Quali insegnanti servono per far crescere e studiare i nostri ragazzi?
Data: Lunedì, 22 agosto 2011 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Ne sono usciti due, a questo proposito emblematici: quello di Angelo Teruzzi e quello di Olga Sanese. Anche se con toni diversi, gli articoli partono dalla constatazione che, nella nostra scuola, regola di riferimento continua a essere l’apprendimento di conoscenze formalizzate secondo i criteri della disciplinarità.

Cito da Teruzzi, che si riferisce a quelle che vengono considerate le “vere” scuole, i licei. «Si è di fronte ad una duplice tendenza: da un lato c’è chi vorrebbe tornare alla vecchia tradizione élitistica rendendo gli studi [...] più impegnativi e selettivi; dall’altro c’è chi accetta la necessità di adeguarsi alla massa e, come si sa, se si guadagna nel numero si perde in qualità».

Due esiti opposti che, facendo riferimento a un’identica concezione del sapere e quindi della scuola, nel momento decisivo degli scrutini pone gli insegnanti in una situazione di stallo: teniamo fede al “progetto” scolastico (e li bocciamo tutti o quasi) o guardiamo al fatto che questi studenti, nella grande maggioranza dei casi, troveranno nella vita compiti che con l’alta cultura non hanno molto a che fare (e abbassiamo l’asticella quanto è necessario per evitare conseguenze troppo drastiche)? Essere rigidi perché fedeli o consapevoli della realtà e quindi malleabili?

La stessa domanda si pone Olga Sanese di fronte alla constatazione che alcune norme che stabiliscono criteri molto rigorosi per la promozione alla classe successiva, recentemente introdotte e salutate da moltissimi come un primo passo per il ritorno alla “serietà della scuola”, sono in realtà all’origine di un costume che, cito testualmente, costringe «gli insegnanti a mentire sull’andamento (disciplinare) dei loro studenti» e permette che «ragazzi che non arriverebbero all’esame con tutte sufficienze vedono lievitare i loro 4 (che devono magicamente trasformarsi in 6)».

Tutto normale quindi? Tutto secondo un copione che da troppi anni vede interventi di natura diversa, spesso opposti tra loro, che non danno però mai il risultato atteso? La scuola, stretta tra due esigenze opposte - il rigore del sapere e l’attenzione allo studente - si sente condannata a vivere in un mondo dominato dalla legge della “eterogenesi dei fini” per cui il risultato delle scelte genera inevitabilmente conseguenze opposte all’obiettivo perseguito.

No, non è tutto normale: ma solo l’atteggiamento con cui si sta di fronte a questa “normalità” può far emergere come questi dati, assolutamente obiettivi, possono dare origine a percorsi diversi, per certi versi opposti.

da ilsussidiario.net







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