Quello che docenti e scuole hanno capito dell'INVALSI
Data: Sabato, 03 settembre 2011 ore 08:00:52 CEST Argomento: Opinioni
Nel dibattito
sulla scuola, che accompagna questa lunga e calda estate, ai
tradizionali, ahimè, argomenti del precariato e delle manovre
economiche si è aggiunto, a sorpresa, il tema della valutazione e del
ruolo dell’Invalsi. È la riprova dell’interesse non episodico del mondo
della scuola per tale tematica. Misurazione di competenze e conoscenze
degli alunni, valutazione e autovalutazione delle scuole e della loro
azione, valutazione di aspetti importanti dell’intero sistema
scolastico. Volerne parlare a docenti e scuole, anche se in modo un
tantino didascalico, significa sfondare una porta aperta; pensare che
non hanno capito di che si tratta è un po’ offensivo.
Ma certo ci sono tanti passi avanti da fare; il fiorire di saggi,
interventi, commenti, risposte, va nella direzione giusta; e non si
insisterà mai abbastanza su interventi formativi specifici. Potremmo
chiudere qui il discorso se non fosse che in sondaggi d’ogni genere
l’Invalsi con le sue prove riceve la sfiducia di almeno i tre quarti
degli operatori scolastici. Una sonora bocciatura, che, per un tragico
equivoco, si pensa da parte di parecchi riguardi la valutazione, e
invece riguarda l’Invalsi.
Bisogna approfondire le ragioni di questo diffuso rigetto. Parafrasando
e capovolgendo il titolo di un interessante articolo delle ultime
settimane, si potrebbe parlare di “tutto quello che prof e scuole hanno
capito dell’Invalsi”. O che pensano di aver capito.
Innanzitutto che l’Invalsi non é un’agenzia indipendente. Gli manca lo
statuto, i fondi e il personale; non decide in totale autonomia cosa
fare, non ha una sua visione del sistema scolastico, non individua le
risposte ai problemi. Ha il Ministro addosso prima, durante e dopo. Che
banalizza i risultati con commenti del tipo: al nord le cose vanno
bene, al sud andiamo male, ma la Puglia… Vi ricordate il classico
verbale del consiglio di classe? Trionfo dell’ovvio con finale tragico.
“La classe si divide in due gruppi: uno di alunni bravi e volenterosi
con qualche punta di eccellenza, l’altro formato da alunni carenti,
poco motivati, qualcuno recuperabile, altri pure indisciplinati. Si
decide di convocare i genitori di questi ultimi telefonicamente. No,
meglio con la cartolina”. Un’agenzia di valutazione indipendente
creerebbe qualche problema alle scuole, ma metterebbe molto di più in
ansia l’Amministrazione. Perché seguendo le indicazioni dell’agenzia
dovrebbe magari intensificare il tempo scuola, ridurre il numero di
alunni nelle classi, potenziare i laboratori. Figuriamoci la Gelmini e
Tremonti! Un giudizio positivo sull’Invalsi di oggi significa un
giudizio positivo sulle recenti politiche scolastiche e le cosiddette
riforme del governo. Un Invalsi indipendente oggi sarebbe un’agenzia
“resistente”, che smaschererebbe il governo e le sue bugie.
Secondo, che l’Invalsi si appresta ad esaurire il suo compito
preparando e valutando le prove per gli esami. Quest’anno alle medie,
l’anno prossimo alla maturità. In teoria va bene che l’Invalsi
intervenga anche durante gli esami. Il fatto è che nella scuola esami,
scrutini, corsi di recupero vengono visti come adempimenti burocratici
che condizionano e strozzano la normale attività didattica. Mettere le
prove Invalsi negli esami significa far scattare meccanismi come le
esercitazioni di preparazione alle prove, le prove delle prove, gli
aiutini e le copiature. Significa anche far diventare gli esami più
difficili e di conseguenza far aumentare il numero dei bocciati. Con
grande contraddizione dell’Invalsi e della sua missione, perché la
fotografia dovrebbe scattarla anche prima e durante il percorso
didattico, facendo ogni volta diagnosi e proponendo rimedi. In pratica
queste prove servono al Ministro per dire che le sue riforme
funzionano, che la scuola diventa finalmente più severa e quindi più
seria.
Terzo, che le prove Invalsi servono a mettere in evidenza, per tutto
ciò che non funziona, le esclusive responsabilità delle scuole e,
quindi, dei docenti. Certo, c’è in questa accusa dei docenti
all’Invalsi un’ottica autoreferenziale, qualche pregiudizio e un po’ di
vittimismo, ma d’altra parte le prove Invalsi cos’altro mettono in
evidenza, oltre le differenze geografiche e sociali tra gli alunni del
nostro paese, se non i limiti delle scuole nell’uso dell’autonomia e i
difetti degli insegnanti nel programmare e fare lezione. La maggioranza
dei docenti non ci sta a far passare questo tipo di valutazione
sommaria. Forse perciò vengono ritenuti di sinistra. L’autonomia è
divenuto da dieci anni l’alibi dell’Amministrazione per scaricare sulle
scuole la sua incapacità e la sua inettitudine: tutto quello che non
riesce a fare lo passa alle scuole; e per tutti i compiti che affida
loro, non ci sono mai risorse, né economiche, né tanto meno umane. Con
la Gelmini gli esempi si sprecano: più tempo pieno con meno insegnanti:
uno la mattina e uno il pomeriggio; una materia curricolare in lingua
inglese: ci pensano le scuole; hanno sforato con le spese, gli tagliamo
i finanziamenti. Le scuole non riescono a fare i miracoli, ma per il
Ministro non sanno fare un buon uso dell’autonomia. I docenti, poi,
sono passati di ruolo tutti “ope legis”. Come si fa a parlare di
merito? Dimenticando che, se gli insegnanti arrivano poco preparati,
l’Amministrazione si disinteressa totalmente del loro aggiornamento e
della loro formazione professionale. Neppure per le sue riforme epocali
investe un euro nell’aggiornamento dei docenti.
Questo docenti e scuole hanno capito dell’Invalsi. Ed è difficile
dargli torto. Continuano, comunque, a sognare un sistema nazionale di
valutazione. Qualcuno che dica loro dove sbagliano e come correggere il
tiro dell’azione didattica, avendo con l’autonomia mezzi e risorse. Che
sottolinei le carenze di competenze e conoscenze degli alunni in ogni
scuola e in ogni territorio e le linee di intervento che bisogna
adottare. Che dica con responsabilità e senza ipocrisie al Ministro e
al governo dove portano le loro politiche scolastiche. (di Franco
Buccino da ScuolaOggi)
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