“Il diario di scuola” di Pennac e la mia collega
Data: Sabato, 24 settembre 2011 ore 04:00:00 CEST Argomento: Redazione
So di una
collega che vive, laggiù, ai piedi dell’Etna, in un antico borgo
medievale, pieno di vaneddi e cortili, dove spesso i ragazzi, anziché,
giocare a nascondino o con le figurine dei calciatori, muovono nel
cielo tamburi e banderuole colorate, quasi, a ricordare i bei tempi del
Medioevo, quando la regina Bianca di Navarra villeggiava, lassù,
nell’irto castello normanno, sopra l’argilla stagionata, tra storie
sussurrate e meraviglie. Una collega che, come Nausicaa, compone parole
musicate per dileggio e che si ostina a nasconderle dentro casciola
imbottiti di ricordi, ma che a volte emergono, sbuffanti, da piccoli
quaderni a fiori gialli e si crogiola. Una collega che è diventata
insegnante perché madre, perché donna, per quell’istinto di maternità
che rende eterne tutte le donne. “Avevo un lavoro impegnativo e
soddisfacente, un ottimo stipendio; ero stimata. La nascita dei miei
figli m’ha messo allo scoperto: come educarli, a chi affidarli, quale
tempo dedicargli, a quale prezzo?” Così la collega decise,
all’improvviso, di fare uno degli ultimi concorsi a cattedra della
storia della scuola italiana. Presa d’impegno e di coraggio, manco a
dirlo, lo vinse, e si ritrovò, così, a trent’anni, “professoressa di
Italiano e Storia nelle scuole secondarie di primo grado”. All’inizio
della carriera, armata d’entusiasmo e di buona volontà, fu un continuo
girovagare per i paesi della piana di Catania, poi, dopo anni di
gavetta, diventò titolare di cattedra nella scuola media del suo “natio
borgo selvaggio”.
E la collega per ricordare, fino in fondo, di aver abbracciato un
mestiere che ti segna per la vita, una professione che ti qualifica e
ti identifica per sempre, ha incorniciato, tra souvenir e magneti
decorati, nel frigorifero di casa sua, la copia d’una memorabile pagina
del “Diario di scuola” di Daniel Pennac, regalata da alcune
colleghe, durante una festa, in una sera d’inverno.
“È immediatamente percepibile, la presenza del professore calato
appiano nella propria classe. Gli studenti la sentono sin dal primo
minuto dell’anno, lo abbiamo sperimentato tutti: il professore è
entrato, è assolutamente qui, si è visto dal suo modo di guardare, di
salutare gli studenti, di sedersi, di prendere possesso della cattedra.
Non si è disperso per timore delle loro reazioni, non si è chiuso in se
stesso, no, è a suo agio, da subito, è presente, distingue ogni volto,
la classe subito davanti ai suoi occhi…“Quando sono con loro o alle
prese con i loro compiti, non sono altrove”. Aggiunse: “Ma quando sono
altrove, non sono proprio più con loro”. Il suo altrove era, nella
fattispecie, un quartetto d’archi che esigeva dal suo violoncello
l’assoluto necessario alla musica. Del resto lei sosteneva vi fosse una
correlazione tra una classe e un’orchestra. “Ogni studente suona il suo
strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i
nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un
reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa
sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin
tin, o lo scacciapensieri che suona soltanto bloing bloing, la cosa
importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile,
che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e
che siano fieri della loro qualità che il loro contributo conferisce
all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti,
alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in
maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa
musica”. Fece una smorfia fatalista: “Il problema è che vogliono farci
credere che nel mondo contino solo i primi violini”.
Una pausa: “E alcuni colleghi si credono dei Karajan che non sopportano
di dover dirigere la banda del paese. Sognano tutti la Filarmonica di
Berlino, è comprensibile…”.
Tutto ciò è stato compreso, fin troppo bene, dalla nostra cara collega.
Sarà comprensibile anche per noi?
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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