Questa «commedia dell'assurdo» che ogni anno si ripete: gli insegnanti di sostegno sono insufficienti ma Gelmini dà numeri pubblicitari
Data: Martedì, 20 settembre 2011 ore 20:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
È soltanto una
«leggenda nera», secondo il ministro dell'Istruzione Mariastella
Gelmini, il fatto che nel nostro Paese manchino tanti insegnanti di
sostegno. Proviamo invece a spiegare ai Lettori perché non è così e
soprattutto perché - al di là degli stessi insegnanti di sostegno -
l'Italia si dimostri ancora sin troppo arretrata, dal punto di vista
della cultura dell'inclusione, nonostante le sue leggi costituiscano un
modello di eccellenza per tutti gli altri Paesi europei.
Replichiamo - in quanto associazione di genitori con figli
disabili - alle dichiarazioni rilasciate in questi giorni dal ministro
dell'Istruzione Mariastella Gelmini, in merito al sostegno scolastico:
il Ministro ha affermato infatti che, quest'anno, gli insegnanti
deputati a seguire gli alunni disabili italiani sono «talmente tanti da
rappresentare un picco storico». E ha calato nel vuoto una cifra,
«94.000», senza aggiungere però che, rispetto allo scorso anno, anche
gli studenti disabili sono aumentati a oltre 200.000 presenze e
che forse anche loro costituiscono un "picco storico".
Cosa dice la legge in merito al rapporto numerico tra insegnanti di
sostegno e studenti? Dice che possono esserci due studenti per ogni
insegnante: facendo una semplice divisione, ne abbiamo 2,14 e cioè
siamo già fuori della legge.
La legge dice anche che nei casi in cui vi sia la gravità (naturalmente
certificata), il rapporto dev'essere di 1 a 1, senza se e senza ma.
Quindi, calcolando anche i casi di gravità, il rapporto aumenta, la
legge viene ulteriormente trasgredita e gli insegnanti sono
insufficienti.
Le associazioni dedicate, i sindacati, gli esponenti politici che si
occupano di scuola parlano di 65.000 insegnanti di sostegno che
mancano. 65.000, non 1.000 o 2.000, ma un numero enorme! In alcune
Regioni ne mancano di più, come la Calabria (rapporto 4!) o il Veneto
(rapporto 3,8). In Lombardia siamo quasi al pari del Veneto, per cui le
associazioni - compresa la nostra - si sono mobilitate per richiedere
subito il confronto per arrivare a una soluzione. In Sicilia,
addirittura, le scuole sono iniziate il 15 settembre, ma gli insegnanti
di sostegno inizieranno il loro servizio solo il 30 del mese.
E nel frattempo gli alunni disabili? Siamo alla discriminazione
pura.
Emblematico anche il caso di Torino,
dove, per questioni di "razionalizzazione", si volevano assegnare
quattrocento posti di sostegno a docenti che non erano abilitati, come
dire "spedisco un elefante in una cristalleria"...
La mobilitazione è generale in tutta Italia, si fanno manifestazioni,
si scrivono lettere addirittura a Napolitano (per esempio da Parma), si
decide di non portare a scuola i figli (Venezia), eppure il nostro
Ministro dell'Istruzione dice che quella del taglio degli insegnanti di
sostegno è una «leggenda nera» («La Stampa» del 14 settembre scorso,
servizio a firma di Michele Brambilla, visionabile cliccando qui).
Ma chi sono questi insegnanti di
sostegno? Sono docenti per cui non esiste una classe di concorso, per
cui si stanzia una cifra ridicola per i corsi di formazione, per tacer
del fatto che - dopo cinque anni che uno fa il sostegno - poi può
diventare un insegnante "normale" e buonanotte alla professionalità, in
un campo così delicato come quello della didattica speciale.
Ricordiamoci che l'insegnante di sostegno non è il "babysitter
dell'alunno disabile", ma è assegnato a tutta la classe,
con il compito, cioè, di integrare i compagni con l'alunno
che segue e viceversa. È un docente a tutti gli effetti, ma nella
realtà viene spesso trattato come una "cenerentola" pure dai colleghi
curricolari. Anche questa è un'altra forma di discriminazione.
Il sostegno, però, è solo la punta
dell'iceberg dei problemi che affliggono gli alunni disabili, ogni
anno, tutti gli anni: ci sono le barriere architettoniche, il personale
vario che per legge dev'essere assegnato: assistente alla comunicazione
per chi ha disabilità sensoriali (cecità e sordità), assistente
igienico, assistente sanitario (nei casi in cui l'alunno sia sotto
terapia farmacologica) e l'educatore fornito dai Comuni.
Ci sono gli ausili che deve procurare la scuola (esistono i banchi, le
sedie, le lavagne tradizionali o interattive, i libri di testo ecc.?
Bene, per chi è disabile tutto questo si chiama ausilio).
Le famiglie degli alunni disabili devono lottare ogni anno, da sempre,
anche per avere tutte queste cose, previste per legge. L'Italia è un
Paese che si dimostra ancora arretrato nella cultura dell'inclusione,
ignorando tutte le leggi che abbiamo in materia e che sono un modello
di eccellenza per tutti gli altri Paesi europei.
E veniamo a un altro nodo cruciale:
sempre per legge esiste qualcosa che si chiama GLH (Gruppo Lavoro
Handicap), che dev'essere istituito, pena omissione d'atti
d'ufficio per il Dirigente Scolastico. Si tratta di gruppi di lavoro
specifici per la disabiltà nella scuola, cui partecipano anche i
genitori, tramite i loro rappresentanti.
Ebbene, la maggioranza dei Dirigenti Scolastici italiani non indice il
GLH, non c'è alcuna programmazione didattica intorno all'alunno
disabile e i genitori neanche hanno colloqui con l'insegnante di
sostegno. Spesso non vedono nemmeno il PEI, che è il Piano Educativo
Individualizzato e che non dovrebbe aver valore se non firmato dai
genitori. Un documento, questo, che dovrebbe essere il frutto del
lavoro corale degli insegnanti curricolari, degli specialisti che
seguono l'alunno e dei genitori stessi. Per capire: nel PEI si
decide cosa fare, quali obiettivi raggiungere, se sia il caso di optare
per il programma a requisiti minimi oppure per quello differenziato.
Non sappiamo se abbiamo reso l'idea, se cioè chi è estraneo a questo
mondo si renda conto di come sono trattati gli alunni disabili e le
relative famiglie, in Italia.
Per sovrammercato, da qualche mese in qua, sentiamo alzate d'ingegno
sotto forma di Disegni di Legge che propongono di trovare degli sponsor
privati per assicurare il sostegno agli alunni disabili [se ne legga
nel nostro sito ad esempio cliccando qui, N.d.R.], in barba a ciò che
sancisce non solo la Costituzione, ma anche tutte le leggi che tutelano
le persone disabili. Il messaggio lanciato dai politici che li hanno
proposti è indubbiamente inequivocabile.
C'è quindi qualcosa che non va, non
trovate? E c'è molto di non detto, ad esempio le migliaia di condanne
che ogni anno il Ministero dell'Istruzione subisce perché le famiglie
ricorrono ai Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), per vedersi
ripristinati i diritti costantemente negati: non solo, quindi, il
Ministero deve pagare le spese processuali, ma anche i danni
esistenziali arrecati.
Vorremmo leggere in tal senso il bilancio di questo Ministero, per
appurare a quanto ammonti tutto questo spreco di pubblico denaro:
invece di dare il giusto all'inizio, cioè di assegnare il numero dei
docenti di sostegno adeguato, ogni anno si ripete questa "commedia
dell'assurdo", come se gli alunni disabili fossero "dettagli
trascurabili", non persone cui dev'essere garantito il diritto
all'istruzione. Anche in questo caso si palesa una volontà
indubbiamente inequivocabile.
Ci chiediamo infine perché l'attuale Ministro dell'Istruzione abbia
svuotato di ogni significato e lasciato di fatto morire un organismo
importante e imprescindibile come l'Osservatorio Permanente per
l'Integrazione Scolastica degli Alunni in Situazione di Handicap le cui
finalità - come stabilito dal Decreto Ministeriale del 14 luglio 2000 -
sono le seguenti: «Monitoraggio del processo di integrazione scolastica
degli alunni in situazione di handicap, allo scopo di facilitare e
sostenere la piena attuazione degli obiettivi previsti dalla Legge
5.2.1992 n. 104, anche in attuazione del D.P.R. n. 275/99; accordi
interistituzionali per la presa in carico del progetto globale di vita
e di integrazione degli alunni in situazione di handicap, attraverso
misure che sostengano la continuità educativa, l'orientamento
scolastico e professionale, il collegamento con il mondo del lavoro;
piena attuazione del diritto alla formazione delle persone in
situazione di handicap; sperimentazione e innovazione
metodologico-didattica e disciplinare; iniziative legislative e
regolamentari».
Chi più dei rappresentanti delle associazioni delle famiglie delle
persone disabili e di quelle figure professionali che studiano la
disabilità di cui, in Italia, per fortuna, disponiamo in abbondanza,
avrebbe potuto meglio aiutare il Ministro dell'Istruzione a garantire
ogni diritto agli studenti e magari a razionalizzare davvero questi
"benedetti" bilanci?
L'istruzione pubblica è la base della cultura di ogni Paese civile, che
non significa solo usare la calcolatrice, non sbagliare i congiuntivi e
sapere quando è stata la Battaglia di Canne!
Sappiamo che il Ministro non risponderà, farà come sempre, da quando ha
assunto questa importante e cruciale carica istituzionale, ma noi nella
cultura e nella buona educazione crediamo moltissimo e riteniamo
doveroso informare l'opinione pubblica sullo stato delle cose.
(da http://superando.eosservice.com/)
redazione@aetnanet.org
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