Morto padre Busa, è stato il pioniere dell'informatica linguistica. Anticipatore dell'ipertesto. Grazie all'Ibm pubblicò l'«Index Tomisticus».
Data: Mercoledì, 17 agosto 2011 ore 14:30:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


      Padre Roberto Busa, gesuita, (cfr. Wikipedia, Facebook, su Google:100mila risutati) ci ha lasciati martedì 9 agosto u. s.
     Interessante il suo ultimo libro: Dal computer agli angeli, Itacalibri e BVE, 2000. L’Autore sostiene che “Esistono tre scalini per salire dal computer agli angeli: pensare in termini di forze più che di cose; comprendere che organizzare è sapienza; non dimenticare mai che intelligenza e sapienza sono di persone e hanno origine in una Persona”.
     Lavorò con i computer, iniziando con le macchine a schede perforate, a Gallarate e Milano sino al 1967, poi per due anni a Pisa col prof. A.Zampolli prima suo collaboratore, poi altri due anni a Boulder nel Colorado, quindi nove anni a Venezia e dal 1980 di nuovo a Gallarate e Milano. Un calcolo sommario dice che così ha messo in input/output almeno 500 milioni di record contenenti o una riga o una parola.
     Pioniere dell'informatica linguistica, inventore dell«Index Tomisticus», anticipatore dell'ipertesto attivo di Internet 15 anni prima delle ricerche di scienziati americani. Scienziato, intellettuale, studioso di fama mondiale. La sua opera comincia negli anni '40, lungo 70 anni di ricerca nella scienza che ha promosso e inventato, l'informatica linguistica. Fu vero anticipatore dell'ipertesto attivo e di Internet, già quindici anni prima delle ricerche degli scienziati americani più noti come Nelson e Enghelbart.
     La sua grande opera che ha richiesto almeno 40 anni di lavoro e ricerca è l'«Index Tomisticus», un'impresa in 56 volumi sorta con la collaborazione tecnica di Ibm, azienda che finanziò e sostenne la sua ricerca direttamente per indicazione del suo fondatore Tom Watson. E' stato tra i pionieri dell'uso dell'informatica per l'analisi del testo, la lessicografia e la ricerca bibliografica. Grazie all'opera da lui iniziata, la lessicografia e l'ermeneutica testuale ricevono un contributo decisivo dall'informatica linguistica.

     «Se navighi in Internet, lo devi a lui. Se usi il pc per scrivere mail e documenti di testo, lo devi a lui. Se puoi leggere questo articolo, lo devi, lo dobbiamo a lui». Così, parafrasando un titolo ispirato all’inventore della penicillina Fleming, Osservatore Romano del 10-8-11 ha reso omaggio a padre Busa. Nel 1949 «il gesuita s’era messo in testa di analizzare l’opera omnia di san Tommaso: un milione e mezzo di righe, nove milioni di parole (contro le appena centomila della Divina Commedia). Aveva già compilato a mano diecimila schede solo per inventariare la preposizione ’in’, che egli giudicava portante dal punto di vista filosofico. Cercava, senza trovarlo, un modo per mettere in connessione i singoli frammenti del pensiero dell’Aquinate e per confrontarli con altre fonti. In viaggio negli Stati Uniti, padre Busa chiese udienza a Thomas Watson, fondatore dell’Ibm. Il magnate lo ricevette nel suo ufficio di New York. Nell’ascoltare la richiesta del sacerdote italiano, scosse la testa: ’Non è possibile far eseguire alle macchine quello che mi sta chiedendo. Lei pretende d’essere più americano di noì. Padre Busa allora estrasse dalla tasca un cartellino trovato su una scrivania, recante il motto della multinazionale coniato dal boss - Think, pensa - e la frase ’Il difficile lo facciamo subito, l’impossibile richiede un po' più di tempo. Lo restituì a Watson con un moto di delusione. Il presidente dell’Ibm, punto sul vivo, ribattè:  “E va bene, padre. Ci proveremo. Ma a una condizione: mi prometta che lei non cambierà Ibm, acronimo di International business machines, in International Busa machines”. «È da questa sfida fra due geni che nacque l’ipertesto, quell’insieme strutturato di informazioni unite fra loro da collegamenti dinamici consultabili sul computer con un colpo di mouse», che l’americano Ted Nelson definì soltanto nel 1965.

     Scrive Francesco Ognibene su  Avvenire.it : “E’ morto l’informatico con la tonaca":   
«Sono nullatenente», scherzava: e non c’era da stupirsene, considerato lo stile di vita essenziale dell’infaticabile giramondo. L’uomo che ha cambiato la storia dell’informatica “convertendo” il computer da ferraglia buona giusto per far calcoli velocemente a protesi della vita quotidiana con la quale dialogare viveva già immerso nello splendore abbagliante del Logos che l’aveva affascinato sin dall’ingresso in seminario nel 1928, trascinandolo in un’impareggiabile avventura cristiana e scientifica. Di lui le biografie ufficiali ricorderanno – giustamente – anzitutto i grandi meriti intellettuali e l’opera anticipatrice nel campo delle nuove tecnologie applicate al linguaggio e alle scienze umane, che ha fatto di lui il vero pioniere degli ipertesti. Senza la sua ardita intuizione (parliamo del 1946) la storia del computer avrebbe preso un’altra piega.
     Ecco perché pochi storici dell’informatica ne conoscono davvero i meriti, che invece tra i nomi che hanno fatto la storia dell’industria tecnologica sono ben noti. Bill Gates e Steve Jobs, Google e Facebook hanno schiuso altre soglie decisive, ma arrampicandosi senza saperlo sulle spalle di questo gesuita imponente e pacato che nulla lasciava all’improvvisazione crescendo generazioni di studiosi con la sua inconfondibile pedagogia della pazienza e un’intelligenza umanistica rimasta viva e contagiosa ben oltre i 90 anni. (…) Se esiste una santità tecnologica essa ha il volto di padre Busa. Perciò inginocchiati anche tu, lettore, davanti alle spoglie mortali di questo vecchio prete, linguista, filosofo e informatico. Se navighi in Internet, lo devi a lui. Se saltabecchi da un sito all’altro cliccando sui link sottolineati di colore blu, lo devi a lui. Se usi il pc per scrivere mail e documenti di testo, lo devi lui. Se puoi leggere questo articolo, lo devi, lo dobbiamo, a lui. Era nato solo per far di conto, il computer, dall’inglese to compute, calcolare, computare. Ma padre Busa gli insufflò nelle narici il dono della parola. (…)
     La sua mente sembrava obbedire al linguaggio binario, perché articolava ogni risposta per punti, dicendo «primo», poi «secondo», mai «terzo», e intanto contava sulle dita partendo dal mignolo per arrivare al pollice, come fanno gli americani.

     Padre Busa aveva le idee ben chiare sulle origini della scienza informatica: «Una mente che sappia scrivere programmi è certamente intelligente. Ma una mente che sappia scrivere programmi i quali ne scrivano altri si situa a un livello superiore di intelligenza. Il cosmo non è che un gigantesco computer. Il Programmatore ne è anche l’autore e il produttore. Noi Dio lo chiamiamo Mistero perché nei circuiti dell’affaccendarsi quotidiano non riusciamo a incontrarlo. Ma i Vangeli ci assicurano che duemila anni fa scese dal cielo”.

Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com








Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-243749.html