E' ora di investire nell'istruzione. Nuovi tagli sarebbero insostenibili
Data: Martedì, 09 agosto 2011 ore 10:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Se c’è
qualcuno (e purtroppo c’è) che pensa di por mano ai tagli sulla spesa
per l’istruzione per rientrare nei limiti indicati dalla Ue, non si può
che sperare in una risposta pronta da parte delle forze politiche e dei
sindacati. Per cominciare, occorre tener conto che da troppo tempo il
sistema educativo è stato considerato una sorta di pozzo. Una riserva
inesauribile dalla quale si poteva attingere secondo le necessità del
momento, ovviamente non di quelle che avrebbero consentito di
migliorare la qualità delle scuole o di promuovere la ricerca. La
conseguenza di questa politica di taglio delle risorse è stato il
deterioramento continuo delle condizioni di funzionamento del sistema.
Il fatto è che la politica dei tagli ha aperto una contraddizione
insanabile proprio con la nozione di sistema. Per esempio, ridurre
l’orario scolastico non significa solo diminuire l’organico degli
insegnanti, ma affermare un’idea dell’educazione formale limitata ad
una trasmissione di contenuti ai quali non corrispondono altre
esperienze, quelle necessarie perché ciò che è stato appreso possa
essere
applicato.
In un contesto nel quale la scuola italiana non può non
confrontarsi con quella degli altri Paesi europei, è stato intrapreso
un cammino divergente, di diminuzione del tempo dell’istruzione
formale. Mentre nel resto d’Europa l’orario delle lezioni è solo una
parte del tempo di funzionamento delle scuole, in Italia lo esaurisce
completamente. L’autonomia delle scuole, anche troppo conclamata, si è
ridotta ad una minuteria di gestione che ignora le scelte culturali, le
prospettive di valore, l’impegno civico. La dotazione delle scuole
(biblioteche, laboratori e altri spazi specializzati) è stata avviata
alla dissoluzione, incentivando l’acquisizione di uno strumentario
tecnologico che in assenza di una ricerca adeguata non produce benefici
di qualche rilievo. Potremmo continuare, ma chiunque è in grado di
farlo per suo conto. Per coprire l’inconsistenza delle interpretazioni
che hanno sostenuto la politica scolastica si è fatto ricorso ad
esibizioni ideologiche e, talora, alla rievocazione di un senso comune
del quale non si può che ripetere quanto affermava Stuart Mill, e cioè
che si tratta del brodo di cultura del pregiudizio. Ripercorrere
l’evoluzione della politica scolastica dei governi della Destra è come
immergersi nella polvere di qualche vecchia soffitta. Troviamo i
grembiulini e le pagelle col voto di condotta, ma troviamo anche una
nozione di merito totalmente schiacciata sulle caratteristiche
personali dei singoli allievi. In breve, dopo decenni (è trascorso
quasi mezzo secolo dalla riforma della scuola media) nei quali è
sembrato che il sistema volesse perseguire intenti di equità sociale,
preoccupandosi di più per chi aveva maggior bisogno, ci troviamo di
fronte alla brutale dichiarazione che chi consegue insuccessi è
scarsamente dotato di attitudini per lo studio o non si è impegnato
come avrebbe dovuto. Va da sé che i meritevoli (ovvero gli allievi
dotati e costanti nell’impegno), di fronte ai tagli di risorse che
colpiscono il sistema sono del tutto in grado di adattarsi. Quel che si
trascura di notare è che a tale adattamento provvedono, quando possono,
le famiglie e che le discriminazioni sociali sono tornate ad essere la
causa principale di successo o di insuccesso nelle scuola. È evidente
che ci si trova di fronte ad una situazione economica di una gravità
estrema e che anche la scuola è inevitabilmente coinvolta
nell’andamento generale del Paese. Ma pretendere di fronteggiare le
esigenze del momento con la falsa soluzione dei tagli alla spesa vuol
dire mancare di intelligenza circa le caratteristiche della spesa per
l’istruzione e della capacità di interpretare i cambiamenti in atto e
quelli che si possono attendere nei prossimi anni. Meglio sarebbe
tentare di ridefinire un quadro organico del funzionamento del sistema
educativo. Oggi gli oneri per il funzionamento del sistema scolastico
sono ripartiti fra lo Stato, le Regioni e gli altri enti locali. Gli
interventi appaiono slegati, e rispondono a intenti che nel loro
insieme non forniscono un’immagine di sviluppo per la scuola. Un
sistema scolastico cresciuto all’insegna dell’unità si trova ora
frazionato in realtà difformi e divergenti. C’è una scuola al Nord e
una al Sud, le scuole di città sono diverse da quelle delle campagne e
via seguitando. Occorre ricostituire il sistema. Ciò non significa
limitare gli spazi di intervento dei soggetti che concorrono al
funzionamento della scuola, ma eliminare la casualità degli interventi
affermando una linea di politica per l’educazione fortemente ancorata
ai principi stabiliti dalla Costituzione. Risparmiare nella scuola non
significa tagliare le risorse, ma impiegarle al meglio per conseguire i
traguardi di equità per i quali le forze politiche democratiche da
sempre si sono impegnate. (da l'Unità di Benedetto Vertecchi)
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