Il dirigente superfluo. Si vincono i concorsi con le regole che ci sono e qualunque selezione selezionerà male
Data: Mercoledì, 21 settembre 2011 ore 04:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Qualche anno fa,
durante una trasmissione sportiva televisiva, una discussione su un
rigore stava andando molto per le lunghe. Finché non intervenne
l’allenatore della Sampdoria, il serbo Vujadin Boskov, che disse:
“Rigore è quando arbitro fischia”. Nel dibattito che infiamma i siti
scolastici (si fa per dire) sul concorso per dirigenti scolastici e sul
ruolo del dirigente nei nuovi istituti comprensivi si potrebbe
intervenire così: “Si vincono i concorsi con le regole che ci sono. Si
fa i dirigenti scolastici con le regole che ci
sono”.
Attualmente ci sono in servizio dirigenti scolastici selezionati nei
modi più svariati:
- vincitori dei concorsi a presidi
(l’ultimo mi pare sia stato all’inizio degli anni novanta) trasformati
in dirigenti con un corso;
- vincitori dei concorsi per
direttori didattici (l’ultimo mi pare sia del 1996) trasformati in
dirigenti con un corso;
- vincitori del primo concorso
riservato (2002);
- vincitori del primo concorso
ordinario (2007);
- idonei ripescati dal primo
concorso ordinario (2007);
- vincitori del secondo concorso
riservato (2008);
- dirigenti incaricati che i
concorsi su citati li hanno persi tutti o quasi.
Le procedure di selezione e formazione sono state tutte diverse, in
alcuni casi con caratteristiche bizzarre: i vincitori del primo
concorso ordinario hanno fatto 9 mesi di formazione; i ripescati dello
stesso concorso 3 e i vincitori del secondo riservato sempre 3. Qual è
la formula migliore di selezione? Non lo si può sapere per il semplice
motivo che i dirigenti scolastici non vengono valutati. Se – per
assurdo – selezionassimo i dirigenti scolastici attraverso una
camminata sui carboni ardenti e poi attraverso valutazioni puntuali
scoprissimo che quei dirigenti sono in assoluto i migliori forse
dovremmo prendere in considerazione l’idea che quel metodo di selezione
è il migliore, pur se piuttosto atipico.
Invece il Miur cambia continuamente metodo di selezione, ma non valuta
i selezionati. Io ho vinto il concorso ordinario, ne vado fiero (per
quel che vale questa fierezza), ma non so se sono un buon dirigente e
soprattutto se sono migliore degli altri, Nessuno valuta me e nessuno
valuta gli altri. Dunque, in assenza di valutazione, si vince il
concorso con le regole che ci sono. Ed è inutile contestarle – quiz o
non quiz – perché tanto sono un salto nel buio, perché non c’è modo di
dimostrare che questo metodo di selezione è peggiore o migliore di
quello precedente.
Discorso analogo va fatto sul dimensionamento scolastico: è meglio che
un dirigente scolastico diriga una scuola di 400 alunni in un unico
edificio (come dicono quasi tutti) o è meglio che diriga un istituto di
1.500 alunni anche con dieci sedi (come dico io)? Impossibile saperlo
senza verificare e valutare, basandosi solo su impressioni, lamenti,
petizioni di principio, soliloqui e vaniloqui.
Magari hanno ragione quelli che pensano che non serviamo a niente, che
siamo finti dirigenti, che facciamo tante storie per un mestiere come
un altro. Magari siamo superflui e sostituibili con docenti a rotazione
e un direttore dei servizi che fa bene i conti. Magari siamo
un’illusione degli anni novanta, nata da una classe politica che ha
scritto “dirigente” dove voleva scrivere “preside”. Magari siamo
oggettivamente “amici” di Brunetta e Tremonti e dunque piuttosto
imbarazzanti. Se è così anche solo in parte, perché crucciarsi tanto:
qualunque selezione selezionerà male e qualunque dimensionamento dovrà
sopportare” uno di noi (di Stefano Stefanel da ScuolaOggi)
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