Diversamente abili, ugualmente bravi
Data: Lunedì, 12 settembre 2011 ore 15:00:00 CEST Argomento: Redazione
La scuola ha il
compito di educare i ragazzi e di creare occasioni di crescita civile e
di integrazione sociale e lavorativa. Sembra un obiettivo
“lapalissiano”…, anche se, difficile da raggiungere e da vivere!
Fortuna che ci sono esempi edificanti…
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
Fare un lavoro vero in un ambiente umano. E’ il desiderio di un gruppo
di ragazzi disabili di Modena che hanno dato vita ad un interessante ed
ambizioso progetto. Ma esempi simili esistono anche a Lucca, Prato,
Roma, Sassari. Ad Arezzo, per esempio, si è tenuto un corso di
formazione professionale, “Mani in pasta”, a cui ha partecipato un
gruppo di ragazzi diversamente abili. L’obiettivo è quello di stimolare
le capacità relazionali e di autonomia dei partecipanti, ma anche di
fornire conoscenze e competenze specifiche sulla ristorazione al fine
di consentire il loro inserimento in pizzerie, ristoranti o
pasticcerie. Luoghi accoglienti, con bei quadri alle pareti, che
esprimono ciò che si può fare malgrado qualche difficoltà fisica o
psichica, come nel locale romano di Trastevere, gestito da una
cooperativa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Il progetto prevede
il lavoro educativo di operatori, che affiancano gli utenti durante
l'attività che si svolge in sala ristorante, finalizzato a facilitare
l'acquisizione di strumenti relazionali e professionali. Tale
acquisizione avviene in presenza dei clienti, caratterizzando il
progetto come un laboratorio “in fieri” in cui, ciò che avviene durante
l'attività di ristorazione, diventa stimolo formativo. Il lavoro quindi
si propone di essere anche strumento educativo per costruire un
percorso di apprendimenti sia a livello di relazioni interpersonali,
che di autonomie, cura di sé, di indipendenza. Il menù proposto è il
risultato di un lavoro che non si può negare a qualcuno solo perché
disabile. Queste iniziative hanno offerto a diversi ragazzi con grave
disagio, l’opportunità di fare un’esperienza di lavoro retribuita,
sentirsi produttivi e, quindi, inseriti, accettati, ‘normali’. I più
responsabili hanno, addirittura, voluto proseguire sulla strada della
promozione dell’autonomia, percorso che ha evidenziato in ragazzi,
crollati di fronte alle difficoltà della vita, delle enormi
potenzialità, come raccontano i docenti di sostegno di un Istituto
Alberghiero di alcuni loro alunni - di cui tre con sindrome di Down -
bravissimi nella preparazione di cibi, in sala e al bar. Come nel film
italiano “Si può fare”, dove un gruppo di disabili psichici
sperimentano con successo un impegno professionale, che si configura
come un’opportunità in cui l’integrazione è possibile. E lo è in
maniera più consistente perché i ragazzi hanno modo di conoscersi, di
collaborare, di imparare qualcosa di utile, come le mansioni pratiche e
di affinare le conoscenze acquisite durante le lezioni teoriche in
classe.
(libero adattamento dell’articolo di Maria Vittoria De Matteis)
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