La scuola precaria e i toxic teachers. Attrarre e premiare la bravura, interrompendo il precariato e le stabilizzazioni senza selezione.
Data: Lunedì, 19 settembre 2011 ore 06:07:46 CEST Argomento: Rassegna stampa
La scuola forma il
capitale umano di un Paese, ossia uno dei motori della crescita a cui i
mercati finanziari guardano con attenzione. Gli italiani e il loro
Governo non sembrano invece farci caso, nemmeno in questo periodo in
cui sarebbe importante mandare segnali rassicuranti a chi ha prestato
risorse al Paese e teme di non riaverle indietro.
È passata quasi inosservata la decisione estiva del Governo, in
continuità con quelli precedenti, di stabilizzare 30mila insegnanti
precari (e 37mila Ata, ossia bidelli e assistenti amministrativi) senza
alcuna selezione volta a verificare la loro effettiva capacità
d’insegnare (o pulire e gestire le scuole) e solo sulla base della loro
posizione nelle cosiddette “graduatorie a esaurimento”, determinate
soprattutto dall’anzianità e non dal
merito.
Da circa dieci anni, la scuola italiana non cerca più di assumere
i migliori neolaureati, ma pesca in queste graduatorie coloro che, dopo
aver ottenuto un’abilitazione anche in tempi remoti e nei modi più
strani, hanno preferito sottoporsi a una lunga gavetta in attesa di un
mal pagato posto fisso, piuttosto che tentare altre strade
professionali.
Tutta la comprensione per chi viene sfruttato dai provveditorati per
tappare buchi in cambio d’incaute promesse d’assunzione a vita che
nessuno si sente poi di smentire quando la pressione dei precari monta.
Ma continuando in questo modo, non può che aumentare nel nostro Paese
il numero di coloro che scelgono l’insegnamento solo per ripiego e
mancanza di alternative. Ci saranno ancora, per fortuna, dei santi e
dei missionari attratti da questo mestiere per bravura e passione, ma
saranno sempre meno. Mettiamoci nei panni di un brillante neolaureato
in fisica. Ci sottoporremmo alla trafila necessaria per andare a
insegnare oggi come precari in un liceo?Molto probabilmente no, a meno
di essere ispirati da un’eccezionale volontà. Mettiamoci invece nei
panni di un mediocre laureato senza prospettive: la ragionevole
certezza di essere prima o poi stabilizzati in un lavoro che si può
anche fare male senza essere licenziati e che paga uno stipendio per
poche ore obbligatorie di prestazione diventa una prospettiva molto
appetibile. Dagli anni 70 è stata abolita perfino la possibilità per i
presidi di esprimere un’innocua nota caratteristica annuale sul merito
dei docenti, nota che dovrebbe essere reintrodotta, anche solo come
segnale, sia per i docenti che per i dirigenti e via via in su nella
gerarchia fino al ministro!
Per i molti insegnanti che fanno bene il loro mestiere, lo stipendio è
talmente irrisorio da suonare quasi come un insulto. Ma nella scuola ci
sono anche insegnanti che fanno poco o nulla per meritarsi lo stipendio
che ricevono, per quanto basso. Chiedete a un preside qual è la sua
preoccupazione in questi giorni in cui si formano le sezioni prima
dell’inizio dell’anno scolastico. Come coloro che con fantasia creano
nuovi strumenti finanziari mischiandone di buoni e cattivi, così il
dirigente deve sistemare gli insegnanti peggiori in modo che facciano
meno danni possibili, affiancandoli ai docenti bravi per creare un mix
di “toxic” e “safe teachers” che non provochi troppe proteste tra le
famiglie e gli studenti.
Anche per la scuola ci vorrebbe una seria agenzia di rating che
smascherasse e rimuovesse gli insegnanti “toxic”, ma il corpo docente,
guidato dai suoi sindacati, si chiude spesso come un riccio per
difendere anche chi è indifendibile. E così, solo le famiglie abbienti
e informate riusciranno a mandare i loro rampolli nelle sezioni “buone”.
Non sono certo molti questi insegnanti con cui nessuno vuole avere a
che fare. Ma se soltanto essi potessero essere allontanati in modo da
non fare danni e il loro stipendio potesse essere usato per aumentare
la retribuzione degli altri, che oggi sono a rischio di perdere la
passione, la scuola italiana migliorerebbe. Non si può fare, lo so: ma
almeno non rischiamo di assumerne ancora! E invece, ecco 30mila nuovi
precari assunti per diritto di anzianità non per merito, tra i quali
temo siano numerosi quelli “ad alto rischio” per la gioventù italiana.
Un rischio che pagheremo in termini di crescita futura.
Oggi la scuola ha bisogno di attrarre i migliori laureati alla carriera
d’insegnante, e per farlo è necessario interrompere il circolo vizioso
del precariato seguito dalle stabilizzazioni senza selezione. C’è un
unico modo credibile per farlo: abolire i concorsi pubblici nazionali e
dare autonomia alle scuole che devono essere libere di assumere gli
insegnanti preferiti, pagandoli quanto meritano, e di mandare via
quelli di cui non hanno bisogno o che non sanno fare il loro mestiere.
Lo Stato dovrà solo valutare le scuole (e i loro dirigenti) finanziando
quelle che avranno saputo sfruttare bene questo margine di autonomia. E
lo faranno anche i cittadini, scegliendo per i loro figli proprio
queste scuole.
Se i sindacati pensano che questo sia iniquo per i lavoratori, abbiano
il coraggio di spiegarlo agli studenti delle famiglie meno abbienti. I
ricchi, lo sappiamo, una soluzione la trovano sempre: sono i poveri a
pagare il costo di un insegnante che non sa fare il suo mestiere.
(di Andrea Ichino da Sole 24 Ore)
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