’Italiano medio trasformi sempre un dovere in un diritto
acquisito. Siamo abituati a pensare che se ho l’abilitazione devo avere
il posto. No, io ho diritto a studiare per poter ottenere
un’abilitazione, ma il posto lo ottengo se, dopo aver studiato, io
dimostro di essere il più bravo tra altri candidati, che hanno studiato
come me. Questo sarebbe un modo per uscire dalla mentalità della
“mandria”, cioè del “siamo tutti uguali, ci devono assumere tutti”.
Usciremmo così dalla follia di un concorso, bandito ormai undici anni
fa, che ancora si deve esaurire, dall’assurdità della guerra tra
abilitati SSIS su varie classi di concorso che lottano per un posticino
ad ogni passo e si darebbe spazio alla tanto sospirata “meritocrazia”,
che sembra come l’Araba Fenice (che ci sia ciascun lo dice/ dove sia
nessun lo sa…). Ma forse questo è un sogno troppo ardito… quasi come
quello di attraversare, passeggiando, un tunnel che colleghi Ginevra al
Gran Sasso.
Francesca Sorrentino (da
http://www.ilsitodiprato.it)
redazione@aetnanet.org
|
|