L'inutile nuovismo senza contenuti
Data: Lunedì, 12 settembre 2011 ore 07:37:10 CEST Argomento: Rassegna stampa
Migliorare la
qualità dell’insegnamento? Con una pioggia di Wi-fi e di lavagne
multimediali, anche in scuole in cui se piove dal tetto occorre
disinserirle per evitare il cortocircuito. Cosa vi sia “dentro”, pare
che sia irrilevante. Migliorare la qualità dei testi di matematica o di
storia? Pare che non interessi parlare dei contenuti di manuali
abborracciati, pieni di errori, che presentano una bizzarra matematica
che frustra le capacità dei bambini. Si propongono escogitazioni
tecniche: progetti di editoria digitale presentati come un toccasana,
indipendentemente da quel che vi sarà messo dentro, tra cui i
videogiochi, in un’orgia di modernismo che fornirebbe materia a
Petrolini redivivo per aggiornare il suo
Gastone.
E poi, test su test, introdotti a ogni livello scolastico,
tra poco anche all’esame di maturità, che costringono l’insegnante a
trascurare storia, letteratura e matematica propriamente dette per
addestrare i ragazzi a superarli. Sulla stampa si moltiplicano vivaci
critiche della nuova moda, con esempi clamorosi dei ridicoli quiz
proposti, che spesso all’università sono commissionati a ditte private,
con quale garanzia di competenza è superfluo dire. Ma le critiche
crescenti scorrono come l’acqua sul vetro e si procede imperterriti col
pretesto che così si garantirebbe l'oggettività del giudizio.
Naturalmente non è vero. I giudizi restano soggettivi. L’importante
sarebbe renderli sempre più equanimi e sviluppare la necessaria
valutazione attraverso un confronto critico e continuo entro
l’istituzione, in modo da produrre una crescita culturale. Sarebbe
inoltre strategico mettere in opera un processo di formazione dei nuovi
insegnanti improntato a rigore culturale e a una selezione
meritocratica. Ma il nuovo regolamento non riesce a entrare in funzione
da tre anni, sotto il tiro delle più disparate ostruzioni corporative.
Anche le nuove ottime Indicazioni nazionali per i licei rischiano di
essere vanificate dall’impossibilità di por mano a una radicale riforma
di quelle del primo ciclo.
Infine, l’andazzo tecnocratico è ispirato da una totale e aprioristica
sfiducia nelle persone, e così provoca un’ulteriore umiliazione della
funzione dell’insegnante. Giorni fa, ascoltando un bellissimo discorso
di accoglienza di un preside, mi sono detto che proprio questa è invece
la forza e la vitalità della scuola: l’entusiasmo e l’impegno civile e
culturale di tanti suoi insegnanti e dirigenti. Perché, alla fine,
quando si chiudono il portone di una scuola e la porta di una classe,
quel che conta davvero è il rapporto umano e culturale che si
istituisce tra insegnanti e alunni, e che vince qualsiasi marchingegno
burotecnocratico. È questa la solida base da cui bisogna ripartire per
mantenere vive le speranze. (da Il Messaggero di
Giorgio Israel)
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