Il Veneto lancia un piano per abolire le materne statali
Data: Venerdì, 02 settembre 2011 ore 04:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
«Le scuole materne
statali vanno eliminate». Fa sul serio Remo Sernagiotto, la sua non è
una sparata di fine estate ma la base di un progetto pilota da
presentare al ministro Mariastella Gelmini il 16 settembre, a Cortina.
La sua segreteria ha appena finito di metterlo nero su bianco. «E’ un
piano di riforma della scuola dell’infanzia, che parte dal
Veneto—spiega l’assessore regionale al Sociale —. Consiste
nell’affidare le materne statali e comunali alla gestione di Chiesa,
parrocchie, cooperative e famiglie riunite in Ipab, perchè così si
risparmierebbero circa 300 milioni l’anno, da poter ridistribuire alle
famiglie e allo stesso sistema formativo. E’ il principio della
sussidiarietà orizzontale: è dimostrato che gli istituti parificati
"puri" costano meno. Soltando convertendo le comunali paritarie,
risparmieremmo 18 milioni: oggi ne costano 33». I numeri in effetti lo
confermano.
In Veneto ci sono 1183 materne, il 68% sono parificate e il 32%
statali. Le paritarie autonome accolgono 87.952 bambini, al costo di
2.800 euro l’uno all’anno per un totale di 243 milioni; le paritarie
comunali contano 6480 iscritti per 5.120 euro ciascuno e una spesa
complessiva di 33 milioni; le statali seguono 45.434 piccoli a 6.331
euro pro capite, con un’uscita generale di 287,6 milioni. «Ecco perchè
vorrei eliminare le statali — insiste Sernagiotto —o la Gelmini lo
capisce o intraprenderò una battaglia mortale per far passare questo
modello. E dico una parola anche sui nido: ora diamo 17,5 milioni a
quelli di famiglia, i pubblici hanno costi più alti, perciò vanno
chiusi e riconvertiti in tre mesi». Ecco, questa è la ricetta del
responsabile del Sociale per risolvere l’annosa questione dei tagli e
dei ritardi imposti dal governo ai contributi statali per le materne,
che ha sollevato le proteste anche dei vescovi. Il Veneto sta ancora
aspettando i 50 milioni relativi all’anno scolastico 2010/2011.Ma
nessuno si sente di sostenere la scomparsa delle statali, nemmeno la
Chiesa.
«Il sistema educativo di formazione e istruzione si basa sulla
pluralità dell’offerta— osserva don Edmondo Lanciarotta, coordinatore
del Comitato per la parità scolastica—se viene a mancare, cadono anche
la libertà di scelta dei genitori e il principio di autonomia. Alla
Gelmini chiediamo invece di riconoscere il risparmio di 6,5 miliardi
all’anno favorito in Italia dalle scuole paritarie e di ridistribuire
parte della cifra alle stesse, per consentirne la sopravvivenza».
«Conosco il piano, l’assessore ce lo ha presentato il 12 luglio —
rivela Ugo Lessio, presidente regionale della Federazione italiana
scuole materne — capisco le buone intenzioni dell’autore, ma è una
follia pensare di eliminare 560 scuole pubbliche, con 1700 sezioni e
3400 insegnanti, per affidarle a cooperative e parrocchie che
sicuramente non le vorranno. Tra l’altro non puoi toccare i contratti
nazionali di lavoro. E poi la presenza delle statali non è un danno ma
un arricchimento della proposta formativa ». «L’idea di consegnare al
privato la scuola statale è demenziale— insiste Roberto Fasoli,
consigliere regionale del Pd ed insegnante — vengono dall’estero a
studiare i nostri modelli educativi, tra imigliori d’Europa. Costa di
più perchè i contratti sono gestiti dal Miur e perchè il pubblico
garantisce diritti non contemplati dal privato. Visto che l’offerta
statale è insufficiente, la si sostenga e nel contempo si finanzi
adeguatamente le parificate, che integrano il servizio. Se il piano
Sernagiotto arriverà in consiglio, il Pd farà di tutto per sbarrargli
la strada».
Michela Nicolussi Moro
(da IlCorriereDelVeneto)
redazione@aetnanet.org
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