Nella classifica delle università, l’Italia è fuori dai cento
Data: Martedì, 16 agosto 2011 ore 14:21:34 CEST Argomento: Rassegna stampa
Il ranking di
Shanghai considera poco i nostri atenei e premia quelle americane. Del
resto gli Stati Uniti destinano oltre il 3% del Pil all’istruzione
contro il nostro 0,88%. Ma non tutte le graduatorie sono uguali. La
rivista Forbes considera la Bocconi la quarta tra le business school al
di fuori degli Usa, tra i migliori programmi di Master in Business
administration.
Cominciano mesi e mesi prima gli accademici cinesi dell’Arwu -
l'Academic Ranking of World Universities - a valutare più di mille
università del mondo: in piena estate pubblicano una classifica delle
migliori 500. Conosciuto come il ranking di Shanghai, poiché nato
nell’ambito della Jiao Tong University nel 2003, anche quest’anno mette
al top della classifica università americane con le inglesi Cambridge e
Oxford. La prima è Harvard, seguono nella top Ten, Stanford University,
il Mit , University of California, Berkeley, Cambridge, California
Institute of Technology, Princeton University, Columbia , Chicago
University e l’Università di Oxford. In coda le italiane.
Le università americane in classifica sono ben 151. È un numero
che non cambia da anni, anche la loro posizione (otto nelle prime dieci
e 17 nelle prime 20) è solida alla guida di una selezione guardata con
molta attenzione proprio dagli asiatici, da giovani e famiglie che
scelgono come orientare il loro investimento, studiano le politiche
degli atenei che accolgono volentieri i diplomati dall’Asia, in
particolare da Giappone, Cina e Corea. Quegli studenti che vincono i
campionati mondiali di matematica, e che magari progettano di
trasferirsi negli Usa per migliorare la loro formazione, mentre sognano
di portare a casa un Nobel made in China.
Proprio la presenza di premi Nobel nati nelle università della
classifica Arwu è uno dei criteri che pesa di più. È valutato proprio
il numero dei Nobel in ogni ateneo, la quantità di articoli pubblicati
su riviste di rilievo internazionale, soprattutto le grandi riviste
scientifiche e il numero di citazioni scientifiche. Gli inglesi, che
sono presenti con 37 atenei, con posizioni di tutto rispetto, le due
migliori Oxford e Cambridge tra le top 10, hanno pubblicato i primi
commenti valutando i motivi di una presenza quasi monolitica delle
università americane al vertice delle migliori classifiche del mondo.
Howard Hotson, docente di Storia a Oxford sostiene – come riporta il
Time Higher Education – che su queste classifiche, come in altri
ambiti, pesa l’investimento che gli Stati Uniti fanno sull’istruzione
superiore, oltre il 3% del Prodotto Interno Lordo, rispetto all’1,3%
del Regno Unito.
Una magra consolazione anche per l’Italia, che seguendo questo
ragionamento - l’investimento sull’istruzione universitaria in Italia
raggiunge a malapena lo 0,88% del Pil - potrebbe addirittura esser
contenta di vedere le proprie università valutate dal ranking di
Shanghai a partire da quota 102 sino alle ultime cento classificate su
500: l’Università di Pisa e la Sapienza sono nel segmento che va dal
101esimo al 150esimo posto, seguono la Statale di Milano e Padova
classificate tra quota 151 e 200. Poi per trovare le italiane si deve
scorrere la classifica dalla fine: infatti la Cattolica, l’Università
di Torino, di Bari, Ferrara, Parma, Pavia Perugia e Siena stanno sotto
la 401esima posizione. In mezzo da 200 a 400 si sono classificate
l’università di Bologna il Politecnico la Normale di Pisa, l’università
di Firenze, di Genova, Federico II di Napoli, Tor Vergata e Palermo.
Notizie certamente migliori provengono da un’altra classifica quella
pubblicata una settimana fa da Forbes: Sda Bocconi è quarta tra le
business school al di fuori degli Usa, tra i migliori programmi di
Master in Business administration. Infatti la settima edizione del
ranking biennale delle business school di Forbes - l’influente mensile
statunitense di economia, premia la Sda Bocconi, frequentata da oltre
il 70% da laureati stranieri, che scala quattro posizioni, scavalcando
anche Oxford e Cambridge, e colloca il suo Mba al quarto posto nella
classifica dei programmi che durano solo un anno.
Il ranking di Forbes è basato sul ritorno assoluto dell’investimento
per il programma che i diplomati hanno ottenuto nei cinque anni
successivi all’Mba (il denaro mediamente guadagnato al netto del costo
d’iscrizione e del mancato salario nel periodo di frequenza).
Nella classifica mondiale di Forbes restano al top le business school
Usa, ancora Harvard, Stanford, Columbia, Wharton: “Com’è possibile che
ancora si paghi un biennio a Stanford 275 dollari? Si chiedono gli
esperti americani. Nonostante la crisi, e l’indebitamento record degli
Stati Uniti, sino all’anno scorso chi usciva da un Mba tra i top di
Forbes ha visto salire il salario del 53%, e oggi più che mai le grandi
aziende stanno vicine a queste scuole.
Gli stessi top manager che le hanno frequentate le finanziano come ex
alunni per vederle evolvere e migliorare. Quest’anno, le attività di
reclutamento all’interno dei campus di queste business school sono
aumentate del 70%, anche se le assunzioni restano sotto il livello del
2008. La formazione dei capi d’impresa è un affare molto serio negli
Usa, oggi sono le aziende come Google, Amazon, Facebook, Apple, che
assumeranno i migliori tra questi diplomati Mba.
(da http://www.linkiesta.it)
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