Cittadinanza Attiva: per ricostruire l’Italia si cominci dalla scuola
Data: Venerdì, 23 settembre 2011 ore 12:57:03 CEST Argomento: Associazioni
Nuovo anno
scolastico e va peggio di prima. Di nuovo aule sporche e insicure, aule
ancora più affollate, tagli di bilancio che continuano ad infierire e
che rendono difficile il sereno svolgimento delle attività scolastiche.
L’Italia investe poco sull’istruzione, è una constatazione confermata
da tutte le rilevazioni statistiche. Il nostro Paese riserva alla
scuola il 4,8% del Pil, mentre in media i paesi Ocse le garantiscono il
6,1%. I numeri mostrano un gap tra l’Italia e gli altri Paesi europei,
non c’è niente da fare.
Il primo effetto di questo disinvestimento sulla scuola è il fenomeno
della dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile. Infatti,
secondo l’ISFOL sono quasi 120mila i ”dispersi” tra i 14 e i 17 anni,
il 5% il che significa che 117.429 ragazzi in questa fascia d’età
abbandonano gli studi. Questi ragazzi fuoriescono da qualsiasi percorso
formativo, con un forte divario tra Nord e Sud: oltre 71mila risiedono
al sud e nelle isole, mentre al Nord, le percentuali sono del 4,5% nel
nord ovest e dell’1,7% nel nord est.
La disoccupazione giovanile è in crescita: mai così tanto dal 2004. Lo
rileva l’Istat nel primo trimestre di quest’anno, secondo cui il tasso
di disoccupati degli italiani tra i 15 e i 24 anni è aumentato al 28,6.
C’è un legame (ovvio) fra efficacia dei percorsi formativi e
occupazione. Tanta manodopera priva di formazione non può competere, in
tempi di globalizzazione, con economie emergenti che, tra l’altro,
stanno creando un sistema di istruzione in grado di preparare giovani
qualificati in numero tale da “rifornire” di tecnici e ingegneri anche
parte dei paesi occidentali.
E, invece, la scuola ha pagato e sta pagando un prezzo altissimo al
risanamento dei conti pubblici e questo ben prima dell’ultima manovra e
cioè a partire dalla legge 133 del luglio 2008. Anche se è sempre stato
dichiarato dal Ministero dell’Istruzione che non si sarebbe avviata una
riforma del sistema scolastico ma solo una sua razionalizzazione, nei
fatti i cambiamenti che si registrano hanno avuto un effetto pari e
superiore all’avvento di una riforma.
Tanti sono i punti dolenti causati dalla politica del governo.
L’istituzione del maestro prevalente per la scuola primaria; il
conseguente taglio di migliaia di posti di insegnanti e di personale
ATA, con ripercussioni sul tempo pieno e sull’inserimento dei disabili;
l’innalzamento progressivo del numero di alunni per aula fino
all’esplosione del fenomeno delle classi “scatola di sardine” (circa
2.200 aule, con 66.000 studenti nel 2011); il ristabilimento dei voti
al posto dei giudizi e del voto in condotta che incide sulla
valutazione; la proposta di reinserimento dell’ora di educazione civica
e dei grembiulini scolastici, poi, nei fatti, ritirate; la percentuale
del 30% di alunni stranieri rispetto a quelli italiani; la riforma
della scuola secondaria di II grado; il blocco degli scatti di
anzianità per il personale. E, tra i più recenti: l’innalzamento del
limite minimo di dimensione degli istituti comprensivi ad almeno 1.000
alunni (500 per quelli delle piccole isole, dei comuni montani);
l’esclusione dei Dirigenti scolastici nelle istituzioni scolastiche con
meno di 500 alunni (300 nelle piccole isole, nelle comunità montane,
ecc.) con affidamento a reggenti; la riduzione del numero di Dirigenti
scolastici; l’immissione in ruolo di 30.000 docenti precari e di
personale ATA; la riduzione di fondi all’autonomia scolastica (da 127
milioni del 2010 a 79 milioni del 2011) che significa, tra l’altro,
sforbiciate su tutte quelle attività previste dal Piano di Offerta
Formativa e tanto amate dagli studenti (gite scolastiche, lingue
straniere, corsi, ecc.). Il mancato rifinanziamento della legge
ordinaria dell’edilizia scolastica, lo stanziamento di fondi
straordinari (Fondi FAS, 1 miliardo di euro), con criteri e modalità di
assegnazione discutibili e ancora in fase di implementazione per poco
meno della metà; il mancato avvio della materia “Cittadinanza e
Costituzione”. Tutto ciò rende la scuola più fragile e meno credibile.
Che la scuola per troppo tempo sia stata considerata alla stregua di un
ammortizzatore sociale, che sia necessario apportare razionalizzazioni,
per es. alla rete scolastica, che sia urgente eliminare fonti di spreco
ed eccessivi squilibri, che sia indispensabile rivederne il sistema di
governance: tutto ciò corrisponde al vero ma non giustifica
un’operazione geometrico-quantitativa, come quella realizzata da tre
anni a questa parte, che non è stata in grado di avviare alcuna
politica legata al merito, non è stata in grado di elevare la qualità
dell’istruzione e, tanto meno, di avviare una politica di investimento
e di sviluppo.
Se la crisi in atto è anche e, forse, soprattutto crisi di un sistema
di governo che ha puntato in maniera scellerata sull’egoismo e
sull’individualismo esibendo, peraltro, esempi riprovevoli di
comportamenti distruttivi di un’etica pubblica minima basata sul
rispetto delle istituzioni, sulla cura degli interessi generali e sulla
legalità, allora è incontestabile che il ruolo formativo della scuola
torna ad essere un asset strategico per l’Italia.
Bisogna sperare che una nuova classe dirigente lo assuma come uno dei
suoi impegni principali.
Adriana Bizzarri, Responsabile Scuola di Cittadinanza Attiva
http://www.cittadinanzattiva.it
|
|