Col Teatro si sviluppano le quattro abilità della lingua italiana: parlare, leggere, scrivere, ascoltare.
Data: Mercoledì, 24 agosto 2011 ore 19:36:04 CEST Argomento: Redazione
Esiste il “teatrino” della politica, c’è il solenne teatro-liturgico,
ci sono purtroppo tanti teatri di guerra; la Natura è un teatro di
terra aria acqua e fuoco; la storia umana (così come la scuola) è un
palcoscenico dove si può vivere o recitare.
Nel Prologo de I Pagliacci di Ruggero
Leoncavallo, Tonio si presenta al pubblico da solo a sipario chiuso. E’
lo scemo della commedia. E’il buffone, che dà l’incipit all’0pera
verista, con una magistrale lectio brevis: “Signore! Signori!...
Scusatemi se da sol me presento. Io sono il prologo: poiché in iscena
ancor le antiche maschere mette l’Autore, in parte ei vuol riprendere
le vecchie usanze, e a voi di nuovo invìami. Ma non per dirvi come
pria: «Le lagrime che noi versiam son false! Degli spasimi e de' nostri
martir non allarmatevi!» No. L'autore ha cercato invece pingervi uno
squarcio di vita. Egli ha per massima sol che l’Artista è un uomo e che
per gli uomini scrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi. (...) Andiam.
Incominciate!”.
Ho frequentato la scuola elementare dei
Salesiani de La Salette a Catania. Sul proscenio del meraviglioso
teatro campeggia una scritta latina: Maxima debetur puero
reverentia. Ho appreso dopo che è di Giovenale e che si può intendere:
Al fanciullo si deve il massimo rispetto. (Satire, XIV, 47).
Sul frontone del Teatro Maugeri in Acireale fa
bella mostra di sé la scritta “Scenica ex arte humanitatis comoedia”.
Che io amo tradurre: Il cammino dell’umanità deriva dall’arte
scenico-teatrale.
Col
Teatro sviluppano le quattro abilità della lingua italiana: parlare,
leggere, scrivere, ascoltare.
Per anni, l’educazione drammatica e gestuale è
stata considerata da molti genitori, ma anche da molti insegnanti, una
perdita di tempo. Questo perché nella nostra scuola, troppo spesso
centralista e chiusa in rigidi schemi, si è dato sempre maggior rilievo
ai contenuti, all’apprendimento e si sono tralasciati altri aspetti
importanti per lo sviluppo integrale della personalità, come il
raggiungimento di obiettivi comuni e l’acquisizione di un sistema e
metodo di lavoro in équipe.
Il teatro è
la forma espressiva che meglio rappresenta la realtà quotidiana in
tutti i suoi molteplici aspetti ed è uno strumento formativo e mezzo di
comunicazione multidisciplinare ed interattivo: non solo per
l’educazione in generale, ma soprattutto fonte di istruzione e centro
propulsore della razionalità.
L’educazione alla gestualità e alla
drammatizzazione può servire a stare meglio, fare nascere nuovi
interessi, nuove motivazioni negli alunni, attenzione e partecipazione
maggiore, coinvolgimento e protagonismo... E l’insegnate accorto è
pronto a sfruttare questi segnali positivi nella difficile arte
dell’educazione scolastica.
I docenti trovano nel “fare teatro” una
occasione irrinunciabile di sviluppo e approfondimento delle tematiche
previste dal POF e dai programmi e dalla programmazione, uno strumento
per il lavoro interdisciplinare e pluridisciplinare, per la conoscenza
e l’uso dei linguaggi specifici, tra i quali quello musicale, artistico
e motorio.
Nella realizzazione delle iniziative
drammatiche-teatrali c’è un rapporto nuovo anche tra docenti e discenti
e la famiglia, che insieme collaborano e provano nuove sensazioni ed
emozioni.
Il fine di una scuola intesa come palcoscenico non è quello di produrre
spettacoli o formare attori, ma di creare il piacere di stare bene con
se stessi e con gli altri, di fornire precise esperienze di linguaggio,
di comunicazione, di riflessione, che aiutino la conoscenza di sé, la
socializzazione, l’apprendimento.
Con l’educazione alla gestualità, ad esempio,
si impara che tutte le parti del corpo mandano messaggi.
La mano è quella che ne trasmette
maggiormente, ma le altre non sono meno in azione. I muscoli facciali
concorrono a precisare ed intensificare il messaggio degli occhi,
immediatamente seguiti dalla bocca, che spesso diventa l’elemento
fondamentale per comprendere lo sguardo.
L’approccio al metalinguaggio avviene sotto
forma di gioco: la voce assume tonalità particolari; il volto partecipa
con espressioni differenti; i gesti, i movimenti trasformano la realtà,
gli oggetti: si sviluppano la fantasia e la creatività.
Punto di partenza è l’animazione: nella scuola
è facile trovare spunti e temi, che si prestino ad essere animati su
suggerimento però sempre degli alunni. Gli avvenimenti della giornata,
un episodio particolare, una scenetta divertente… possono diventare
oggetto di animazione e in seguito di drammatizzazione. Non va
dimenticato l’extrascuola: l’importante è che ci sia una raccolta
concorde di informazioni e che tutta la classe sia coinvolta. E’ in
questa occasione che l’insegnante dimostra la sua abilità nel cogliere
i messaggi degli alunni.
Da questo momento, se tutti gli alunni sono
d’accordo, si può lavorare con loro: l’insegnante diventa solo il
regista, non il protagonista tuttofare. Dà consigli, accetta
suggerimenti, favorisce la libertà espressiva e la creatività, senza,
però, mai sostituirsi ai ragazzi, che devono risultare i veri artefici
del fare teatro.
Il passaggio dalla improvvisazione creativa, dall’animazione alla
drammatizzazione avviene quando gli alunni dimostrano un’evoluzione nei
loro atteggiamenti.
L’esperienza della drammatizzazione si presta,
infatti, all’approfondimento dei contenuti e ad un discorso di tipo
interdisciplinare. E’ per questo motivo e proprio perché questo tipo di
educazione è “una cosa seria” e non un’occasione per perdere tempo che
è necessaria la programmazione – sin dall’inizio dell’anno – da parte
del Collegio dei Docenti e dei Consigli di Classe.
L’attività gestuale e teatrale deve essere
mezzo per raggiungere degli obiettivi che andranno verificati e
valutati. La realizzazione di uno spettacolo, infatti, è l’ultima tappa
di un lungo cammino percorso insieme da docenti e studenti coi
genitori. L’educazione mimica e drammatica tocca i campi di molteplici
discipline, dalle lettere, alla lingua straniera, dall’educazione
fisica all’artistica, dalla musica alle scienze.
L’organizzazione
di uno spettacolo necessita di molto tempo e ci deve essere chiarezza e
comunità d’intenti da parte di tutti. Occorre coniugare la qualità del
prodotto finale con la priorità degli obiettivi morali, sociali e
intellettuali, da raggiungere in un tempo lungo.
Attraverso l’educazione alla drammaticità si
sviluppano le quattro abilità della lingua italiana: parlare, leggere,
scrivere, ascoltare.
- Circa il parlare, al di là che spesso l’alunno più timido e
taciturno dia il meglio di sé in quanto sa di non essere oggetto
di valutazione scolastica, gli alunni si danno da fare nel trovare
regole e tecniche precise che permettano di raggiungere i migliori
risultati. Si realizzano così, dialoghi, interviste, radiocronache,
esposizioni di fatti o scenette veramente interpretate e recitate.
- Il leggere brani di opere teatrali (che si trovano ormai anche in
libri di testo) promuove miglioramenti nella dizione, nelle sfumature
della tonalità della voce, negli accenti usati per colorare il
racconto.
- Nell’ascoltare, i ragazzi sono anche più partecipi se, a turno,
vengono distribuite le parti e se diventano interpreti della narrazione
trasformata in “battute” successivi e concatenate.
- Circa lo scrivere, gli studenti possono essere sollecitati alla
rielaborazione di parti di brani, alla stesura di dialoghi, scenette o
di trame vere e proprie.
La scuola deve essere la reggia della FANTASIA, che è apparizione,
immaginazione, facoltà produttrice di immagini – sia oggettive che
soggettive – adeguate alla realtà esterna e create secondo libere
associazioni; è facoltà creativa allo stato puro, inventiva e
trasfiguratrice della stessa realtà. Gli
antichi filosofi e gli scolastici distinguevano le immagini soggettive
e oggettive solo in riferimento alla qualità, non rispetto al valore e
all’importanza. L’eccessivo razionalismo del passato ha relegato dietro
le quinte ogni intervento non oggettivo.
Oggi la moderna pedagogia e didattica ha
compiuto uno sforzo in direzione di una rivalutazione dell’attività
fantastica di chiunque voglia imparare (docenti e discenti: si impara
insegnando e si insegna apprendendo).
Tale rivalutazione è coerente con la riaffermata centralità
dell’allievo e il riconoscimento della sua costituzionale spontaneità
creativa. Scriveva Luigi Pirandello: “E’ da tanti anni a servizio della
mia arte una servetta sveltissima… si chiama Fantasia”.
In via Marchese di Sangiuliano ad
Acireale c’è l’antica biblioteca Dafnica-Zelantea destinata da sempre
Litteris et Artibus. La strada, troppo stretta però, non permette di
leggere, con un colpo d’occhio la scritta che dà voce all’edificio:
“Sic ingredere ut te ipso quotidie doctior. Sic egredere ut in dies
patriae evadas utilior.” Mi è sempre piaciuto che questo motto fosse il
progetto di ogni scuola italiana. Vieni dentro per essere ogni giorno
più dotto per te stesso. Esci da qui per risultare di giorno in giorno
più utile alla patria. Magari fosse così!... Mi piace pensarlo.
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com
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