La saggezza del Presidente e le responsabilità della scuola. A Roma i ragazzi del Parini di Catania
Data: Lunedì, 26 settembre 2011 ore 14:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Grande emozione trovarsi ancora una volta tra i 2.600 studenti di tutta Italia con la maglietta tricolore nel cortile d’onore del Quirinale per la cerimonia d’inaugurazione dell’anno scolastico.
Un giorno di festa dedicato alla scuola, anzi,come ha detto il Presidente è la cerimonia più bella che viene organizzata al Quirinale, perché ci sono i ragazzi, veri protagonisti dell’Italia che cresce.
Il ricordo delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia è vivo e palpabile in ogni segno ed ancor più nella pubblicazione, numero unico “La scuola al Quirinale” che raccoglie nel titolo “fieri di essere italiani” la documentazione fotografica e dei messaggi del presidente e del Ministro dell’11 maggio, festa della scuola per l’Unità d’Italia.
Il contributo che la scuola ha dato alle celebrazioni è stato “determinante e straordinario” con l’apporto di idee e di energie alimentato da un grande entusiasmo.
Il discorso del Presidente si rende concreto descrivendo le “gravi difficoltà che l’Italia sta affrontando” ed ha alzato alta la sua voce nel reclamare per la scuola maggiori sostegni ed adeguate risorse.
Del discorso del Presidente si evidenziano alcuni passaggi significativi: valorizzare le eccellenze che “una volta emerse vanno accompagnate nella loro crescita” e quindi sostenuti da adeguate borse di studio; La qualità della formazione delle nostre Università si infrange nella constatazione “troppi nostri bravi laureati per necessità lascino ogni anno il Paese”
Nel definire la scuola di oggi il Presidente utilizza gli attributi di qualità che caratterizzano “una scuola aperta e migliore, una scuola inclusiva che accoglie i bambini di ogni colore, figli dell’emigrazione, una scuola moderna che richiede una quota adeguata di risorse nell’ambito del bilancio dello Stato”
Queste parole ascoltate dalla viva voce del Presidente Napolitano penetrano nel cuore e responsabilizzano di educatori ad essere artefici di così alte idealità e responsabilità
Ancora una volta dal Quirinale giunge un monito che a cascata coinvolge tutti. “Chi guida l’Italia le dia speranza. Ciascuno faccia la sua parte per il futuro comune” . Questa espressione non riguarda soltanto i componenti del Governo nazionale o i politici, amministratori della “cosa pubblica”, ma nello specifico della scuola riguarda il Ministro, i Direttori generali, i Provveditori, i Presidi, i Professori che “guidano e accompagnano la formazione integrale degli studenti” e poi ancor anche i genitori.
Per dare speranza e certezza, occorre averla dentro e la scuola non può essere letta soltanto per le cose negative che ci sono: tagli, contrazioni, carenze, ma la scuola è bella, è viva, è dinamica
Leggere spesso e quasi unicamente :“la scuola è finita” ,“la scuola è nuda”; la scuola è morta” con accanto l’icona fotografica di una “natura morta”; rivela di non avere speranza e quindi di non poterla dare agli altri, contravvenendo al monito del Presidente della Repubblica che sta contribuendo a far cambiare stile.
Spesso il mondo della scuola ha identificato nell'incertezza il metodo dell'insegnamento, definendo anche buon insegnante chi non comunica certezze e confondendo la metodologia della “ricerca” con la strategia del dubbio, dell’incerto, dell’imprevisto o peggio limitando l’intervento formativo alle semplici nozioni disciplinari e scolastiche, staccate o totalmente avulse dalla vita
Il Presidente della Repubblica ha avvertito, invece, che “è la certezza che educa, che fa crescere, che fa diventare grandi” Ecco il compito dell’educatore: “portare, nel tempo dell'incertezza, l’anelito di certezza e che la certezza sia una risorsa per il bene comune”
Nella nostra angoscia e inquietudine, tutti e ciascuno “siamo un bisogno insopprimibile di certezza che non riusciamo mai effettivamente a colmare”.
La scuola di oggi dovrebbe essere “palestra di educazione e di formazione “ come quella di un tempo, quando i bambini affermavano con orgoglio e consapevolezza “Lo ha detto la Maestra”.
Era questa la scuola che insegnava valori, certezze, ideali e plasmava ed educava, insegnando a pensare.
L’educatore che teorizza l'incertezza, infatti, indebolisce i giovani, li mantiene fragili, mentre la società di oggi reclama persone forti e decise. La speranza e la certezza, al dimensione del positivo aiuta a crescere e a diventare grandi
La scuola infatti, accoglie l’alunno che cresce nella comunità, apre i suoi occhi al vero (la scuola non può insegnare bugie e falsità) lo aiuta anche a scoprire la dimensione dei valori e dell’Assoluto
L’autonomia della scuola, capace di operare scelte funzionali e migliorative del servizio per il territorio e per l’utenza resta spesso imbrigliata tra le spire velenose della burocrazia, che mortifica ogni progetto di liberta e di efficienza.

Giuseppe Adernò
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