Manovra di Ferragosto: storia di una crisi annunciata
Data: Martedì, 16 agosto 2011 ore 08:03:14 CEST Argomento: Rassegna stampa
Una
manovra da 47 miliardi di euro varata in fretta e furia che dopo solo
un mese diventa insufficiente a far fronte alle difficoltà. Un testo
passato nel giro di pochi giorni dal Consiglio dei ministri alla
Gazzetta ufficiale, transitando per Camera e Senato alla velocità della
luce, ma che deve essere “ristrutturato” (leggasi: gonfiato con
ulteriori 45 miliardi in due anni).
Succede in Italia, un paese che sprofonda nella crisi, con un occhio ai
listini delle borse e un altro fisso sullo spread, il famigerato
rapporto tra buoni del tesoro nostrani e bund tedeschi. Un paese che
per giorni si è chiesto disperatamente quali sarebbero state le scelte
del governo, su cosa si sarebbe effettivamente abbattuta la scure dei
tagli, chi avrebbe pagato veramente l’ennesima crisi. Senza avere
alcuna risposta dal suo governo. Fin quando, tra le polemiche, alla
vigilia di ferragosto, non arriva un decreto legge d’urgenza. Sono
ancora “lacrime e sangue” per gli
italiani.
Ma andiamo per gradi e cerchiamo di ricostruire questa strana storia.
Torniamo a quel venerdì 15 luglio. Sono le 18 circa quando la Camera dà
il via libera al testo della manovra, con 314 sì, 280 no e 2 astenuti.
Napolitano lo promulga subito, definendolo il frutto di una "grande
prova di coesione". II giorno prima era toccato al Senato, che aveva
votato la fiducia posta dal governo con 161 sì, 135 no e 3 astenuti.
Le opposizioni sono accomodanti, evitano l’ostruzionismo, facendo leva
sul senso di responsabilità. Perché anche allora l’Italia era sotto il
ricatto dei mercati, e la parola “default” aleggiava su Piazza Affari
come uno spettro. Il 4 luglio si era infatti scatenato il primo attacco
della speculazione contro il nostro paese. E nei giorni successivi le
cose non andarono certo meglio. La manovra sembra dunque necessaria.
Bisogna agire subito, tranquillizzare i mercati, metterci una toppa.
Eppure che sia una manovra poco equa l’hanno capito in molti. Una
manovra di destra, insomma. Allora tutti in rivolta, dagli studenti ai
cattolici, dai Comuni fino alle Regioni. Il taglio previsto alle
agevolazioni fiscali, d’altronde, è indistinto: la scure colpisce tutte
le 483 voci di agevolazione. Bastonati anche figli a carico, spese per
la sanità, redditi da lavoro dipendente, asili e studenti universitari.
Le nuove misure si aggiungono alla reintroduzione del ticket e ai
provvedimenti sulle pensioni. Tra le altre detrazioni che spariscono,
ci sono quelle per il risparmio energetico, ristrutturazioni edilizie,
terzo settore e Onlus, Iva, accise e crediti d'imposta. Un taglio
lineare che avrebbe dovuto portare il pareggio di bilancio entro il
2014. Cioè dopo la fine della legislatura, dopo le prossime elezioni.
Ma i mercati non rispondono come Tremonti e Berlusconi si sarebbero
aspettati. Il primo responso delle borse il lunedì successivo è
negativo: Piazza Affari crolla del 3%, mentre lo spread Btp-Bund risale
a livelli record. Il giorno dopo le borse rimbalzeranno, ma come andrà
poi a finire lo ricordano tutti.
Già il 27 di luglio l'agenzia di rating Fitch lancia l’allarme sul
nostro paese e Berlino frena sui finanziamenti, affermando che non
avrebbe firmato assegni in bianco, mentre i mercati tornano in
sofferenza. E’ allora che per la prima volta si comincia a parlare di
un’altra manovra. Lo fa il direttore generale per la finanza pubblica
di Fitch, David Riley, in un'intervista al Corriere della Sera. La
speculazione riprende a mordere l’Italia, lo spread cresce a vista
d’occhio, la borsa italiana sale sull’ottovolante e non ne scende più.
Il resto è storia recente. Il tre agosto Berlusconi si presenta davanti
alle Camere per una informativa, ma non affronta i problemi concreti
della crescita. Il Cavaliere elogia se stesso e il suo governo, scarica
la responsabilità sulla recessione globale e rilancia la riforma dello
Statuto dei lavoratori. Giulio Tremonti nel frattempo vola in
Lussemburgo per un faccia a faccia con il presidente dell'Eurogruppo
Jean-Claude Juncker.
Il giorno dopo, c’è l’incontro con le parti sociali. Sindacati e
imprese si presentano con un testo condiviso in sei punti: pareggio di
bilancio nel 2014, taglio ai costi della politica, liberalizzazioni,
semplificazioni e riforma strutturale della pubblica amministrazione.
Ma anche con interventi sul mercato del lavoro e sblocco degli
investimenti con misure eccezionali. Il 5 agosto conferenza stampa a
sorpresa del premier e del superministro. Annunciate 4 misure urgenti:
anticipo della manovra, pareggio previsto dalla Costituzione, riforma
del mercato del lavoro e modifica dell'art. 41 della Carta. Tremonti :
"Non faremo altre manovre, le camere lavorino d'estate".
Il lunedì Piazza Affari risponde colando a picco: -6 per cento, un
sonoro tonfo. Intanto cresce l’ansia per le possibili misure previste
dal governo. Le ipotesi più plausibili sono la riforma dello Statuto
dei Lavoratori e la modifica delle pensioni. Si parla anche di
patrimoniale, ma nessuno conferma, mentre iniziano le scintille tra
Bossi e Berlusconi. La Bce intanto si dice pronta all'acquisto dei
titoli di Stato di Italia e Spagna. Spunta anche una lettera “segreta”
spedita al governo italiano. Per molti si tratta del conto servito
all'esecutivo Berlusconi. La Banca europea ci tiene in pugno.
Il governo “commissariato” dalla Bce incontra allora le parti sociali,
il 10 agosto. Un’incontro deludente, definito “non all’altezza” dalla
segretaria della Cgil Susanna Camusso. Tremonti parla esplicitamente di
“ristrutturare” la manovra, prospettando un cdm entro il 18 agosto per
varare un decreto legge. Dei contenuti, però, non si sa ancora niente.
L’ultimo atto è l’informativa del ministro dell’Economia davanti alle
Commissioni di Camera e Senato. Tremonti parla di "modificare subito
l'art. 81, agire sull'art. 41, poi contrattazione aziendale e
licenziamenti più facili". Bisogna tassare anche le rendite e
liberalizzare i servizi pubblici. Per molti, Bossi compreso, è un
intervento ancora “fumoso”.
Le prime cifre della nuova manovra, però, arrivano solo dopo l'incontro
con regioni, province e comuni del 12 agosto. Si parla di 45 miliardi
in due anni, tagli per 6 miliardi ai comuni e di 9,5 agli enti locali.
Il tavolo scatena l'ira di Anci e del presidente della regione
Lombardia Formigoni. Oltre alle critiche delle province e del sindaco
di Roma Gianni Alemanno..
Il testo completo della seconda manovra arriva infine dopo il cdm della
sera, in cui si decidono le misure per raddoppiare la manovra di
luglio: venti miliardi da recuperare nel 2012, venticinque nel 2013.
L’ennesima stangata per gli italiani, che forse quel 15 di luglio non
se lo sarebbero aspettato un piatto come questo servito freddo sul
tavolo del loro pranzo di Ferragosto. (di Carlo
Ruggiero da Rassegna.it)
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