Festa Nazionale Democratica di Pesaro: Con questo governo si rischia meno istruzione e meno scuola
Data: Venerdì, 02 settembre 2011 ore 07:44:28 CEST Argomento: Rassegna stampa
Con Manuela Ghizzoni deputato PD commissione
scuola, Marco Meloni Resposanbile Università Ricerca e Pubblica
Amministrazione PD, Andrea Gavosto Direttore Fondazione Agnelli, Marco
Mancini Presidente CRUI(Conferenza Rettori Università Italiane), Marco
Pacetti Rettore dell' Università Politecnica delle Marche, Stefano
Pivato Rettore Università Urbino, Pietro Graia ricercatore
universitario.
Si parte dalla manovra e da ciò che questa prevede per la scuola e
l’università, ne parla subito la Ghizzoni, che confessa la sua
difficoltà anche solo a commentarla , un po’ perché cambia ogni giorno,
un po’ perché la Commissione Scuola
alla Camera attende emendamenti che non arrivano o arrivano tardivi.
Quel che c’è comunque basta a giustificare lo sconforto e la
preoccupazione, le scelte del governo sono drammatiche, il timore è che
le prossime possano riguardare il FFO (fondo di finanziamento
ordinario).
Si spera che non venga usato per tappare buchi o
tagliare ulteriormente.
Discutere di Università, ricerca e scuola porta diretti alla riforma
Gelmini, ma il dibattito non si esaurisce nel ripetere i numeri dei
tagli, che comunque ricordiamo: due anni fa all’istruzione venivano
destinati 250 miliardi, l’anno prossimo se ne avranno a disposizione
25.
Piuttosto si sottolinea l’aspetto incostituzionale (art 3, 9, 33, 34) e
il grave fattore di iniquità nei rapporti fra classi sociali che la
manovra rafforza. Insiste Meloni: “complicato parlare di una manovra
che si modifica ogni 12 ore - rilancia sul governo e su Berlusconi- che
a questo punto non può più ignorare l’incapacità con cui si muove. Un
governo che non permette il riscatto della laurea, lancia un messaggio
chiaro al Paese :studiare non serve a nulla, lo studio non è una
ricchezza”.
Un allarme dal palco lo lancia Pivato, spostando l’attenzione su un
problema più generale, che riguarda l’intero paese e la sua credibilità
mondiale. Ricorda che questo è l’anno dei 150 anni d’unità d’Italia,
quindi della nostra identità., “e qual è l’identità dell’Italia
riconosciuta nel mondo? Quella culturale.Patrimonio di cui viviamo di
rendita da anni, ma che stiamo esaurendo. L’Italia ha bisogno di
modernizzare il sistema produttivo e di equità sociale”.
In quest’ottica era stata introdotta la riforma 3 + 2 di Luigi
Berlinguer, di cui ci parla Gavosto, “riforma che ha allargato la base
sociale degli iscritti all’università e ha introdotto nel mercato del
lavoro neo laureati che hanno trovato un occupazione magari non
adeguato, ma senza creare maggiore disoccupazione”.
Sottolinea invece Pietro Graia, ricercatore, che “ il problema non è
solo recuperare i fondi, ma ristabilire e garantire l’autonomia e la
democrazia negli atenei. Oggi le scelte le compiono solo i docenti
ordinari” Fra le novità infatti anche l’eliminazione del consiglio di
facoltà, unico luogo dove si discuteva e votava con metodi democratici.
Graia parla a nome di tutti i ricercatori precari, in rappresentanza
dell’associazione 29 aprile, che dal 2005 protestano contro il sistema
verticistico rafforzato dalla riforma Gelmini, non nascondendo un po’
di delusione, quella provata per la solitudine in cui sono stati
lasciati dagli stessi rettori.
Doverosa e pronta la risposta di Pacetti che ammette qualche ritardo e
qualche errore compiuto, non risparmiandosi l’affondo sulla Legge
Gelmini “ una legge corrosiva del sistema universitario, che rende
l’università più piccola, meno democratica e meno attrattiva. Meno
iscritti ( il 10% in meno) significa maggiore distanza fra i ceti
sociali e indebolimento se non annullamento della funzione di ascensore
sociale.” A questo punto il coro è unanime.
Mancini ribadisce che “quello finanziario non è solo un problema di
soldi ma diventa un valore, quando ci si ricorda che riguarda un bene
pubblico, perché questo è l’istruzione. I tagli infatti non sono solo
operazioni numeriche, ma scelte per ridurre il diritto pubblico
all’istruzione.
No alla privatizzazione dell’istruzione, insomma, che renderebbe
impossibile al figlio dell’operaio accedere alla professione del figlio
dell’imprenditore.” Su questo principio di equità si basano le proposte
del PD descritte da Meloni: uno statuto di diritti chiaro per gli
studenti, misure che agevolano l’accesso agli studi (chi ha diritto
deve ricevere le borse di studio), welfare per garantire alloggi a
studenti fuori sede, riqualificazione dell’università, del corpo
docente, autonomia agli atenei.
Il Pd vuole aprire una stagione di confronto e di lavoro con tutte le
rappresentanze dell’università, ricercatori, rettori e studenti.
Il Dibattito sull’Università, la ricerca e la scuola, non può non
chiudersi con un pensiero alle migliaia di ragazzi che dal prossimo 12
settembre torneranno nelle aule, dove ci saranno meno presidi, meno
docenti, meno materiale didattico, meno docenti di sostegno. Meno
scuola.
Redazione web Feste Democratiche - Milena Grieco (da Pd)
redazione@aetnanet.org
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