Sulle pensioni è scontro. Ecco perché
Data: Mercoledì, 31 agosto 2011 ore 10:45:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Gli interventi sul
sistema previdenziale ipotizzati ieri nel vertice di maggioranza
saranno con tutta probabilità modificati se non addirittura eliminati:
è quanto emerge in ambienti Pdl dopo il polverone che sui è alzato
sull'impatto sociale della manovra e sui rischi di una valanga di cause
in particolare per quanto riguarda le norme sul riscatto degli anni di
laurea e sull'anno di servizio militare. Oggi il ministro del Lavoro,
Maurizio Sacconi ha incontrato i vertici degli entri previdenziali e
per domani è previsto un incontro con il ministro della semplificazione
Roberto Calderoli proprio sull'impatto «sociale» degli interventi in
materia previdenziale. L'esclusione dei periodi di laurea e di servizio
militare riscattati dal calcolo dei 40 anni di anzianità contributiva
per uscire dal lavoro senza limiti di età annunciata ieri, infatti,
potrebbe riguardare circa 100.000 lavoratori l'anno (secondo i calcoli
più prudenti, 130.000 secondo stime sindacali) persone che a fronte di
aspettative «tradite» potrebbero decidere di avviare un contenzioso con
buone possibilità di vincere la causa.
I nodi sul tappeto sono diversi e renderanno difficile mantenere in
campo l'intervento aprendo la via a modifiche. In particolare le
ipotesi avanzate dalla maggioranza danneggiano chi ha riscattato gli
anni di laurea. Chi va in pensione
con il metodo retributivo e 40 anni di anzianità, infatti, può ricevere
al massimo l'80% della media delle retribuzioni degli ultimi anni. In
questo caso l'esclusione degli anni di laurea dal conteggio dei 40 anni
varrebbe non solo per i tempi di pensionamento (con un rinvio di 4
anni) ma anche per il calcolo dell'assegno dato che il rendimento
massimo non può superare l'80%. Chi ha riscattato gli anni di laurea
sarebbe quindi doppiamente beffato perchè avrebbe pagato per non
ottenere nulla in cambio. L'accordo inoltre non chiarisce quale
sarà la sorte dei lavoratori che avevano più di 18 anni di contributi
al 31 dicembre 1995, fino ad ora rassicurati dal calcolo della loro
pensione su base retributiva (chi ne aveva meno ricadeva nel misto
mentre gli assunti dal 1996 hanno il metodo contributivo). Non è chiaro se lo scorporo degli anni di
servizio militare e di laurea andrà a decurtare quel «pacchetto»
facendo rientrare una parte di loro tra coloro che avevano meno di 18
anni di contributi e quindi inseriti nel gruppo del calcolo «misto»,
retributivo-contributivo. Appare infine a rischio anche il fronte della
differenziazione tra chi va in pensione con le quote (60 anni di età e
36 di contributi nel 2011, dei quali nel caso 32 di effettivo lavoro
oltre agli anni di laurea), che mantiene il diritto a fare valere gli
anni riscattati, rispetto a chi va con 40 che si troverebbe invece a
lavorare 40 anni effettivi (non valendo ai fini dell'uscita gli anni
riscattati).
Ecco i nodi sul tappeto
- CHI VA IN PENSIONE CON IL METODO RETRIBUTIVO A 40 ANNI DI ANZIANITÀ
PUÒ AL MASSIMO RICEVERE L'80% DELLA MEDIA RETRIBUZIONE DEGLI ULTIMI
ANNI: di fatto quindi non solo queste persone dovranno restare un anno
in più (o cinque nel caso del riscatto anche della laurea), ma
perderanno quanto versato come riscatto di questi periodi, poichè nel
calcolo della pensione con questo metodo il rendimento massimo è l'80%.
- NODO RIFORMA DINI: cosa succederà di coloro che a fine 1995 avevano
più di 18 anni di contributi e quindi mantenevano il metodo di calcolo
retributivo (chi ne aveva meno ricadeva nel misto mentre gli assunti
dal 1996 hanno il metodo contributivo)? L'anno di servizio militare e
gli anni di laurea verranno considerati al di fuori di quegli anni?
- STATALI: C'è una norma nel decreto 78/2010 che prevede la possibilità
per le amministrazioni pubbliche di interrompere il rapporto con i
lavoratori che hanno 40 anni di anzianità. Gli anni adesso esclusi
saranno considerati o no nel calcolo per arrivare a 40?
- 40 ANNI E QUOTE, RISCHIO INIQUITÀ: appare a rischio anche il fronte
della differenziazione tra chi va in pensione con le quote (60 anni di
età e 36 di contributi nel 2010, dei quali nel caso 32 di effettivo
lavoro oltre agli anni di laurea), che mantiene il diritto a fare
valere gli anni riscattati, rispetto a chi va con 40 che si troverebbe
invece a lavorare 40 anni effettivi (non valendo ai fini dell'uscita
gli anni riscattati).
(da Leggo.it)
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