Concorso per dirigenti scolastici: come non si fa un test!
Data: Martedì, 27 settembre 2011 ore 19:16:35 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Sono decenni che nella nostra cultura – e incultura – valutativa non si riesce a comprendere fino in fondo, da parte di tanti dei nostri docenti e, soprattutto, dei nostri amministratori, che cosa sia e significhi un test e quale peso abbia nella valutazione di un processo di apprendimento. Il fatto è che lo si è sempre confuso con un quiz, quindi con uno strumento povero e improvvisato, più dettato dalla moda che dalla necessità di implementare le modalità valutative. Tuttavia, l’evoluzione stessa delle necessità valutative – si pensi ai test di accesso alle università o a quelli utilizzati nei concorsi – imposte da un numero sempre più alto di soggetti che vogliono accedere a gradini più alti del sapere e di responsabilità professionali, ha imposto ormai un uso pressoché generalizzato della prova test. Ma, mentre è cresciuta a dismisura la necessità di ricorrere all’uso del test, non è affatto cresciuta una “cultura del test”. Di fatto, che cosa sia un test, quali siano le sue finalità, quali siano i suoi pregi e i suoi limiti, in quali situazioni debbano e possano essere usati e, soprattutto, come si confezionino, sono interrogativi che, di fatto, nessuno si è mai posto. In effetti, non si sarebbero avute le lamentele a proposito delle prove Invalsi, né quelle relative a tante prove-test che poi sono state contestate!                  
 La stessa cosa si è verificata per il test predisposto dal Miur per il concorso DS! La cosa non mi stupisce più di tanto e, se dico che me lo aspettavo, non voglio essere considerato l’uccellaccio dal malaugurio! In primo luogo va detto che non è sufficiente essere esperto di una materia per essere esperto anche nella produzione di test che con quella materia abbiano attinenza. Il fatto è che la produzione di un test, o di un solo item, è, semplicemente, un’altra cosa, che richiede una competenza specifica! Non entro nel merito di questa competenza e rinvio pertanto a quanto ci dicono in materia le scienze dell’educazione e la docimologia!

Ma, tornando al test proposto dal Miur, la cosa che più colpisce non è il gran numero di errori marchiani, che con un semplice pretest sarebbero stati tempestivamente individuati e corretti, e neppure il fatto che molti quesiti appaiono per lo meno stravaganti e risibili, ma l’estrema disomogeneità della loro confezione: ora compaiono item estremamente pretenziosi, ora quesiti secchi e concettualmente assai poveri; non viene mai rispettata la regola che le risposte dovrebbero avere la medesima lunghezza, almeno per ogni coppia; a volte l’item è introdotto dal solo soggetto, scelta che potrebbe dar luogo a centinaia di completamenti; invece, se la parte iniziale dell’item fosse costituita di soggetto, predicato e anche di qualche complemento, si dovrebbe poi chiudere con opzioni che non è sempre facile proporre: ed è proprio qui la difficoltà della confezione di un item. Del resto, indicazioni di questo tipo, insieme a tante altre del resto, si ritrovano in ogni buon manuale sulla valutazione (Domenici, Lucisano, Pellerey, Vertecchi, i contributi dell’Isfol e del Formez), indicazioni teoriche e pratiche il cui utilizzo non traspare affatto dagli item proposti dagli esperti del Miur! Il fatto è che non è detto che un esperto disciplinare sia anche un esperto di test! Per queste ragioni quei criteri di attendibilità, affidabilità, validità che dovrebbero caratterizzare qualsiasi prova, e non solo quelle oggettive, non sono rintracciabili nella pletorica raccolta del Miur!

Concludendo, sotto il profilo della fattura docimologica, gli item non solo sono molto disomogenei, ma molti di essi sembrano tirati via… alla carlona ed è difficile riconoscervi la dignità di una prova. Il fatto è che la produzione di un solo item su un determinato contenuto disciplinare rimanda a una preparazione metodologica che in effetti nella nostra cultura – o incultura – valutativa abbiamo sempre preso sottogamba. Le ragioni di tale sottovalutazione sono molteplici: ai test in effetti nessuno ci crede e la convinzione che siano veramente dei quiz, pur se non dichiarata, è più che diffusa; in fondo si tratta di domandine gettate lì… e che ci vuole a fare un test? Per quello che serve! Solo per giungere a rapide eliminatorie! E questa è la funzione del test proposto dal Miur, un test che i nostri candidati, veri eroi disposti a ogni sacrificio, affronteranno consapevoli che si tratta di una prova che poco ha a che vedere con la scientificità che la dovrebbe caratterizzare, per nulla attendibile e affidabile… e valida solo… per selezionare! Il grano dal loglio? Non credo: i fortunati dagli sfortunati! Un ulteriore motivo di disaffezione verso le nostre istituzioni.    (di Maurizio Tiriticco da Educazioneduepuntozero)

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